In occasione dell’uscita de I patrioti, Velia Februari racconta la sua esperienza con la traduzione del romanzo di Sana Krasikov.
In genere per me l’incontro con un romanzo da tradurre è una specie di appuntamento al buio. Solo di rado capita la fortuna di imbattersi in una storia con lo stile, il respiro, il passo giusto con la quale si entra subito in sintonia, rendendosi conto che ci si trova di fronte al libro che si vorrebbe aver scritto; e allora il rigore e la devozione che caratterizzano il mio mestiere non hanno il sapore del sacrificio o della rinuncia, ma solo dello slancio amoroso. E così è stato con I patrioti.
L’autrice, Sana Krasikov, classe 1979, è nata in Ucraina ed è cresciuta in Georgia e negli Stati Uniti, dove vive attualmente. Il primo spunto per la trama l’ha ricevuto da un amico, figlio di americani che decisero di trasferirsi in Unione Sovietica durante gli anni della Grande Depressione per sfuggire alla miseria e inseguire i propri ideali politici. I patrioti è una saga familiare che attraversa tre generazioni e spazia dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica; scritto principalmente in inglese, è un romanzo ricco di espressioni in russo, ebraico e yiddish, colmo di riferimenti agli eventi storici che hanno avuto luogo dagli anni ’30 fino al 2008, dalla Grande depressione alle Grandi purghe staliniane, dalla Seconda guerra mondiale alla Guerra fredda, fin quasi ai giorni nostri.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: la traduzione de I patrioti non è stata una passeggiata. La prima grande difficoltà che ho dovuto superare è stata quella legata al multilinguismo. Non conoscendo una sillaba di russo, sono stata accompagnata per quasi tutti i sei mesi di lavoro da un’amica slavista che si è occupata della traslitterazione di miriadi di nomi, parole e di frasi che punteggiano il romanzo (ancora grazie, carissima Sara!). Un glossario? No, non ho ritenuto fosse necessario. Oggi sempre meno romanzi parlano un’unica lingua; lo straniamento linguistico, oltre a essere un artificio retorico, è spesso anche il riflesso dell’identità dell’autore, che non può e non deve essere snaturata o “addomesticata”, come si dice in gergo.
Il multilinguismo, però, non è stato l’unico ostacolo che ho dovuto superare. L’autrice ha svolto un’intensa attività di ricerca storica prima della stesura del romanzo, prova ne è il fatto che nei ringraziamenti lei stessa afferma di aver letto “centinaia di giornali, interviste e saggi”. Nei mesi che ho impiegato per tradurre il libro non avevo il tempo materiale per reperire e consultare tutte le fonti, perciò mi sono limitata a qualche testo basilare: il monumentale Arcipelago Gulag di Solženicyn, Tutto scorre… di Grossman (citato nel romanzo stesso), Stalin’s Secret Pogrom di J. Rubenstein e V.P. Naumov sulle attività, la persecuzione e lo sterminio dei membri del Comitato Ebraico Antifascista, The Forsaken: An American Tragedy in Stalin’s Russia di Tim Tzouliadis, la storia di migliaia di americani che emigrarono in Unione Sovietica negli anni ‘30 (di cui esiste un’edizione italiana), e infine mi sono documentata su Birobidžan, dove nel 1934 Stalin istituì la Regione Autonoma Ebraica. Se per Krasikov la ricerca è stata preliminare, per me è stata consequenziale. Un’autentica (ri)scoperta, per una come me che era a digiuno di lezioni di storia da quasi trent’anni. Insomma, è stato faticoso; lavorare con devozione e rigore lo è sempre. Per fortuna ho avuto al mio fianco una coppia formidabile, Margherita ed Enrico, che si sono occupati della revisione delle bozze e hanno limato refusi, ripetizioni, frasi involute e poco comprensibili. I loro occhi hanno visto ciò che i miei avevano ignorato.
Con mio rammarico (non vedevo l’ora che venisse alla luce), il romanzo ha dovuto attendere prima di essere pubblicato. E forse era destino che I patrioti non uscisse subito, perché nel frattempo è scoppiata una guerra che coinvolge proprio i Paesi che ho appena citato. L’Ucraina, dove Krasikov è nata, e la Russia, dove è ambientata gran parte della storia. Il romanzo parla, principalmente, del rapporto tra individuo e Storia, tra idealismo e realtà, e investiga il concetto di patriottismo in tutte le sue sfaccettature. Ambientato nel passato, I patrioti non potrebbe essere più attuale poiché offre inediti e puntuali spunti di riflessione sui più recenti sviluppi di politica internazionale.
Per concludere, una curiosità: Krasikov è, insieme al marito, coautrice di un podcast dal titolo Rough Translations, “traduzioni approssimative”. Garantisco che in questo romanzo non c’è niente di approssimativo – né, mi auguro, nella traduzione – a meno di ignorare la connotazione negativa del termine “approssimare” e risalire alla sua etimologia di “rendere vicino”, avvicinare e mettere in contatto mondi, culture e storie che altrimenti non si incontrerebbero mai, che è poi il senso ultimo della traduzione.
Velia Februari