Dag Tessore

La mistica della guerra

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La spiritualità delle armi nel cristianesimo e nell'islam

Collana:
Numero collana:
48
Pagine:
240
Codice ISBN:
9788881123933
Prezzo cartaceo:
€ 10,00
Data pubblicazione:
01-11-2004

La mistica della guerra getta una nuova, sconcertante luce sul tema della guerra santa. Non si tratta infatti di un’analisi storica, politica o sociologica, bensì di una lettura del fenomeno che ne mette in primo piano l’aspetto che l’autore considera più essenziale: quello religioso. Osama bin Laden, Hamas, Hezbollah, sono tutte realtà che non possiamo comprendere se non addentrandoci nella loro visione del mondo che, lungi dall’essere determinata da meri interessi nazionalistici o da un gretto e cieco fanatismo, presenta invece profonde radici spirituali. La mistica della guerra costituisce dunque un viaggio, arduo e talvolta scabroso, ma straordinariamente affascinante, alla ricerca della “spiritualità della guerra” in molte fra le maggiori culture del mondo. Attraverso un’ampia e documentata panoramica sulla spiritualità guerriera della Bibbia e del Corano, dei crociati e dei mujaheddin, dei samurai e dei sacerdoti aztechi, il libro mostra come la guerra sia stata considerata in vari luoghi ed epoche come un mezzo di ascesi mistica e di introspezione, nel tentativo di penetrare nella mente e nel cuore di chi credette o ancor oggi crede nella “santità della guerra”. La mistica della guerra lancia una provocatoria sfida all’Occidente: smettiamo di giudicare e condannare a priori gli integralisti armati (del passato e del presente), e tentiamo piuttosto di basare la nostra reazione nei loro confronti sulla conoscenza delle loro motivazioni più profonde.

LA MISTICA DELLA GUERRA – RECENSIONI

 

Augusto Caccavalle, LA DISCUSSIONE
– 08/04/2003

 

La mistica della guerra

 

Da poco è in libreria un nuovo volume di Dag Tessore, La mistica della guerra. Spiritualità delle armi nel Cristianesimo e nell’Islam (Fazi editore, 256 pagg., 16 euro). Tra le tante opere sulla “guerra santa” che di questi tempi sono state pubblicate, il libro di Dag Tessore presenta indubbiamente un taglio del tutto singolare: non più un’analisi storica, politica, sociologica dei movimenti integralisti armati, bensì una lettura radicalmente diversa, che mette in primo piano l’aspetto più essenziale e determinante della guerra santa: la religione. Il fenomeno dell’integralismo islamico e delle sue derive violente è oggi una grande sfida posta all’Occidente. Tessore si è proposto di capirlo, e tale è appunto lo scopo del suo libro: fornire gli strumenti per capire uomini come Khomeini o come Bin Laden, non più secondo i soliti nostri criteri occidentali laicisti e storicisti, ma secondo i loro criteri, cioè ascoltando che cosa loro hanno da dire. Il libro, preceduto da un’illuminante prefazione di Francesco Cardini, è un viaggio all’interno dell’integralismo e della violenza religiosa, vista finalmente da parte dei suoi protagonisti e non dalla parte dello “studioso occidentale”, inevitabilmente condizionato dai suoi parametri di pensiero e di giudizio. In quest’ottica Tessore, proprio nell’ intento non di giudicare o di classificare, ma di capire gli integralisti armati, ricorre ad un costante parallelo con la tradizione cristiana. Comprendere i motivi, profondi ed essenzialmente spirituali, che hanno spinto un Sant’Agostino e un San Tommaso a giustificare la guerra in nome della Chiesa, un san Bernardo e un San Luigi IX ad abbracciare con entusiasmo le Crociate, un San Pio V e un San Pio X a formulare una visione estremamente “integralista” della religione e della società, servirà a comprendere meglio i motivi che spingono migliaia di uomini ancor oggi, soprattutto nell’Islam, a simili atteggiamenti bellicosi. Un libro per comprendere quanti combattono per difendere la religione e la spiritualità dell’uomo.

