Un indimenticabile sguardo femminile sulla vita ai tempi del nazismo.
Carmen Korn, nata a Colonia nel 1952, oltre che giornalista e saggista è prolifica autrice di opere per ragazzi e adulti di straordinario successo, grazie soprattutto a quello che sta diventando un caso editoriale, la trilogia Jahrhundert o del secolo, storia delle vicende personali di quattro amiche intrecciate agli avvenimenti storici che hanno contrassegnato il ‘900. Figlia di un compositore e nuora di un regista, seguendo il padre nelle sue tournée l’autrice ha avuto modo sin da bambina di conoscere e apprezzare l’Italia, oltre che per le bellezze naturali, come ha dichiarato in un’intervista, per la cucina e la cinematografia.
Figlie di una nuova era, in prossima pubblicazione da Fazi Editore, per la traduzione di Manuela Francescon e Stefano Jorio, è il primo episodio della predetta trilogia, che con l’ultimo capitolo arriva ad abbracciare tutto il novecento. Microcosmo di piccoli avvenimenti in cui si riflette “la grande storia”, il romanzo raccoglie “aneddoti e storie di luoghi, in particolare di Amburgo” ha dichiarato la Korn, aggiungendo in un’altra intervista di essersi “ispirata alle donne della sua famiglia, che hanno vissuto due generazioni prima di lei”.
Racchiuso in un arco temporale che va dal marzo 1919 al luglio 1948, Figlie di una nuova era racconta l’amicizia tra Henny, Käthe, Lina e Ida, molto diverse tra loro per estrazione sociale e tratti caratteriali, ma unite da una umanità che impedisce loro di piegarsi all’ideologia nazista, da una libertà interiore in virtù della quale non sono disposte a rinunciare alla propria realizzazione personale per dedicarsi alla famiglia, e da un’ansia di vita che non arretra nemmeno davanti all’orrore.
L’incipit, inno alla speranza ritrovata, con la diciannovenne Henny che, assaporando il ritorno alla vita dopo la guerra, è piena di aspettative per ciò che verrà, si salda con l’epilogo, intriso di fiducia in un futuro nuovo (narrato nel secondo volume della trilogia, già diventato un bestseller internazionale), aperto al riconoscimento della dignità e uguaglianza di tutti, alla cultura e al mondo.
HENNY ERA MOLTO FIERA DI SUA FIGLIA: LE SEMBRAVA IL PRIMO PASSO DI UNA NUOVA GENERAZIONE SULLA VIA CHE LEI STESSA AVEVA INAUGURATO.
(…) SI GUARDAVA CON FIDUCIA ALLA NUOVA MONETA ED ERANO TEMPI OTTIMI PER VENDERE LIBRI. LA CURIOSITÀ, RIMASTA INSODDISFATTA PER TANTI ANNI, ERA ANDATA ACCUMULANDOSI.
In mezzo si dipanano le storie delle 4 protagoniste, dalle origini della loro amicizia alla scoperta dell’amore, dall’ingresso nel mondo del lavoro ai matrimoni sino alla nascita di figli e nipoti. Tra antichi segreti e romantiche quotidianità, funerali e feste, imprevedibili generosità e sconvolgenti delazioni, in una caleidoscopica altalena che trascina i lettori con sé il romanzo segue le amiche sino alla soglia dei loro 50 anni, sullo sfondo di una povertà sociale ingigantita dalla spaventosa svalutazione del marco, che crea l’humus favorevole all’ascesa hitleriana. Mentre nel privato delle protagoniste si susseguono gioie e dolori, intorno a loro prende infatti corpo il folle progetto nazista e scorrono eventi destinati a cambiare il destino del mondo, dall’incendio del Reichstag, addossato al giovane Van der Lubbe allo scopo di giustificare l’epurazione dei comunisti, all’assassinio del diplomatico tedesco E. vom Rath da parte dello studente ebreo H. Grynszpan, che fornisce il pretesto per l’atroce “Notte dei cristalli”, il tutto descritto con asciutto stile giornalistico.
Ciò rende il romanzo una penetrante riflessione, lontana sia da vergognosi tentativi di negazionismo/giustificazionismo sia da facili sensazionalismi, sulla storia della Germania nazista, narrata non dal punto di vista di vittime in cerca di pacificazione col proprio passato o di carnefici ansiosi di riscatto ma di chi, senza aderirvi né esserne direttamente colpito, il nazismo lo ha subito nei suoi devastanti effetti indiretti.
La narrazione è pervasa da un dualismo inquietante quanto avvincente, da un lato la multiforme bellezza della vita che sa resistere a qualunque trauma, dall’altro la “banalità” del male, che prima di deflagrare s’insinua in modo strisciante nella quotidianità della gente. Un male capace di trasformare il mondo in un “teatro dell’assurdo”, animato da cacce alle streghe i cui propulsori sono spesso gentili conoscenti/quasi amici, in una scioccante “normalizzazione” dell’orrore il cui pathos, tanto più tragico quanto più trattenuto, ricorda quello di “Destinatario sconosciuto”. Come nel romanzo della Kressmann Taylor, la lente d’ingrandimento non è direttamente rivolta alle atrocità naziste, ma alla facilità con cui sono accolte dalle masse, troppo abbruttite dagli stenti e bramose di migliorare la qualità della propria vita per preoccuparsi delle sorti altrui.
ALL’INIZIO DELL’ANNO C’ERANO STATE DELLE FIACCOLATE. MA POI NESSUNA SOLLEVAZIONE. SOLO UOMINI AFFABILI CHE ANNUIVANO.
