Chi era Rebecca West?

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Rebecca West nel cuore della notte

II 5 luglio del 2018 Fazi ha pubblicato La famiglia Aubrey di Rebecca West (traduzione di Francesca Frigerio) e il 28 gennaio 2019 uscirà il secondo volume della famosa saga di questa incredibile autrice britannica, Nel cuore della notte.

Ma chi era Rebecca West? Ho raccolto alcune informazioni e curiosità che possono far comprendere quanto sia interessante come autrice ma in generale quanto sia stata interessante come persona.

“Ho suscitato ostilità in un numero impressionante di persone”, rivelò in più di una intervista!

Vi voglio riferire provocatoriamente cosa disse di lei Virginia Woolf: “a cross between a charwoman and a Gypsy with dirty fingernails”, un incrocio tra una donna delle pulizie e una zingara con le unghie sporche. Lei non fu così cattiva con la Woolf, salvo considerare Gita al faro una “pièce teatrale mal riuscita…”.

Rebecca West è sempre stata, nella sua vita, una figura divisa e che divideva perché aveva una personalità incredibilmente ricca di contraddizioni. All’affermazione della Woolf c’era chi rispondeva che invece l’autrice poteva essere paragonata ad una sirena il cui canto ammaliatore non poteva che conquistare chiunque.

Ecco cosa riusciva a dire, senza peli sulla lingua!

Rispetto alle opinioni correnti su Tolstoj io sono un’eretica. Proprio non capisco come Guerra e pace possa essere considerato un grande romanzo, dal momento che nessuno tra quelli coinvolti nella guerra sapeva che cosa stesse accadendo .

Rebecca West fu una femminista della prima ora e anche una sostenitrice del matrimonio, una brillante giornalista che ha scritto romanzi che sono divenuti i classici del Ventesimo secolo, una donna la cui stessa vita e amori rispecchiano l’epoca in cui è vissuta.

Come sappiamo il vero nome dell’autrice era Cicely Isabel Fairfield, Rebecca West è uno pseudonimo in onore della protagonista di Rosmersholm di Ibsen, un personaggio drammatico da cui però l’autrice prese spesso le distanze: “è solo uno pseudonimo” ripeteva a voler significare che non si era affatto identificata nella Rebecca West di Ibsen.

Il primo romanzo che la West pubblicò nel 1918, Il ritorno del soldato, conteneva già argomenti che le saranno sempre molto cari come il tema della personalità intesa in senso freudiano, la raccolta di saggi che uscì circa dieci anni più tardi, nel 1928, The strange necessity, era anche quella un concentrato della filosofia di Rebecca West la quale riteneva indispensabile e terapeutico per l’essere umano fruire dell’arte e della letteratura. NON POSSO CHE ESSERE TOTALMENTE D’ACCORDO!

Chi ha letto La famiglia Aubrey, si accorgerà facilmente che Cordelia e Rose rappresentano la dicotomia che Rebecca West ha voluto approfondire, la prima è l’artista che vede nell’arte un mezzo (per guadagnare denaro, per esempio) la seconda è l’artista che vede l’arte fine a se stessa, nella sua bellezza e complessità.

Nella seconda metà degli anni Trenta l’autrice visitò con il marito, Henry Maxwell Andrews, i Balcani, e da quel viaggio trasse una esperienza così forte che volle descriverla in Black Lamb and Grey Falcon, un libro importantissimo in cui analizzò accuratamente i conflitti che portarono alla Seconda Guerra Mondiale, ancora oggi questo lavoro di Rebecca West viene inserito tra i migliori “travel book” di tutti i tempi.

Non c’è nulla di più raro di un uomo del quale si possa essere convinti che non getterà mai alle ortiche la felicità.

Scrisse anche sui processi di Norimberga concentrando la sua attenzione sulla natura del nazismo e senza farsi scrupolo di parlare con trasporto di vittime e aguzzini, allo stesso modo e con la stessa “intensità”.

Ha raccontato egregiamente la povertà della classe colta a cui lei stessa apparteneva, era figlia di un militare che, lasciato l’esercito, finì a dirigere una miniera negli Stati Uniti, la madre della West era la sua seconda moglie, quest’uomo dalla mente brillante (scriveva libri di scienze politiche soprattutto) morì quando la scrittrice aveva solo dodici anni lasciando la famiglia senza soldi.

È forse proprio la morte del padre che traumatizzò a tal punto la West da farle considerare la morte naturale come qualcosa di incredibilmente crudele e doloroso, ancor più della morte violenta e nella saga degli Aubrey, opera ispirata alla sua vita e alla sua famiglia, possiamo trovare ben visibile questa paura.

Analogamente, avendo vissuto con una madre sola, la West crebbe con l’idea della donna emancipata, da giovanissima nutriva grande ammirazione per le suffragette che però smise di supportare sia perché non credeva di essere realmente di aiuto alla sua età, sia perché trovava inutile ed eccessiva la loro preoccupazione ossessiva per le malattie veneree e il desiderio di scoraggiare le donne a fare sesso.

Leggendo i romanzi di Rebecca West saremmo portati a pensare che detestasse chi agisce in modo stereotipato, chi ricerca continuamente l’approvazione degli altri, eppure, ho trovato una vecchia intervista e lì ho scoperto che in realtà soffriva moltissimo quando scopriva di non essere apprezzata.

Qualcuno ha visto nella scrittura di Rebecca West similitudini con lo stile dell’ultimo Dickens, io sinceramente no, so che lei amava profondamente Mark Twain a cui si ispirò ogni volta che scrisse testi critici (Twain fu il primo a scrivere profeticamente di nazismo, per esempio, e la West ne tenne conto).

A proposito invece della saga della famiglia Aubrey, la scrittrice cinese (naturalizzata americana) Yiun Li l’ha definita “It’s a big, plotless saga”, è molto interessante il fatto che si riferisca alle vicende raccontate nella saga come ad una storia senza trama, un qualcosa che non ha bisogno di una struttura predefinita perché ogni singolo personaggio è una storia e il lettore, come la stessa Yiun Li, finisce per essere contemporaneamente ogni personaggio, è vero che si ha la consapevolezza che si sta leggendo un romanzo, ma è il romanzo di quella cosa affascinante che si chiama vita.

Insomma un’autrice i cui libri vengono ancora oggi inseriti nelle classifiche mondiali tra i libri da leggere assolutamente, una personalità sopra le righe, un talento straordinario, un’autrice da scoprire e riscoprire.

 

Elisabetta Favale

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