Shifra Horn
Scorpion dance
Traduzione di Silvia Castoldi
La storia di Orion, un ragazzo che ha perso il padre durante la guerra dei Sei Giorni e che viene cresciuto da due donne nel quartiere di Old Katamon, è un viaggio di straordinaria intensità tra i suoni, i colori, i profumi e le ferite di Gerusalemme che dall’Olocausto giunge ai giorni nostri.
Orion porta sulle spalle il peso di un padre che non ha mai conosciuto, il dolore per l’abbandono della madre che, rimasta vedova troppo giovane, vola in Australia per risposarsi, e soprattutto il ricordo di Johanna, la nonna tedesca che parla un pessimo ebraico e odia la Germania.
Quando Orion incontrerà la sua Basherte, una cantante d’opera berlinese con cui vivrà un’appassionata storia d’amore, si troverà a fare i conti con la propria individualità, con il passato del popolo ebraico e con l’ultimo, essenziale, segreto di Johanna. E né Sarah, il pappagallo parlante dai sentimenti umani ereditato dalla nonna, né il glicine giapponese che avvolge con una forza soprannaturale la sua nuova casa, né Falada, il camioncino-biblioteca dotato di volontà propria e senso dell’umorismo, basteranno a salvarlo da un vortice di incertezza, sradicamento e lutto.
Come nella danza dello scorpione, questo romanzo – complici un sottile realismo e un lirismo sofisticato – si riavvolge in continui movimenti tra passato e presente, e ci accompagna attraverso la lotta per la sopravvivenza dei tre protagonisti, sempre in bilico tra il desiderio di ricordare e la necessità di dimenticare.
Shifra Horn, con lo sguardo di chi è abituato a interrogarsi sulla propria storia, è abilissima nel mescolare l’amore e le relazioni umane a questioni difficili come il tema della memoria e dell’identità.
«Horn racconta questa storia d’amore mimando una danza pericolosa e fatale, sempre oscillante tra sollievo e dolore. Ma c’è di più: lo fa con lo sguardo di un uomo pieno di riconoscenza per il femminile, indulgente sui suoi difetti, protettivo con i suoi dolori. Lo stesso sguardo si posa su Gerusalemme e sulle sue ferite, antiche e nuove. Così vediamo la città impallidire di polvere, riempirsi di fiori e di erbacce, splendere e ardere di sole. Come uno scrigno in cui siano rinchiuse troppe, contrastanti emozioni».
Lara Crinò, «D di repubblica»
«Il miglior romanzo di Shifra Horn. Crea dipendenza, è tanto sensuale quanto sottile e intelligente. Valeva la pena di aspettare».
Chaya Hoffman, Critica letteraria
«Un romanzo meraviglioso, mozzafiato, scritto con amore. Volevo non finisse mai».
Asher Kesher, critico letterario