Guillermo Arriaga

Un dolce odore di morte

COD: 941e1aaaba58 Categoria: Tag:

Collana:
Numero collana:
94
Pagine:
192
Codice ISBN:
9788881128983
Prezzo cartaceo:
€ Non disponibile
Data pubblicazione:
16-06-2005

Traduzione di Stefano Tummolini

Il dolce odore di morte che si diffonde per le strade di un paesino messicano è quello del corpo di Adela, ragazzina bella, povera, figlia di contadini appena arrivati nel villaggio dove nessuno la conosce, trovata una mattina sul greto del fiume. Nuda. Con un taglio che l’ha perforata da parte a parte. Il primo ad accorrere è Ramón, il ragazzo del bar, che quella ragazzina l’aveva già notata, per i suoi occhi blu e la bellezza. D’improvviso il giovane diventa per tutto il villaggio il “fidanzato” di Adela, e in quella che sembra una recita alla fine Ramón si immedesima davvero e si sente legato da un amore che in vita non c’è mai stato. Tanto che quando sarà chiesta vendetta per il corpo morbido e immobile della ragazza sarà proprio lui a uccidere colui che tutti pensano sia l’assassino. Della campagna povera e rovente del Messico, Arriaga sceglie immagini forti: volti di uomini, odori di cucina e il caldo costante, elementi di cui la storia è impastata insieme a un’atmosfera pervasa dalla menzogna, quel collante sociale che spesso è più utile della verità.

«Le storie di Arriaga non sono altro che sogni. Storie che Guillermo sogna di notte e la mattina scrive».
«L’Unità»

«Una tragedia greca pervasa da polvere, rum e sudore».
«Panorama»

«Arriaga è la nouvelle vague messicana».
«La Stampa»

UN DOLCE ODORE DI MORTE – RECENSIONI

 

Francesca De Sanctis, L’UNITÀ
– 05/07/2005

 

La vita è sogno e Arriaga lo racconta

 

PIU’ DISINVOLTO dello scorso anno, Guillermo Arriaga questa
volta è molto a suo agio a Roma, una città “caliente”, come la
definisce lo scrittore messicano, che della capitale italiana ama
soprattutto la sua gente. Sta talmente bene qui che quest’anno è
arrivato a Roma con tutta la sua famiglia per presentare Un dolce
odore di morte (Un dulce olor a muerte)
, pubblicato in Messico
nel 1994. E il suo secondo romanzo e in Italia è appena uscito per la
casa editrice Fazi (traduzione di Stefano Tummolini, pagine 208, euro
13,50), che lo scorso anno aveva mandato alle stampe Il bufalo
della notte
(El bufalo de la noche). In Messico Arriaga ha
pubblicato anche Escuadron guillotina e la raccolta di
racconti ritorno 201. Ma noi lo conosciamo soprattutto per le
sue sceneggiature: Amores perros, 21 grammi, e il recente
Three burials of Melquiades Estrada di Tommy Lee Jones,
appena premiata a Cannes. Dunque, reduce dai successi
cinematografici, Arriaga arriva a Roma. Stasera incontrerà il
pubblico romano alla Casa del Cinema, dove presenterà il romanzo
Un dolce odore di morte con Edoardo Nesi (letture di Laura
Morante, ore 19). Probabilmente i suoi lettori italiani resteranno
molto sorpresi sapendo che le storie di Arriaga non sono altro che
sogni. Storie che Guillermo sogna di notte e la mattina seguente
scrive. “E’ così per ogni romanzo o sceneggiatura…” racconta a
l’Unità, mentre gioca con una cannuccia seduto al tavolino di
un hotel in centro. “Stavo scrivendo un romanzo, mi mancava un solo
capitolo per terminarlo, quando mi venne in sogno la storia che
racconto in Un dolce odore di morte… Cosi lasciai stare
quello che stavo scrivendo per dedicarmi a quest’altra storia”. Tutto
comincia con il ritrovamento del corpo di una giovane donna, Adela. A
scoprire il cadavere è Ramòn. Vive nel vicino paese di Loma Grande e
riconosce Adela, la ragazza con la quale era uscito il giorno prima.
Subito in paese si sparge la voce: è stata assassinata la “fidanzata”
di Ramòn… che non riesce a sottrarsi a queste false voci sulla loro
relazione finché è costretto a vendicarla.
La morte è un’ossessione per Guillermo Arriaga, “una tradizione della
casa” dice scherzando. “Mi ossessiona soprattutto la morte delle
persone che amo – spiega -. La nostra identità dipende dalla
relazione che abbiamo con gli altri. Quando muore una persona che ci
è vicina moriamo anche noi”. Le morti di cui parla sono sempre
violente, del resto la violenza l’ha imparata dalla strada. Quando
aveva 11 anni un pugno lo ha quasi privato dell’olfatto…
Se la trama di Un dolce odore di morte nasce da un sogno, la
città e i personaggi sono tutti veri. “Sono luoghi che conosco
perfettamente per via della caccia- dice-. Dormo con questa gente,
vado a caccia con loro. Le persone di questo paese non sanno leggere,
cosi una ragazza, che ha frequentato la scuola, ha letto loro ad alta
voce il libro e la gente si è emozionata, ha riso. Due anni dopo la
pubblicazione del libro in un paese lì vicino è stata trovata una
donna pugnalata e la gente mi ha detto: hai previsto il futuro”.
In fondo, la storia, non è altro che una “tragedia degli equivoci”…
ma non equivoci innocenti, bensì errori della società. “Credo che
l’opinione pubblica può creare una società mostruosa, può generare
atti orribili – dice -. Il colpevole è sempre lo straniero, le
comunità vogliono salvaguardarsi e accusano gli stranieri, che sono
le vere vittime”. E infatti la prima persona che viene incolpata in
Un dolce odore di morte è Lo Zingaro. Ora, Guillermo sta
scrivendo un nuovo romanzo Los sapitos (I rospetti), Ancora
una storia di morte, ma qui il castigo estremo della società è ancora
più terribile della morte.