 

Riccardo Rosati, ROCKERILLA
– 03/04/2003

 

La mistica della guerra- Spiritualità delle armi nel cristianesimo e nell’islam

 

In questo periodo di forti contrasti religiosi, il saggio di Tessore si attesta come una guida preziosa per comprendere appieno quello che si cela dietro l’idea di “Guerra Santa”. Attraverso una puntuale analisi incrociata dei testi sacri al Cristianesimo e all’Islam, l’autore traccia un sorprendente parallelismo tra le due principali religioni rivelate.
Occidente e Medio Oriente accomunati dalla visione “mistica” e sacra della lotta in nome di Dio. Quest’opera ci mostra come i due credi vedano in modo simile il concetto di difesa della fede, tramite l’utilizzo della forza, contro gli infedeli. Si resta alquanto sorpresi nel constatare quanti siano i punti in comune presenti nella Bibbia e nel Corano in materia di “misticità guerriera”. Tessore porta avanti la sua analisi, sovente critica nei confronti dell’attuale materialismo occidentale, affrontando l’intera esegesi spirituale di entrambe le religioni; fino a giungere all’attuale “fobia islamica” presente in molti cristiani da un lato, e all’integralismo dei Fratelli musulmani dall’altro.
D’interesse è inoltre il tentativo di ritrovare un aspetto spirituale e puramente religioso in fenomeni inquietanti come le crociate e il jihad. In definitiva, un’opera che ci dimostra chiaramente come in numerose religioni (non solo nell’Islam o nel Cristianesimo) la guerra sia spesso considerata come una vera e propria forma di ascesi che apre la strada verso Dio.

 

N. S., QUARK
– 20/05/2003

 

Quando la storia non insegna. La guerra è inutile. Sempre.

 

Ancora non si sono spenti gli echi delle bombe a Bagdad che già si accendono nuovi possibili scenari in Medioriente, riprendono le notizie dall’Afganistan, dalla Cecenia, da Sierra Leone, dalla Palestina. Mai come sul fronte della guerra la storia non ha mai insegnato nulla agli uomini. Abbiamo chiuso un secolo che è stato il più sanguinoso nella storia dell’umanità e ne abbiamo aperto un altro nascondendo dietro la falsa retorica di tutte le guerre il fatto che, come disse senza mezzi termini il generale Sherman durante la guerra di secessione americana (si veda a pag. 110) “la guerra è sempre una cosa immonda”. A ricordarcelo alcuni libri che vale la pena di leggere e far leggere. Un secolo di guerre curato da Luciano Garibaldi (edizioni White Star, 448 pagine, 50 euro) è una concisa rievocazione dei conflitti del Novecento illustrata dalle più belle, toccanti immagini dei reporter di tutte le guerre. Crimini di guerra curato da Roy Gutman e David Rieff (edizioni Contrasto, l’Internazionale, pagine 400, 20 euro) è il tremendo vocabolario di ogni ingiustizia, violenza, follia che ha attraversato la nostra storia recente redatto da 148 giornalisti in 12 Paesi. Un manuale per tutti, ma anche un continuo stimolo al dibattito e al confronto che continua su internet sul sito: www.crimeofwar.org.
La mistica della guerra di Dag Tessore (Fazi editore, pagine 233, 16 euro) spiega qualcosa difficile da comprendere: il concetto di Guerra Santa. Osama Bin Laden, Hamas, gli attentatori suicidi degli Hezbollah seguono una logica che non è solo grettamente terroristica, ma ha radici spirituali profonde che vanno comprese e chiarite per poter sperare, almeno una volta, di non lasciare che a parlare siano solo le bombe.

 

Giampiero Cinque, GIORNALE DI SICILIA
– 04/05/2003

 

La mistica della guerra

 

Che si parli di una mistica della guerra con radici profonde nel cristianesimo e nell’Islam è meno scandaloso di quanto sembra a Franco Cardini nella sua introduzione. Si sa dell’antica sacralità che la guerra ebbe in altre epoche. Che un simile archetipo si sia trasferito dalle guerre sante a Bin Laden meraviglia quanto il transfert dalla danza tribale al ballo in discoteca. Grande merito di Tessore è averne parlato con rigore e senza tentazioni ideologiche, costringendoci a rileggere in chiave di archeologia culturale ciò che vorremmo liquidare in due battute.