Il “serpente” nazista di bergmaniana memoria seduce in primo luogo giovani sempliciotti in cerca di ideologie totalizzanti (Gustav Lüder, il figlio dei vicini di casa di Henny che vorrebbe impedirle di entrare in un negozio ebraico su indicazione del Führer ne è l’emblema, come il neonazista de “Le mele di Adamo”), per poi avviluppare moltissima gente comune, resa cieca dal revanchismo nazionalista e dalla spaventosa crisi economico/culturale.
QUELL’UOMO ERA PERICOLOSO. AMPI SETTORI DELLA POPOLAZIONE LO ADORAVANO. ACCENDEVA GLI ANIMI CON LA FACILITÀ DI UN INCENDIO IN UN BOSCO ARIDO, ED ERANO IN POCHI A STORCERE IL NASO DI FRONTE ALLE SUE FARNETICAZIONI. DAL NAZIONALISMO AL POPULISMO, E DA QUESTO AL PIÙ BIECO FASCISMO, IL PASSO ERA BREVE.
Il “serpente” non cattura però le amiche Figlie della nuova era che, pur essendone circondate, grazie al reciproco sostegno e a una non comune forza d’animo, si ribellano ciascuna a suo modo, nonostante sappiano di rischiare la vita.
La solare Henny, insieme all’amica di sempre Käthe, a 19 anni inizia l’addestramento ostetrico in un ospedale. Pur essendo forte e indipendente, è in cerca di una stabilità affettiva che continua a sfuggirle.
Ida, altoborghese per nascita e matrimonio, malgrado il lusso in cui vive si sente prigioniera di un mondo che la opprime. “Venduta” dal padre al banchiere Campmann, che fa affari coi nazisti, per salvare la famiglia dalla bancarotta lo sposa, pur essendo innamorata corrisposta del povero cinese Tiang, cui l’accomuna un’“avida curiosità verso la vita”. Nella seconda parte del romanzo anche lei trova la forza di attuare il suo “cambio di rotta”, coronando molti dei suoi sogni.
Käthe è la “pasionaria” del gruppo amicale, la più consapevole di quanto Hitler sia un “pericolo senza fine per qualunque essere vivente”. Ribelle e salda nella fede comunista come nell’amore coniugale, è per le altre un modello di fermezza e generosità, tanto che è un suo gesto pietoso, compiuto verso un ragazzotto nazista e disertore, a precipitarla verso un tragico destino (per conoscere esattamente il quale bisognerà attendere il secondo capitolo della trilogia).
Insieme a Käthe, la più coraggiosa e anticonvenzionale delle amiche è l’insegnante poi libraia Lina, che ha idee progressiste sulla scuola (è profetica nel ritenere che non dovrebbe più esserci separazione tra i sessi e risoluta nell’imputare alla vecchia pedagogia una parte di responsabilità della guerra. “Era stato tirato su un esercito di sudditi”) e sulla sessualità. Da ragazzina s’innamora dell’insegnante di disegno, poi sperimenta l’amore col dottor Landmann per conoscersi meglio, dopodiché, in un’epoca pericolosamente omofobica come quella della Repubblica di Weimar, accetta di vivere con gioiosa pienezza la propria omosessualità, intrecciando una stabile relazione con l’ottimista e premurosa Louise.
Sullo sfondo di una rigorosa ricostruzione storico-documentaristica, Korn delinea con grande acume e un’empatia che annulla la distanza spazio-temporale i suoi personaggi, compresi quelli maschili.
Rudy, l’uomo di Käthe, è un romantico “principe dei poeti”, i cui oscuri natali nascondono sorprendenti origini italiane. Innamorato delle parole scritte, premuroso marito e figlio, è condannato dalla fede comunista e dalla devozione verso i compagni a un destino di violenze, carcerazione ed esilio. Indimenticabile anche il “sognatore” Lud, fratello di Lina e primo marito di Henny, inguaribile ottimista che ama costruire romantici scrigni dentro cui mettere ciocche di capelli. Ma a restare impresso nella memoria è soprattutto Landmann, medico ebreo che alle competenze professionali unisce un’infaticabile solidarietà verso chiunque abbia bisogno di lui. Il medico, la cui disillusa consapevolezza richiama alla mente lo Scriver dagermaniano e il suo timore che l’uomo moderno sia costretto a smettere anche di pensare, rifiuta di accettare un mondo devastato dalla guerra e dal veleno nazista, e reagisce con un estremo gesto di ribellione.
Vita e morte (simboleggiate dalla clinica in cui lavorano Henny e Käthe), amicizia/amore e devastanti lutti percorrono tutto il romanzo, come fili intrecciati a formare una sorta di inno alla forza della vita, malgrado la tragicità talora sconvolgente di cui è intrisa e la precarietà. “Sappiamo di essere effimeri” recita Rudy citando Brecht. Una precarietà per rendere tollerabile la quale le eroine della Korn condividono un percorso che le rafforza come amiche e come persone: quello di vivere con intensità e coraggio, senza rinunciare né a ribellarsi all’orrore né a inseguire i propri sogni. Perché sanno che solo inseguendoli, come scriveva un altro grande tedesco, Herman Hesse, è possibile al di là di ogni sventura che “la vita diventi facile”.
Figlie di una nuova era di Carmen Korn, primo romanzo della Jahrhundert–Trilogie: un imperdibile viaggio nel cuore del ‘900, che esplora il significato di amicizia, amore, vita, e la resilienza di donne coraggio davanti alla barbarie nazista.
Giorgia Rovere