 

 

Guillermo Arriaga, CORRIERE DELLA SERA
– 05/07/2005

 

Questa città d’amare così pazza, così dolce

 

Roma è una città sempre presente nell’immaginario di tutti. Per il
Messico, Roma ha diverse implicazioni. Molti modi di dire messicani
sono legati a Roma, come: “Tutte le strade portano a Roma”, o
“Sentirsi il re di Roma”. A Città del Messico c’è un quartiere che si
chiama Roma, i cui abitanti si definiscono orgogliosamente “romani”.

Poi, naturalmente, c’è il quartiere di Ixtapalapa, dove ogni volta
che si rappresenta la passione di Cristo molti si vestono da
“romani”; e lo stadio di lotta libera più importante del Messico è il
“Coliseo”.
Quindi è impossibile crescere a Città del Messico senza incontrare
qualche allusione a Roma. Uno dei quattro monumenti che più
desideravo conoscere da bambino era il Colosseo (gli altri erano: il
Cristo del Corcovado, la statua di Lincoln a Washington e Ayers Rock,
in Australia, anche se quest’ultimo non è un monumento).
E quando finalmente sono venuto a vedere il Colosseo, Roma mi è
sembrata una città impazzita, caotica (ho rischiato di essere
investito almeno una dozzina di volte) e con una densità culturale
difficile da comprendere.
Ma poi ci sono ritornato e l’immagine che ne avevo è cambiata. Ho
continuato a considerarla, fortunatamente,come una città impazzita,
ma anche molto più sobria e dolce. Sì, dolce. La gente è
incredibilmente gentile, allegra, accessibile.
Nel mio ultimo viaggio, in occasione della presentazione del mio
libro “Il bufalo della notte” e del Festival delle Letterature di
Roma, sono stato ricevuto come un re, come il re di Roma.
Poche volte una città mi aveva accolto con tanto calore. Sono stato
invitato a cena a casa di molti romani, La loro ospitalità è stata
pazzesca, di una generosità imbarazzante. Cibo buonissimo, modi
gentili e affabili, conversazione tranquilla, senza pretese, senza
ostentazione. Forse sembrerà un luogo comune, ma i romani mi hanno
fatto sentire davvero… a casa mia. E adesso torno con i miei figli,
perché anche loro si innamorino di Roma come me ne sono innamorato
io. Perché facciano il possibile per tornare alle sue strade, ai suoi
monumenti, ai suoi musei e; soprattutto, alla sua gente. La sua
gente, sì: quei romani e quelle romane impazziti, ma dal cuore d’oro.

