«La vita è uno schifo» visto da Léo Malet

•   Il blog di Fazi Editore - La voce degli autori
A A A

Riportiamo una testimonianza di quanto Léo Malet tenesse al primo romanzo che compone la Trilogia Nera, di quanto lo considerasse di caratura superiore ai libri polizieschi per i quali era giustamente famoso, e soprattutto di quanto detestasse essere confuso con la narrativa dozzinale che in quegli anni cominciava ad avere grande successo in Francia.

 

Per una sorta di gusto ironico, chiamo questo libro un “romanzo dolce”. E credo che, nonostante gli otto o nove omicidi che lo costellano, l’etichetta gli stia a pennello, nella misura in cui il suo sanguinario e misero eroe è un tenero, afflitto da una timidezza patologica che gli chiede di affermare la propria virilità, di cui dubita, attraverso il trucco banalmente simbolico del revolver.

Inizialmente, mi ero proposto di mostrare la degenerazione di un “bandito ideologico” (modello Bonnot) in volgare criminale comune. Dalla sua messa in cantiere, questo studio sociale si è trasformato in esposizione di un tragico complesso di inferiorità. Ho ceduto al fascino dell’utilizzo della psicanalisi considerata come metodo d’indagine abbastanza vicino, grosso modo, a quello degli investigatori dei romanzi. La mia specialità – questo libro non deve farlo dimenticare – è l’intrigo poliziesco, dalla cui influenza La vita è uno schifo non è del tutto libero. Freud vi gioca il ruolo abitualmente riservato al brillante investigatore. Bracca nell’inconscio il colpevole, che è allo stesso tempo la vittima.

È una tesi medica, ha sacramentato la critica, aggiungendo che questo fatto non aveva nessun rapporto con la letteratura. Confesso di non aver cercato di fare né letteratura né antiletteratura.

Nel 1948 queste discriminazioni mi parevano superate. Con l’aiuto dei sogni e dei ricordi personali, di interpretazioni forse abusive del comportamento di grandi criminali, ho cercato di emettere un violento e brutale lamento amoroso, perché questo libro, in fin dei conti, è un romanzo d’amore e di passione, una disperata ricerca dell’assoluto affettivo, in cui ogni pagina porta in filigrana l’immagine onnipotente della donna, imperiosamente campeggiante sopra i tacchi a forma di pugnale delle sue scarpe assassine, con nei capelli e negli occhi i riflessi mortali dell’oro. Per questo mi spiacerebbe che, a causa di alcuni scabrosi passaggi, si confondesse questo romanzo con l’erotismo dozzinale oggi tanto in voga. La vita è uno schifo è un’altra cosa.

Léo Malet (da «Fiches littéraires», n. 4, maggio 1948)

Privacy Policy   •   Cookie Policy   •   Web Design by Liquid Factory