 

Giovanni Masciola , L’ARENA DI VERONA
– 01/03/2003

 

Cristiani o islamici, è sempre guerra

 

Un volume dell’orientalista Dag Tessore ricostruisce e indaga “la spiritualità delle armi” in entrambe le religioni

Dalle Crociate al terrorismo, fino all’integralismo statunitense

Agli occhi di noi europei contemporanei, la guerra viene considerata il male peggiore che possa colpire l’umanità. I fiumi di sangue e l’infinito orrore delle due guerre mondiali, il timore ancora più agghiacciante del conflitto nucleare, ci hanno resi completamente refrattari all’idea di affrontare un conflitto. Eppure il terrorismo islamico incalza, con le sue parole d’ordine di Jihad e lo contrasta un integralismo non meno convinto da parte americana, dove sembrano tornati in auge furori cromwelliani. Tuttavia l’Europa cristiana ebbe nel suo passato una diversa sensibilità del fenomeno bellico. Lo stesso Islam integralista affonda la sua ira in radici profonde e complesse ed anche in valori alti che vanno tenuti nella massima considerazione. A questa ricerca sull’altro, come scrive Franco Cardini nella sua bella prefazione, l’orientalista Dag Tessore ha dedicato un libro originale, coraggioso e per certi versi provocatorio: La mistica della guerra. Spiritualità delle armi nel cristianesimo e nell’islam.
Tessore prende dunque in considerazione la guerra sotto il punto di vista religioso, lui specializzato in storia della Chiesa, teologia cristiana ed islamistica. E per certi versi il quadro che emerge della teologia cristiana della guerra è per noi sconcertante. Sempre Cardini parla di un descensus ad Inferos che è anche ascensus ad Superos. Perché in fondo è naturale che il continuo contatto con la morte che deve sostenere il combattente, lo porti anche, quando la possiede, ad un continuo contatto con la fede. E nella storia della dottrina cristiana, oltre ad esistere le guerre giuste, esistono anche le guerre sante. Se ai tempi del paganesimo dell’impero romano, la professione del soldato era considerata empia dalla Chiesa, questo era dovuto non certamente al fatto che i legionari combattessero i barbari, bensì all’obbligo che li costringeva a compiere sacrifici in onore della persona dell’imperatore, considerata divina. Con l’editto di Milano, ai tempi di Costantino, le cose mutano radicalmente. Lo stesso Costantino introdurrà la Croce come insegna delle legioni e i legionari porranno sugli scudi il monogramma del Cristo. Col nuovo imperatore la Chiesa diviene anche parte attiva nell’amministrazione dello Stato. La guerra contro i barbari, pagani o eretici ariani, è senz’altro considerata giusta e il soldato, oltre che un difensore dello Stato, diviene anche un difensore della fede.
Se la Milano teodosiana ed ambrosiana è un esempio luminoso della consonanza fra l’aquila e la croce, è col Medioevo che la teologia cristiana teorizza compiutamente i concetti di guerra giusta, guerra santa, santa milizia. Sono questi gli anni delle Crociate e del massimo sviluppo degli ordini militari cavallereschi. San Bernardo di Chiaravalle scrive il Liber ad milites Templi, autentico manuale per il da poco fondato Ordine templare. Un grande papa come Innocenzo III dà un forte impulso all’Ordine dei cavalieri teutonici. Essi portano la fede e la civiltà nelle immense lande innevate del Baltico. Dentro alle fortezze-monasteri dell’Ordine teutonico i cavalieri coltivano la fede e affilano le spade. Fuori è il gelo, la foresta, i lupi, la barbarie. E Tessore ci spiega anche il significato della parola monastero: deriva da Monastir, luogo sacro all’islam dove sorgeva una fortezza-convento.
San Luigi IX il Santo è forse l’archetipo più puro del sovrano e del cavaliere medievale. Tutta la sua vita è scandita dalla lotta interiore che il combattente deve affrontare anzitutto contro se stesso e contro le proprie tentazioni, prima che contro il nemico. Il cavaliere medievale è colui che prende le armi per difendere la fede, per proteggere le donne, le vedove e gli orfani. Luigi IX è il Re che mobilita tutte le risorse del suo dominio per perseguire l’obiettivo della Crociata. Ne sostiene ben due. Nella seconda vi morrà, stroncato dalla malattia e indebolito dai digiuni.
Ma l’idea che l’itinerario interiore dell’uomo d’arme sia un difficile cammino spirituale che deve comunque essere intrapreso non è esclusiva del cristianesimo. In questo l’islam vi è molto vicino, come pure il nipponico shintoismo fa del bushido, la via del guerriero, uno dei suoi principali fondamenti. Certo diventa difficile in certi casi distinguere il confine fra spiritualismo autentico ed utilitarismo finalizzato a sviluppare al massimo grado le capacità del combattente. E uno dei temi sui quali ci vuole fare maggiormente riflettere l’autore sono le numerose analogie fra cristianesimo ed islam. Lo stesso integralismo non nasce da una apodittica presa di posizione violenta, ma da un rifiuto radicale di un mondo che disconosce i valori dello spirito per subordinarli a quelli del vantaggio materiale. Con questo Tessore non intende tessere un’apologia dell’integralismo islamico, ma farci riflettere sui motivi che lo animano, sulle sue origini autentiche e sulle nostre stesse radici.