 

Alberto Crespi, L’UNITÀ
– 03/07/2005

 

Arriaga: Disneyland sarà messicana

 

Finita la chiacchierata con il pubblico, Guillermo Arriaga abbraccia la moglie e i due figli. Fanno un bel quadretto: una famigliola messicana (ma potrebbe essere spagnola, italiana, francese.. insomma, “latina”) in vacanza in Italia. Avendo avuto l’onore di presentarlo alla gente bolognese, assieme allo scrittore super-esperto di Messico Pino Cacucci, possiamo dire che conserveremo di Arriaga un ricordo forte: è una bella persona, oltre che un bravo scrittore. Ospite della manifestazione bolognese “Le parole dello schermo”, terminata sabato (ieri, stesse sale e stessa organizzazione, la Cineteca di Bologna, è iniziato il “Cinema
ritrovato”), Arriaga ne incarna lo spirito: è uno scrittore che scrive per sé (romanzi) e per il cinema (sceneggiature), Fazi Editore ha pubblicato in Italia Il bufalo della notte e ora manda in libreria Un dolce odore di mortescritto precedentemente (nel ’94). Al cinema, Arriaga è famoso come “complice” del regista Alejandro Gonzalez lnarritu, per il quale ha scritto Amores Perros e 21 grammi ma a Cannes è stato premiato come miglior sceneggiatore per The Three Burials of Melquiades Estrada, prima regia del divo Tommy Lee Jones. Un filo lega tutte queste opere: l’irruzione della morte, spesso accidentale, casuale, assurda; una morte che cambia la vita di coloro che restano.

È almeno dai tempi di “Que viva Mexico!” di Eisenstein che la presenza del morti popola il cinema messicano. In questo senso, sei l’erede di una grande tradizione?
Il mondo moderno rimuove la morte. Il capitalismo ci vuole occupati esclusivamente a produrre e a consumare, non a vivere, né a morire. Ma la vita e la morte sono strettamente unite, e nella cultura messicana la morte è solo un nuovo inizio. Nel mio lavoro è cosi in Un dolce odore di morte ed è così nel film scritto per Jones, io voglio mettere a confronto i personaggi con la fisicità della morte. Facciamo un esempio. Siamo qui, in questa stupenda sala dell’antica Università di Bologna. Siamo seduti, parliamo. Se io disponessi sulle sedie alcuni scheletri, ci sarebbe forse un minimo di disagio ma la conversazione potrebbe proseguire. Ma se portassi qui alcuni cadaveri morti da 2-3 giorni, nessuno potrebbe tollerare la loro presenza. Un cadavere in decomposizione è una minaccia. Il suo odore, il suo colore, la sua consistenza, sono “scandalosi”. I miei personaggi vivono questo scandalo: accade a Sean Penn in 21 grammi, accade a Ramon in Un dolce odore di morte, accade alla guardia di frontiera che ha accidentalmente ucciso Melquiades Estrada. Tutti devono assumersi la responsabilità della morte: anche quando non li riguarda. come Ramon, costretto a vendicare una ragazza uccisa che non conosceva nemmeno.
“21 grammi è il peso dell’anima: il peso che un corpo perde quando muore. Tu sei religioso?
Sono stato educato in modo ateo e sono tuttora ateo. Non so cosa significhino le parole “colpa” e “peccato”>. Però non nego Dio. Solo non riesco a capire come si possa parlare con qualcuno che non c’è. Ho vari amici preti e spesso discuto con loro a questo proposito. 21 grammi è la storia di un’ossessione, perché io sono un ossessivo. Anche nella scrittura. Ho impiegato 4 anni per scrivere 21 grammi, per equilibrare nei minimi dettagli la struttura del film. E poi ogni tanto qualcuno scrive che il merito del film è
tutto del montatore! Invece il continuo andirivieni nel tempo, il
montaggio non lineare della storia, era tutto sulla carta. Inarritu ci ha messo del suo, ma il mondo raccontato in Amores Perros e in 21 grammi è il mio mondo. Lo so, molti sceneggiatori lavorano PER i registi, ma io cerco di lavorare CON i registi, e sostengo che nei film da due scritti ci sono almeno due autori.
In “Melquiades Estrada” c’è un’atmosfera alla Peckinpah. È un paragone che ti offende, o ti lusinga?
Mi lusinga. Adoro Peckinpah. Ho visto e rivisto Pat Garrett e Billy the Kid e Convoy.
In più, c’è una riflessione politica molto forte sul rapporto
Usa-Messico. Melquiades Estrada è un clandestino che viene ucciso per errore. Un suo amico cowboy porta il cadavere in Messico, per seppellirlo nella sua terra, e si trascina appresso il soldato che l’ha ucciso. Sono due Americhe: una che guarda al Messico con affetto, l’altra che è costretta a prendere coscienza del propri crimini.

