Le maschere borghesi svelate da Ivy Compton-Burnett

•   Il blog di Fazi Editore - Parola ai traduttori
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Compton

In occasione dell’uscita di Servo e serva, la traduttrice Manuela Francescon presenta il nuovo romanzo di Ivy Compton-Burnett.

 

Qualcuno ha scritto che l’opera di Ivy Compton-Burnett è costituita da un unico romanzo, riscritto e rimodulato in ben diciotto titoli diversi.

A questa tenace e spietata signorina edoardiana non interessa sorprendere il lettore con trame spiazzanti o personaggi originali. Le sorprese e i segreti nascosti nei suoi interni alto borghesi, di provincia e dalla grandeur impolverata, sono perlopiù maschere che cadono, strati su strati di convenzioni che si disseccano e lasciano scoperto sempre lo stesso nucleo vitale fatto di asservimento, prevaricazione, dolorosa ribellione destinata al fallimento.

Anche le relazioni umane più innocue, come quella fra due domestici che prendono il tè in cucina durante una pausa, sono inquadrate in una gerarchia ben nota a tutti, e ognuno deve stare al proprio posto per non mettere in pericolo l’ordine sociale che è il solo garante della pace, del decoro e della possibilità per tutti di vivere al riparo da una povertà troppo nera, anche se non al riparo da cocenti umiliazioni.

In Servo e serva questo “ordine” è mostrato in vari momenti della sua crisi e del suo riconsolidamento.

Il tiranno di turno, il signorotto di campagna Horace Lamb, sente di avere i piedi piantati su un piedistallo traballante: prima di tutto i soldi non sono suoi ma di sua moglie Charlotte, che pur sottostando alla legge che le impone di cedere al marito la gestione delle sue proprietà, dà segni preoccupanti di irrequietezza. Infatti, Charlotte ha una relazione con il cugino di Horace, Mortimer, che non lavora e non ha ereditato altro che il diritto di vivere sotto il tetto di famiglia e naturalmente sotto il rigido controllo del pater familias.  Completano il quadro familiare i sei figli della coppia, creature dickensiane, magre, lacere, infreddolite e derise a dispetto dei mezzi relativamente ampi di cui godrebbero i Lamb.

Horace però è almeno in parte un tiranno refrattario, che soffre a imporre la propria disciplina e lo fa in modo goffo e inefficace, non senza qualche tratto comico. Quando Charlotte parte per un lungo viaggio, il tiranno sembra perdere uno dei suoi pilastri e s’intenerisce. Vuole essere un padre amato e parla di sé stesso come di una terza persona bizzosa, il cui cattivo carattere si sta sforzando di controllare e correggere. Durante l’assenza di Charlotte, Horace assume un insegnante privato per i ragazzi, Gideon, e avvia un rapporto di amicizia con la sua famiglia medio borghese, mostrando un inedito volto pacato, riflessivo e dolente del ruolo ingrato che gli tocca esercitare, quello appunto del tiranno. Il nuovo corso di casa Lamb è simboleggiato dal bel fuoco che ora arde prodigo e allegro nel camino della sala da pranzo, mentre prima si tremava tutti dal freddo perché il padrone di casa credeva nella parsimonia e nel potere corroborante delle privazioni.

Il suo nuovo corso “democratico” però ha esposto la sua persona a una serie di minacce: ma quello che più interessa a Compton-Burnett è mostrare lo smarrimento dei sudditi di fronte alla inaudita possibilità che il tiranno li lasci finalmente liberi. Il vecchio sistema basato sul potere afferma così con forza moltiplicata la sua inevitabilità: non solo il tiranno ha bisogno di esercitare il potere per non rischiare di essere abbattuto, ma coloro che subiscono il potere non sanno vivere senza: la ferita iniziale che hanno subito non può rimarginarsi, l’affetto poggia su una cicatrice e il muscolo della subordinazione invece è fin troppo allenato.

Osservatori partecipi di questo dramma familiare sono i domestici, protagonisti di una seconda vicenda che ha al centro la ribellione di un giovane cameriere al potere combinato del maggiordomo e del padrone: ma anch’essa è scomposta e inutile, destinata solo a riaffermare con più forza il sistema contro cui si è levata.

Che il dramma si svolga upstairs o downstairs, davanti a tazze di fine porcellana o a quelle sbeccate della cucina, Compton-Burnett sta mostrando la stessa cosa: la servitù in tutte le sue declinazioni a cominciare da quelle familiari, protagonista assoluta di questo romanzo.

 

Manuela Francescon

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