 

 

AVVENIRE
– 19/02/2003

 

Tessore, la mistica dei conflitti

 

Di Dag Tessore esce La mistica della guerra. Spiritualità delle armi nel cristianesimo e nell’islam, con prefazione di Franco Cardini, da Fazi Editore (pagine 256, euro 16.00). Tessore é un orientalista, specializzato in storia della chiesa, in teologia cristiana e islamistica, con attenzione particolare alla storia dell’integralismo. Questo libro si occupa della guerra santa. Non é un’opera storica, politica o sociologica, ma una lettura che mette in primo piano l’aspetto religioso dei conflitti. Osama Bin Laden, Hamas, Hezbollah andrebbero secondo l’autore studiati nella loro visione del mondo che presenta anche radici spirituali. La mistica della guerra va alla ricerca della spiritualità della guerra tra molte culture. Nella Bibbia e nel Corano, tra crociati e Mujaheddin, samurai e atzechi. Con una sfida: considerare le motivazioni di integralisti armati del passato e del presente. I capitoli: storia e filosofia della violenza nel cristianesimo, storia e filosofia della violenza nell’Islam, mistica delle crociate e mistica del jihad, la spiritualità guerriera nelle altre culture religioni.

 

Simone P. Barillari, LA GAZZETTA POLITICA
– 14/02/2003

 

Mistica della guerra

 