I due personaggi incarnano due opposti atteggiamenti. Negli Usa c’è chi accetta che gli ispanici siano ormai la prima “minoranza” e chi lo rifiuta. Io trovo intollerabile che la gente ancora muoia annegata nel Rio Grande tentando di arrivare negli Usa per vivere una vita decente. Questo deve finire: gli Usa devono capire che senza il lavoro dei “latinos” alcuni stati del Sud-Ovest farebbero bancarotta. Ma il rapporto Usa-Messico sta lentamente cambiando, anche nel cinema, e mi piace pensare che noi messicani siamo una sorta di virus che sta contaminando il cinema hollywoodiano. Nel 2050 i “latinos” saranno più degli “anglos”. Washington dovrà accettare questo. E dovrà accettare che noi messicani abbiamo prestato agli Usa gran parte del loro territorio (Texas, California, Colorado, New Mexico, Arizona), e che prima o poi ce lo riprenderemo. Forse lasceremo il Texas a Bush. Ma ci terremo Disneyland.

 

 

Iaia Caputo, FLAIR
– 01/09/2005

 

Arriaga: “Scrivo di chi cammina sul bordo della vita. Senza cadere”

 

Due film, diventati subito dei classici, Amores perros e 21 grammi, entrambi diretti dall’amico Alejandro Gonzales Iñarritu. Poi, quest’anno a Cannes, la consacrazione con il premio per la miglior sceneggiatura del film I tre funerali di Melquiades Estrada. Un western “impegnato”, la storia di un contadino messicano ucciso “per sbaglio” da un poliziotto sulla frontiera texana, che Tommy Lee Jones ha interpretato e diretto. Ma oltre a essere diventato uno degli sceneggiatori più corteggiati di Hollywood, Guillermo Arriaga è anche uno scrittore già noto nel suo paese, il Messico. In Italia l’editore Fazi ha appena pubblicato il suo secondo romanzo, Un dolce odore di morte, dopo il successo de Il bufalo della notte, opera prima di questo autore eclettico, che incontriamo a Roma, dove è venuto a parlare di cinema e letteratura. “Due grandi amori”, chiarisce subito, “non schizofrenici. Perché resto sempre uno scrittore, che scrive con la stessa passione e l’identica intensità tanto una sceneggiatura tanto un romanzo. Semplicemente, credo ci siano storie che possono essere raccontate meglio dal cinema e altre dalla letteratura. Ciò che m’interessa è emozionare”. Quello che più colpisce di questo quarantenne grande e bello, baciato dal successo, sta in quei suoi occhi chiari fino alla trasparenza: è uno sguardo limpido e attento, quello di un uomo che non ha smesso di incuriosirsi alla vita e conserva un fondo di timidezza giovanile, una riserva, forse inesauribile, di disponibilità e di entusiasmo. Difficile credere che sia proprio lui l’autore di film e libri attraversati dalla violenza.
Sembra che i suoi personaggi debbano sfidare il destino, le circostanze più avverse.
“Mi interessa parlare della condizione umana, delle sue contraddizioni, e mi piacciono
i personaggi che hanno una forte volontà di camminare sul bordo della vita. Senza cadere. Ma parlo della violenza della morte solo perché fanno parte della vita. È della vita che voglio raccontare”.
Vive a Città del Messico, nonostante i suoi impegni a Hollywood. Cos’è per lei la capitale?
“Una città totalmente pazza, contraddittoria, molto forte, e davvero interessante. Può essere violenta, . pericolosa, ma mai noiosa. Assolutamente. Vado spessissimo a Los Angeles, un posto che mi
piace anche, ma finito di lavorare taglio la corda”.

