Edoardo Calandra

Juliette

COD: aab3238922bc Categorie: , Tag:

Collana:
Numero collana:
12
Pagine:
202
Codice ISBN:
8881120127
Prezzo cartaceo:
€ 11,00
Codice ISBN ePub:
9788864119533
Prezzo eBook:
€ 4.99
Data pubblicazione:
01-09-1995

A cura di Leonardo Lattarulo

La follia è più forte della morte. Juliette, ultimo romanzo dell’autore più misterioso della scapigliatura, racconta questa forza e il suo delirio, il fascino soprannaturale dei fantasmi del passato che incombono sulla vita presente. Tra nostalgia e impossibilità dell’oblio Calandra disegna questo dolore: la fissità di uno struggimento senza speranza, l’inesorabilità dell’amore oltre gli uomini e il tempo. “Una volta, Vittorio, descrivendo un suo viaggio, gli aveva narrato d’una superstizione che dominava da oltre un secolo nell’Ungheria, nella Moravia, nella Slesia e nella Polonia. In quei paesi era credenza quasi generale che certi trapassati potessero, nottetempo, uscire dai loro sepolcri per andare a succhiare il sangue dei parenti, degli amici, delle persone giovani e belle”.

JULIETTE – RECENSIONI

 

Alessandro Zaccuri, AVVENIRE
– 10/07/1995

Torna un’opera del 1909 di Edoardo Calandra, ambientata nella Torino imperiale

Juliette e la mummia del soldato

Una situazione alla Stephen King, le analogie con Giono

Quando si dice la coincidenza. Proprio mentre Guanda riporta in libreria “L’ussaro sul tetto” di Jean Giono, il più celebre dei romanzi ambientati nel Piemonte napoleonico, l’editore romano Fazi ripropone un libro molto meno famoso, nel quale si respira però la stessa atmosfera storica. La trama di “Juliette” di Edoardo Calandra (1852-1911) si svolge tutta nella Torino “imperiale”, nella quale spadroneggiano profittatori e galoppini dell’occupante francese. Ma le analogie con il capolavoro di Giono (oggi riabilitato, anche grazie al film diretto da Jean-Paul Rappeneau) si fermano qui. Tanto è vitale e galoppante il ritmo dell’ “Ussaro”, tanto “Juliette” deve il suo fascino a chiaroscuri e penombre. Si tratta comunque di un fascino indiscutibile, che da solo giustifica la riscoperta di Calandra e di questo romanzo che, pubblicato nel 1909, rappresenta il suo testamento letterario. Apprezzato e studiato da critici come Benedetto Croce e Giorgio Petrocchi, Calandra non è mai riuscito a fare breccia nel pubblico (il suo romanzo più impegnativo, “La bufera”, ebbe una vicenda editoriale piuttosto accidentata), né a liberarsi dall’Immagine di scrittore onesto ma fin troppo semplice. Ora, “Juliette” – come ricorda Leonardo Lattarulo nell’utile postfazione – è al prova che, sotto l’apparente semplicità di Calandra, si nascondono tensioni e inquietudini capaci di interessare anche il lettore di oggi. Al centro del romanzo, infatti, sta il cadavere mummificato di un ufficiale napoleonico caduto in battaglia. Pur avendo assistito alla morte del marito, la moglie – è convinta che l’uomo dorma e possa risvegliarsi da un momento all’altro; in preda a una forma gentile di pazzia, ne ha riportato il corpo a Torino e qui resta in attesa che il coma finisca. Una situazione alla Stephen King (che non a caso ha recentemente pagato un tributo critico al macabro ottocentesco con un puntiglioso saggio sui thriller dell’insospettabile Louisa May Alcott, l’autore di “Piccole donne”), a partire dalla quale Calandra sviluppa una personalissima variazione del tema degli amici rivali in amore. Di Juliette, infatti, è segretamente innamorato fin dall’infanzia il barone Vittorio Faulis, il quale, poco prima di essere imprigionato a causa del suo atteggiamento antifrancese, affida all’amico Remigio Di Monteu il compito di stare vicino alla bella malata. Prima di malavoglia, poi con sempre maggior assiduità Remigio va in visita alla villa che la follia di Juliette ha trasformato in mausoleo del marito che riesce a far dimenticare alla donna l’ossessione che la lega al morto. Che Remigio si innamori è chiaro, mentre molto più ambiguo rimane l’atteggiamento di Juliette, che allontanerà definitivamente da sé lo spasimante dopo la morte, di Vittorio, scarcerato giusto in tempo per morire (di sua mano, oltretutto) nel duello che lo oppone all’amico. Fin qui, verrebbe a dire, niente di nuovo: l’iniziale fascinazione del sovrannaturale (a un certo punto Remigio arriva a temere che la mummia possa essere in realtà un vampiro che si ciba della devozione di Juliette) cede il posto al dramma sentimentale, forse qualche rigo in più su del dovuto. Ma con un vero colpo da maestro Calandra riporta la vicenda a una dimensione più quotidiana e convincente mostrandoci l’incontro fra Remigio e Juliette a distanza di anni. Lui è un reduce dell’armata napoleonica, nella quale si era arruolato per dimenticare quell’amore impossibile; lei è una donna matura, non più così eterea, madre e sposa soddisfatta. Soltanto all’ultimo momento Remigio capisce che, per non essere a sua volta vittima del sortilegio della mummia, deve accettare di instaurare con Juliette una relazione priva di slanci passionali, tutta giocata sul registro di una decorosa rispettabilità borghese. Per succhiare energia ai vivi, suggerisce calandra, non sempre i morti hanno bisogno di diventare vampiri. E non è detto che un paletto piantato nel cuore sia l’unico modo per sconfiggerli.

Juliette - RASSEGNA STAMPA

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