Dag Tessore: ha 27 anni. La mistica della guerra, uscito da Fazi, sostiene una tesi semplice e dirompente: che la guerra e i mali materiali che ne discendono hanno uno intimo legame con una concezione religiosa della vita. Questo poiché anche nel Cristianesimo esiste una solida teologia guerriera ed è perfettamente simile alla spiritualità militare elaborata dall’Islam integralista (e da altre religioni). Dice Tessore: “Tutte le mie energie sono tese a difendere i valori dell’Ortodossia, e ritengo che oggi le idee fondamentaliste della Bibbia e dei Padri della Chiesa sulla società, la politica e la morale siano per paradosso portate avanti e vissute dai musulmani integralisti più che dai cristiani. È per questo che, pur essendo senz’altro cristiano cattolico, ho molta stima per figure come l’ayatollah Khomeini, che ha instaurato in Iran una società per certi versi più “cristiana” di quella semiatea occidentale. Non avrei niente in contrario se qualcuno, sulla base di queste considerazioni, mi definisse un integralista”.
Il parallelo istituito tra fede cristiana e musulmana riguarda non solo la posizione in materia di guerra santa, ma anche i modi in cui questa posizione si è formata. In entrambi i casi, una comunità perseguitata è passata da un atteggiamento di disapprovazione della violenza a uno di legittimazione e incitamento quando la sua religione è diventata egemone. Non è l’esistenza di una comunità, e la necessità di espanderne l’influenza, che fonda il concetto di guerra santa?
Si potrebbe essere tentati di dire che la Chiesa abbia elaborato una giustificazione teologica della guerra e della coercizione nel momento in cui, a partire dall’editto di Costantino, si è trovata in una posizione di forza. E ugualmente potrebbe sembrare che il Corano parli di tolleranza nelle sure rivelate alla Mecca, quando Maometto e i suoi seguaci erano ancora minoranza, e che parli invece di guerra giusta e santa nelle sure medinesi, indirizzate ormai ad una comunità islamica potente. Io però sono persuaso che queste motivazioni storiche siano del tutto secondarie nell’elaborazione di una teologia della violenza rispetto alle motivazioni intrinseche alla religione stessa, ed essenzialmente spirituali. Il pensiero laico moderno, sulla scia del positivismo, dell’utilitarismo e del marxismo ci ha abituati a vedere ovunque solo moventi politici, economici, terreni: se S.Tommaso giustificava la guerra contro gli infedeli o la pena di morte per gli eretici, lo faceva perché “i tempi non erano ancora maturi” per capire i valori della tolleranza e della dignità umana; e Khomeini avrebbe guidato la Rivoluzione islamica per desiderio di potere e calcoli politici… E se invece fossimo noi troppo ottusi per renderci conto che i nostri paradigmi di pensiero non sono necessariamente veri, e che non tutto il mondo cammina a un cenno di Marx e Freud? Forse la nostra interpretazione delle cose non sono verità unica e infallibile. Forse la svolta costantiniana può essere spiegata anche come la spiegavano Eusebio o Agostino: come un’azione della divina Provvidenza.
Il Buddismo, che non nasce in forma di comunità ha una dottrina di assoluto rifiuto di qualsiasi violenza.
Indubbiamente il Buddismo primitivo, essendo nato come cammino monastico e metodo di introspezione, si differenzia molto da religioni “globali” come il Cristianesimo e l’Islam. Tuttavia il Buddismo, come tutte le spiritualità umane che si sono rese conto, com’è naturale, che il corpo è caduco, la vita è effimera e la pace esteriore non è la vera pace, ha potuto giustificare filosoficamente la guerra: è il caso soprattutto del Buddismo tibetano e giapponese, ma le basi erano già state poste dal Buddha.
La posizione della Chiesa è oggi di aperta condanna verso la guerra. È un atteggiamento moderato rispetto ai testi sacri, ma anche rispetto alle posizioni espresse dai pontefici fino a qualche decennio fa. È un cambiamento che discende dal Concilio Vaticano II , o è dovuto alla personalità di Karol Wojtyla?
L’insegnamento della Chiesa consta di tutto ciò che è scritto nell’Antico e Nuovo Testamento, nelle opere ortodosse dei Padri della Chiesa, dei Dottori e dei Santi, nei decreti di tutti i concili e nel magistero, antico e moderno, dei vescovi e dei pontefici. È evidente allora che le parole dei papi di questi ultimi decenni si collocano nel solco di una bimillenaria Tradizione e non hanno autorità né valore se prese separatamente (o addirittura in opposizione) rispetto a tale Tradizione. Non voglio però pronunciarmi sull’agire della Chiesa e del Papa, a cui va tutto il mio rispetto.
Distinzione fondamentale ne La mistica della guerra è quella tra pacifista e pacifico: da una parte, la pace nel senso biblico e coranico, che è obbedienza a Dio, armonia al suo volere, e questo può significare anche la guerra. Dall’altra, la pace moderna come assenza d’ogni guerra. Probabilmente i laici preferiscono tollerare il male piuttosto che “costringere al bene”, come scrive Agostino: è allora possibile considerare la pace un’invenzione della cultura laica – o del progresso?
Io direi che questa concezione comune della pace non sia tanto un’invenzione della cultura laica o del progresso – , ma rappresenti la logica conseguenza di una mentalità materialista. Se i nostri tesori sono il corpo, i soldi, il potere, allora ciò che danneggia queste cose – e la guerra senz’altro le danneggia – è un male. Ma se la nostra ricchezza è l’anima, Dio, la pace del cuore, allora la guerra non ci può in nessun modo danneggiare, e non è quindi un male. D’altronde, la religione, sapendo che l’uomo è fatto sia di anima che di corpo, non trascura di perseguire anche una pace esteriore e un benessere materiale, purché ciò non diventi poi causa di agitazione interiore, infelicità e violenze psicologiche come in molte società moderne “pacifiste”.
Presupposto di qualsiasi mistica della guerra è il basso valore della vita umana davanti a Dio. La cultura laica, al contrario, attribuisce significato a ogni esistenza, e questo dci rende incomprensibili i sacrifici dei mujahiddin. Forse, però, la nascita della cultura laica risale proprio all’idea cristiana di un Dio che si fa carne e muore, mentre Allah è tanto distante e superiore da non poter nemmeno essere rappresentato – la stessa parola Islam significa assoluta sottomissione. Un grande storico francese diceva che il Cristianesimo ha inventato la Storia.
Accettare la guerra, a mio parere, non significa non dare valore all’esistenza e alla dignità del singolo. Al contrario, significa riconoscere che la vera e più autentica dignità umana non è quella che si può tagliare con una spada o forare con un proiettile, ma quella che risiede nel profondo: ed è immagine di Dio, ed è spirito immortale. Sia il Cristianesimo che l’Islam attribuiscono altissimo valore alla dignità della persona umana ma, a differenza del pensiero laico materialista, tendono a garantire tale dignità indirizzando l’uomo verso una pace una serenità sostanziale e non puramente esteriore. Sono profondamente convinto che la cultura laica sia una ribellione ai valori cristiani, e in questo senso il Cristianesimo è senz’altro infinitamente più vicino all’Islam integralista che alla civiltà occidentale laica.
La guerra santa trasforma il soldato di Dio in un mero strumento: egli non è colpevole di omicidio solo nella misura in cui la sua volontà è annullata in quella di Dio. Ma l’atto di uccidere coincide anche con il massimo momento di affermazione del proprio io dato a un uomo: il massimo momento della consapevolezza di sé. Come possono coesistere queste due tensioni?
L’uomo che uccide può essere ottenebrato o lucido, può essere vittima di una coercizione psicologica indotta oppure consapevole esecutore di una libera scelta di coscienza, ma, in ogni caso, egli è protagonista di un dramma in cui si gioca tutta l’esistenza, l’altezza e la profondità della vita. È la Morte colei che ci offre la possibilità di vivere fino in fondo e nel modo più pieno la vita.