E del Messico, nel suo cinema e nei suoi romanzi, c’è la luce. Accecante, impietosa.
“lo dico che sono un cacciatore che scrive: direi che guardo la vita attraverso quella lente. La luce determina tutto: a che ora gli animali si svegliano, escono o dormono. Ecco, la mia consapevolezza della luce, delle sue sfumature, della sua importanza viene dalla passione per la caccia”.
È vero che ha iniziato a scrivere a ventiquattro anni, dopo una malattia?
“Il medico mi disse che avevo un’infiammazione cardiaca, che avrei dovuto smettere di boxare, altrimenti sarei morto. Ricordo che mi guardai le mani e dissi: “Probabilmente domani saranno quelle di un cadavere. Ci costruirò mai qualcosa per cui valga la pena essere vissuto?”. La notte lessi un racconto di Jorge Luis Borges e capii che quello che avevo voluto sempre fare era scrivere”.
Qual è il suo sceneggiatore preferito?
“Io”.
E al secondo posto?
“Sam Shepard. Una volta, a Cannes, un giornalista mi dice che lo sta per incontrare. Allora gli chiedo di portargli un mio biglietto. Scrivo: “Caro Sam, sicuramente non hai mai visto i miei film, ma sono un tuo fan, ed è un orgoglio per me concorrere al Festival nella tua stessa sezione”. Bene, quella sera viene a cercarmi lui: “E’ vero, non ho visto i tuoi film, e non so neppure di cosa parlano”. Da allora ènata un’amicizia speciale”.

 

 

F. Pan., LETTURE
– 01/11/2005

 

Arriaga: maestro del noir esistenziale

 

 

 

Sergio Pent, L’UNITÀ
– 04/07/2005

 

Mezzogiorno di fuoco tra i chicanos

 

 

 

Manuela Grassi, PANORAMA
– 09/06/2005

 

Tragedia greca con rum

 

 

 

Angelo Meloni Orlando, STILOS
– 19/07/2005

 

Mantenere l’ordine con sangue innocente

 

 

 

Monia Cappuccini, LIBERAZIONE
– 10/07/2005

 

Amore e morte in un unico dolce dolore

 

 

 

Cristina Piccino, IL MANIFESTO
– 05/07/2005

 

Un cadavere minaccia il mondo

 

 

 

Franco Giubilei, LA STAMPA
– 02/07/2005

 

Il noir noir di Arriaga

 

 

 

Aurelio Pasini, IL MUCCHIO
– 01/09/2005

 

Un dolce odore di morte

 

Come già era successo ne Il bufalo della notte, anche in Un dolce odore di morteil motore primo di tutta la vicenda è una morte. Nello specifico, quella di Adela, poco più di una ragazzina, ma dal fascino irresistibile. È proprio il ritrovamento del suo cadavere a dare il via a una spirale di eventi, supposizioni, sospette, bugie e risentimenti che coinvolgerà in un modo o nell’altro tutti gli abitanti del villaggio di Loma Grande. Soprattutto a farne le spese sarà il giovane Ram6n, ritenuto a torto il fidanzato della vittima, a tal punto da trovarsi costretto a entrare nel ruolo e a interpretarlo fino in fondo, costi quel che costi.
All’apparenza sembrano esserci tutti (o quasi) gli ingredienti per un perfetto romanzo noir. Come nella migliore tradizione del genere, Arriaga tratteggia un’umanità meschina, squalli-da sconfitta in partenza, amorale, disposta a sacrificare tutto in nome del proprio interesse o anche solo del quieto vivere, in un gioco delle parti talmente assurdo da risultare più vero del vero. Lo scarto sta però nel fatto che, al di là della rinun-cia all’ambientazione urbana, qui questa aura di sconfitta non viene in alcun modo poeticizzata o mitizzata, ma è rap-presentata con un realismo talmente crudo da far male. Del resto non c’è bisogno di calcare troppo la mano, gli eventi in sé non necessitano di particolari aiuti per deflagrare in tutta la loro portata. E, ancora una volta, la miccia sono i senti-menti – l’odio, e ancora di più l’amore – talmente intensi da riuscire ad alterare il presente e il passato in maniera deter-minante.
Altro che “dolce odore”, allora: queste pagine emettono un tanfo insopportabile di morte, di alcol, di sporcizia, da cui deriva la loro forza espressiva.

 

Lorenza Stroppa, IL GAZZETTINO DI PORDENONE
– 24/07/2005

 

Vetrina libri

 

In un mondo governato dall’apparenza la menzogna diventa verità e può condannare una vita intera. Questa sembra essere la morale di “Un dolce odore di morte”, il nuovo romanzo di Guillermo Arriaga, scrittore messicano noto per le sceneggiature di “Amores Perros” e di “21 grammi”. La menzogna è quella che appoggia, un po’ per ingenuità, un po’ perché sotto sotto per orgoglio, il giovane diciassettenne Ràmon Castanos, di fronte al cadavere nudo e ancora bellissimo di Adela, sua coetanea. La ragazza infatti ha sempre popolato i sogni più nascosti di Ràmon, che però non è mai riuscito ad avvicinarla. Sentendo che lo additano al fidanzato di Adela, Ràmon non smentisce, e la notizia si diffonde a macchia d’olio, accompagnandosi alla presunzione di colpevolezza del giovane. Ma presto Ranulfo Quirarte, il “giornale” del quartiere per la sua capacità di assorbire e diffondere notizie e pettegolezzi, mette in giro la voce che la sera dell’omicidio ha visto Adela discutere animatamente con “Lo Zingaro”, un forestiero che frequenta il paese e che ha fama di dongiovanni con una predilezione per le donne sposate…Lo Zingaro ovviamente non è ben visto e, nonostante quella di Ranulfo sia una notizia avventata di sana pianta per sconfiggere la noia e creare un po’di trambusto, la città intera si coalizza contro lo straniero e Ràmon viene spinto a fare il giustiziere…Guillermo Arriaga ci porta per mano nell’afa torrida di Loma Grande, la cittadina nella provincia messicana dove avviene il delitto, mostrandoci una città che si infiamma di odio e di ansia di vendetta quasi per gioco, per sfogare la noia e l’insofferenza verso la vita. Un libro spietato, scritto con maestria, che conduce il lettore fino a un finale inesorabilmente duro che, inconsciamente, si spera fino all’ultimo possa cambiare.
Altro che “guerra dei mondi”, ne “Il quinto giorno”, il thriller della casa editrice Nord che sa furoreggiando in libreria, non ci sono alieni ma mostri marini ben più temibili, diffusi in tutti i mari e gli oceani del mondo. E in più tutti gli abitanti abitualmente pacifici del mare sembrano in rivolta: le balene attaccano le petroliere, i mitili invadono i carghi, i pesci fanno annegare un pescatore nell’Oceano Atlantico. Cosa succede nel mare? Cosa è veramente successo il quinto giorno della creazione, quando “Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque dei mari?”. Sotto la superficie apparentemente mansueta dell’acqua si agitano strane forze, contro le quali l’uomo ingaggerà una lotta titanica.
1034 pagine per un thriller che se non altro ha il pregio di mantenerti incollato alla lettura. Con un finale, ovviamente, sorprendente. Il classico libro dell’estate, da leggersi rigorosamente sotto l’ombrellone, guardando il mare di sottecchi.
I dati delle classifiche sono gentilmente forniti da libreria Al Segno.

 

 

Simona Orlando, ROCKSTAR
– 01/09/2005

 

Un dolce odore di morte

 

Lo sceneggiatore ossessionato dalla morte che ha trionfato con i film Amores Perros, 21 grammi e all’ultimo festival di Cannes con I Tre Funerali Di Melquiades Estrada, torna con un noir rurale ambientato in Messico. Il brutale omicidio di una ragazza lascia la comunità in subbuglio e un atraccia dell’assassino, ma l’urgenza di vendetta pompata dal machismo, e la morbosità di un presunto amante, velocizzeranno il processo di allontanamento di ogni senso di giustizia dal villaggio. Nell’apparente calma di Loma Grande un singolo episodio porta in superficie molte storie sotterranee, smottamenti che solo la menzogna può riassestare. Il precedente Bufalo Della Notteera più trascinante, dettagliatamente psicologico; qui l’unica verità è quella alla quale si sceglie di credere.

 

Gloria Satta, IL MESSAGGERO
– 05/07/2005

 

“Io, cacciatore di parole”

 

 

 

Monia Giannetti, IL TEMPO
– 05/07/2005

 

Arriaga, il fascino del destino

 

 

 

Angela Bianchini, TTL-LA STAMPA
– 06/08/2005

 

Caldo, rum e sesso per Arriaga

 

 

 

Ilaria Bernardini, ROLLING STONE
– 01/09/2005

 

Guillermo Arriaga

 

Guillermo Arriaga ha scritto Amores Perros, 21 Grammi, Babele di recente il filmLe tre sepolture per la regia di Tommy Lee Jones, che gli è valso il premio per la miglior sceneggiatura al festival di Cannes.
Questo, scritto dieci anni fa, è il suo primo libro (dal quale è stato tratto “un bruttissimo film”, dice lui). E’ un romanzo breve nel quale si narra di un paesino messicano, tutto polvere, miseria e caldazza e delle tragicomiche avventure dei suoi abitanti, a volte paurosi, spesso vendicativi e quasi sempre bugiardi che un mattino si trovano di fronte al cadavere di una giovane ragazza. Il libro è scritto con una lingua semplice e vivacissima (o miserabile e ricchissima, direbbe Arriaga che usa questi due aggettivi per descrivere il Messico, insieme a oscuro e accecante di luce) tanto che capita spesso, sfogliando le pagine, di sudare per il caldo che picchia a Loma Grande così come di sentire la puzza di gamberi di fiume e rumore di pulmini scalcagnati.