 

 

Armando Torno, CORRIERE DELLA SERA
– 06/02/2003

 

Guerre Sante: per Maometto o per la Croce

 

Tra le infinite definizioni che sono state date della guerra, una ha avuto particolarmente fortuna. Si deve a Karl Von Clausewiz, generale e teorico tedesco tempratosi nelle battaglie contro Napoleone, attento lettore di Kant: “la guerra è un vero strumento della politica… una sua continuazione con altri mezzi”. Il saggio di Dag Tessore, presentato in questa pagina, porta alla luce in un periodo critico come l’attuale testi e interpretazioni che hanno cercato di giustificare e di opporsi alla guerra. L’uomo l’ha sempre fatta e l’ha sempre temuta. La Bibbia e il Corano ne accettano la presenza, anche se aggiungono un aggettivo, a seconda di epoche o esigenze: la guerra può essere “santa”, “giusta”, intrapresa per debellare il male, l’eresia o altro. La politica dal canto suo, ci ha abituati a guerre “inevitabili”, “difensive” per la pace e così di seguito. Tommaso d’Aquino e Agostino, che l’accettavano per il bene comune, per il medesimo motivo acconsentivano alla pena di morte e ai mezzi energici contro eretici e infedeli (Tommaso nella Summa theologiae: “non per costringerli a credere… ma solamente per costringerli a non ostacolare la fede di Cristo”).
La guerra però è guerra. E’ tempo di non aggiungere più aggettivi. Il Corano ha almeno una ventina di versetti che invitano alla pace. La Bibbia ne ha di più e il Nuovo Testamento resta una delle fonti indispensabili per la non violenza. Tuttavia, non ci si deve dimenticare dei passi opposti, delle mille interpretazioni, dove l’invito al conflitto è palese. Se qualcuno si turba leggendo la cantica del mare nel libro dell’esodo perché in un passo si legge: “Il signore è uomo di guerra” (“ha-Shem ish milchamà”, 15,3), sappia che Dio non è soltanto questo. Così se nella seconda sura del Corano si trova:”uccidete dunque chi vi combatte dovunque li troviate e scacciateli da dove hanno scacciato voi, poiché lo scandalo è peggio dell’uccidere”, legga anche quel versetto della sura 56: “ E non udranno colà discorsi frivoli o eccitanti al peccato ma solo una parola: “Pace, Pace!”.
C’è sempre una ragione (e un versetto) in più per non fare la guerra, anche se Hegel era molto favorevole ad essa e scrisse nei lineamenti di filosofia del diritto che si deve considerare un bene in cui si conserva “la salute etica dei popoli”, così come il movimento dei venti preserva il mare della putrefazione. La medesima salute era stata caldeggiata nel Medioevo per le anime, tanto che un fine teologo e santo come Pier Damiani poteva rivolgersi a chi difendeva la Chiesa invitandolo a “trafiggere” i colli di coloro che si oppongono a Dio”. Sull’argomento si possono scrivere tutti i libri che si vogliono, ma non bisogna mai dimenticare la quattro parole latine che Livio ci ha lasciato nel XXXIV libro della sua storia romana: “bellum se ipsum alet”, ovvero: “la guerra nutre se stessa”.
Le guerre cominciano per egoismi camuffati da questioni di principio. I vincitori, nota Von Clausewiz – in tal caso lettore di Machiavelli – detteranno le nuove leggi e avranno, almeno per un buon periodo, ragione. Può essere però, che l’umanità sia giunta a un punto critico, oltrepassato il quale queste vecchie regole possono saltare. Non è facile capirlo oggi. Di certo il nuovo millennio ci dirà qualcosa.

La mistica della guerra - RASSEGNA STAMPA

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