 

Eugenia Palazzetti, L’AVANTI DELLA DOMENICA
– 11/09/2005

 

La versione di Ramon

 

 

 

Gino Dato, IL GAZZETTINO
– 16/07/2005

 

Le mie storie nascono dai sogni

 

 

 

NEW POLITICS
– 01/09/2005

 

La ragazza di Ramon

 

 

 

Monica Capuani, D LA REPUBBLICA
– 02/07/2005

 

Messico con delitto

 

L’ ha dedicata a tutti i messicani di qua e di là dal confine, la Palma d’oro al festival di Cannes per la migliore sceneggiatura del film Le tre sculture, diretto dall’attore Tommy Lee Jones. Guillermo Arringa sorride con quella faccia da cinema, il capo rasato, gli occhi azzurri, il sorriso aperto. Sta vivendo un bel momento, lo scrittore –sceneggiatore che celebrò l’inferno metropolitano che è Città del Messico nel film amores perros, un successo di critica tale da lanciare lui e il suo regista-pigmalione Alejandro Iñàrritu nel firmamento della cinematografia internazionale. Era il 2ooo, e da allora per entrambi si sono aperte le porte di Hollywood: hanno realizzato prima 21 grammi, con star come Sean Penn, Fenicio Del Toro, Naomi e ora stanno concludendo tra Tunisia, Marocco, Messico e Giappone le riprese di Babnel, che vede un altro cast stellare: Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael García Bernal.
e pensare che tutto è cominciato una decina d’anni fa proprio con il romanzo Un dolce odore di morte che Fazi pubblica in questi giorni in italiano. E’ la storia di Ramón Castaños, barista del paesino messicano Loma Grande. Un mattino presto, viene rinvenuto il cadavere pugnalato della giovane Adela. E gira voce che fosse la ragazza di Ramón, che rimanda la smentita fino a quando non è più possibile. Quella morte mette in moto un surreale girotondo di odio e di vendette incrociate. Arringa ha appena partecipato a Bologna al Festival internazionale di Letteratura e cinema e martedì prossimo presenterà il libro alla Casa del Cinema di Roma.
Il suo romanzo ha già una forte qualità cinematografice. Infatti molti produttori se ne sono interessati, ma alla fine ne è stato tratto un film bruttissimo. All’opposto, >Amores perros all’inizio era un romanzo frustrato. Poi ha trovato la giusta forma in un film.
Qual’ è stata la sua “scuola” per diventare uno scrittore?
Sono cresciuto in una famiglia in cui i valori più importanti erano l’istruzione, la cultura e il dialogo. Non ho avuto alcuna cultura religiosa e non ho mai sentito né a casa né a scuola, le parole peccato o colpa. Sono ateo no perché neghi Dio ma perché non ne ho alcuna nozione. La mia non era una famiglia ricca e durante la mia infanzia e adolescenza, finché mio padre non ha vissuto modestamente. La strada è stata la mia scuola. Lì ho imparato tutto quello che so. Ma era una vita molto dura a tredici anni avevo già perso il senso dell’odorato per tutte quelle botte. Ma non mi lamento, perché l’esperienza della strada è stata intensa e istruttiva. Da piccolo, il mio sogno era essere ciò che sono diventato oggi: uno scrittore che non ha bisogno di vestirsi in giacca e cravatta, scrive quello che gli pare e non deve svegliarsi presto al mattino.<br<
Come’ è nato Un dolce odore di morte?
Da un sogno, come tutto il mio lavoro. Il mattino dopo ho cominciato a scrivere. L’ambientazione però è reale: è un posto in cui spesso vado a caccia. Anche i nomi dei contadini sono veri: è un omaggio alla nostra lunga amicizia. E quei personaggi ritornano in Le tre sepolture, che è un film sull’amicizia tra un cowboy americano e un cowboy illegale messicano che ha attraversato il confine. Quando muore, l’amico deve mantenere la promessa di dargli sepoltura e intraprendere un viaggio di conoscenza, di redenzione, di lealtà alle promesse dell’amicizia. Alla base di questo lavoro c’a ancora un’altra amicizia, quella tra me e Tommy Lee Jones: ho scritto il film pensando a lui.
Si aspettava il successo di Amores perros?
Uno scrittore si aspetta sempre il successo. Non consoco nessuno che scriva senza o puntare alla fama. Ma non c’è modo di raggiungerlo con sicurezza. Non puoi certo dire: “Ora mi rinchiudo sei mesi a scrivere il mio capolavoro”. L’arte è elusiva, difficile, deduttiva, frustrante, inebriante, inaccessibile.
La morte è un tema chiave nei suoi film e romanzi
Perché amo la vita. Per la nostra società la morte è un tabù, si tenta sempre di cancellare le cicatrici della vita, rughe, calvizie, maniglie dell’amore, cellulite, e si rifiutano rischi e libertà di spirito. Se si è più consapevoli della morte, si apprezza di più la potenza della vita.
Come descriverebbe il Messico a chi non lo consoce?
E’ un paese forte e contraddittorio. Oscuro e accecante di luce. Bello e brutto. Miserabile e ricchissimo. Ovunque, però, c’è passione per la vita, un’energia che seduce chiunque.

 

Nino Dolfo, BRESCIA OGGI
– 05/07/2005

 

Arriaga e le trame di un perfido destino

 

In italiano l’amaro romanzo del regista messicano. Dal libro “Un dolce odore di morte” è già stata tratta una riduzione cinematografica. Sul grande schermo ha firmato “Amores perros” e il controverso “21 grammi”.

Guillermo Arriaga, messicano, è uno di quegli autori che hanno il dono divino della scrittura cinematografica: storie dal profilo netto, in cui le parole assumono una visibilità ad alta definizione, sceneggiature palpitanti. “Gli effetti speciali migliori sono la vita, la vita e una buona storia”, ha detto recentemente, durante il suo soggiorno italiano.
Arriaga ha scritto le sceneggiature di “Amores perros” e di “21 grammi”, due film, soprattutto il primo, che non possono passare inosservati.
“Un dolce odore di morte” (Fazi editore, 208 pagine, 13,50 euro) è il suo romanzo che approda ora nelle librerie. Un “noir rurale” nutrito di istinti elementari e di violenza sanguinaria, immerso nel caldo torrido del deserto. A Loma Grande, paesino sperduto e rarefatto, condannato all’eternità della sua miseria contadina, una ragazza, Adela, viene ritrovata nuda e morta in un campo di saggina. L’assassino l’ha pugnalata alle spalle. A rinvenire il cadavere è Ramòn, un giovane che ad Adela ha dedicato qualche lubrica fantasia, ma che con la ragazza non ha mai scambiato una parola. Per uno di quegli equivoci per cui la menzogna, passando da bocca a bocca, assume al rango di verità, Adela viene identificata da tutti come la fidanzata di Ramon. E costui, un po’ stordito e po’ lusingato, accetta la diceria, a tal punto da sentirsi in dovere di vendicare la vittima. In tutto questo però, c’è qualcuno che ha interesse ad armare la mano del giovane.
Anche in un villaggio dimenticato da Dio e dagli uomini, lo stato di natura non è un paradiso. Il sudore dell’afa e del sesso, alimentato dall’alcool, si impasta con la cecità del furore e l’inerzia della volontà, scaricandosi nel vortice della tragedia. Le apparenze sono fallaci e il male ricama la sua trama con pazienza certosina. L’innocenza è già stata violata, i pregiudizi, dettati dall’odio e dall’invidia, inquinano il raziocinio, chi conosce la verità, tace o non può rivelarla. Impietosa e irreversibile, si innesca la macchina del destino che non concede scampo ai capri espiatori e rilascia certificati falsi di giustizia.
Arriaga, con la sua scrittura nervosa e insinuante, descrive il gioco imperfetto della vita, mettendo in scena l’ultimo atto tra matematica del fato e marce complicità. Il lettore rimane inchiodato fino all’ultima pagina.
“Un dolce odore di morte” è già stato tradotto in film da un regista messicano, Gabriel Retis. “Quando ho visto la pellicola – ha detto Arriaga – mi sono vergognato”. E’ per questo che l’autore sta pensando ad un nuovo adattamento.

 

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