Gli anni della leggerezza: la recensione di una lettrice

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Gli anni della leggerezza recensione

Pubblichiamo la recensione de Gli anni della leggerezza di Nicoletta Coccia che, dopo aver partecipato al concorso sulla nostra pagina Facebook, ha letto in anteprima il primo volume della saga dei Cazalet, l’opera più importante della scrittrice inglese Elizabeth Jane Howard.

 

Sono stata curiosa fin da piccola. Ero una bambina che chiedeva il perché delle cose, cosa ci fosse dietro una porta chiusa, dove portavano le strade che non imboccavamo, ma soprattutto chiedevo a chiunque “A cosa stai pensando?”.

A questa domanda (che mi sono portata dietro fin nell’età adulta) risponde compiutamente “Gli anni della leggerezza” di Elizabeth Jane Howard, romanzo che ha appagato pienamente la mia curiosità. Da subito ci sente a proprio agio: si possono sondare tutti i pensieri di tutti i personaggi e le domande “Chissà a cosa pensa, chissà come ha preso questo fatto” non restano mai irrisolte. I passaggi dai pensieri di un personaggio all’altro sono fluidi e scorrevoli, anche perché la scrittrice ha una mirabile capacità di adeguare il registro di scrittura a seconda di chi sta “pensando” in quel momento, sia esso maschio o femmina, giovane, adulto o addirittura bambino.

Inizialmente sembra che nulla succeda, che ogni capitolo nella vita della famiglia Cazalet si sussegua pigro e monotono, ma, più ci si inoltra nella lettura, più si capisce che di cose ne accadono eccome, solo che il contesto sociale dell’epoca prevedeva che tutti gli attori delle vicende, anche estremamente intime e personali, rimanessero imperturbabili quantomeno di facciata. Anche se poi, di fatto, nemmeno nell’intimità del legame coniugale o nel rapporto genitori/figli era previsto e consentito che si parlasse dei propri reali sentimenti e sensazioni. La crescente irritazione che ho provato leggendo delle dinamiche di coppia tra Sybil e Hugh – “Ma caspita! E parlatevi con sincerità almeno una volta in vita vostra!” – ne è la riprova.

Lo sguardo tagliente e impietoso della Howard non risparmia nemmeno i più piccoli. I “giovani” di famiglia sono preadolescenti e bimbi appena usciti dall’infanzia; anche i loro rapporti hanno regole e confini precisi e la loro vita è scandita da impegni e rituali, sociali e casalinghi, ai quali non possono derogare. Si potrebbe pensare che il titolo del libro si riferisca proprio a loro, i più piccoli: quelli descritti sono i loro “anni della leggerezza”, quando tutto andava ancora bene, quando trascorrevano lunghe vacanze estive nel Sussex con la famiglia e la loro maggiore preoccupazione era preparare il funerale per la medusa Bexhill che il piccolo Neville aveva voluto portare a tutti i costi a casa.

Fra tutti i ragazzi più giovani spicca decisamente la spigliata Louise. Ragazzina istrionica e curiosa, vagamente impertinente e con attitudini da leader, che da subito è diventata il mio personaggio preferito. Leggendo la biografia dell’autrice, si notano tante, troppe similitudini tra la Howard e Louise, viene quindi naturale chiedersi quanto ci sia di autobiografico in questo personaggio.

La storia si apre nel 1937, l’anno precedente all’entrata in guerra dell’Inghilterra, con una panoramica su questa famiglia dell’alta borghesia dai forti retaggi vittoriani, che faticosamente cerca di transitare nell’era moderna, ma che non vuole rinunciare alle tradizioni di fine secolo che tanti agi portano a famiglie di elevato benessere economico, anche se non nobili. Quando parlano le donne della famiglia (la Duchessa, Villy, Sybil e Zoe) si deve fare uno sforzo di immaginazione per non figurarsele vestite con quegli abiti lunghi, con maniche a sbuffo e colletto alto rigidamente chiuso, tipicamente vittoriani. Sono proprio le figure femminili le più affascinanti, reale motore della trama, diverse fra loro nel carattere e nelle impostazioni famigliari, eppure tutte ugualmente represse, insicure, insoddisfatte del ruolo imposto dalla società e dalla famiglia (sia quella di provenienza che quella acquisita) di madri e governanti della casa. Sullo sfondo si muove lo stuolo di cameriere, cuoche, bambinaie, istitutrici, governanti, autisti e giardinieri che sono comprimari discreti, ma sempre presenti e indispensabili per il corretto svolgimento di tutte quelle attività che non si addicono a rispettabili madri e mogli di famiglia.

Gli uomini di casa Cazalet sono ciò che sono. Sembra una frase fatta, ma è esattamente così: quello che vedi è quello che avrai.

Hugh, il maggiore dei 3 figli, ha una sensibilità introversa che fa quasi tenerezza. Gravemente menomato durante la Prima Guerra Mondiale, è il più intelligente e sensibile della famiglia, però non prende mai posizione, non contraddice la moglie Sybil, non ha un ruolo primario nell’azienda di legname della famiglia pur essendo il più preparato.

Edward, il figlio di mezzo, è bellissimo, fatuo, imperturbabile: commette la peggiore nefandezza che un uomo possa compiere e non se ne cura minimante. Non si cura di nulla, né della guerra imminente, né della moglie che tradisce quasi inconsapevolmente (e naturalmente lei sa, ma lascia correre come ci si aspetta che faccia una buona moglie).

Infine Rupert, ultimogenito, al quale è concesso di deviare dalla rotta prestabilita, anche se non per molto. Vedovo e sposato in seconde nozze con la bellissima e vuota Zoe, e con il tempo si rende conto di aver fatto un errore di valutazione, ma, come sempre, non se ne parla. Si può ‘pensare’ di aver commesso un errore, ma non se ne deve mai, mai, mai parlare. In questo ricorda in qualche modo la cognata Villy, moglie di Edward, che ha scarificato un futuro nella danza per sposarsi, ma negli anni ha compreso che la vacuità della vita che ha scelto e che ha malamente riempito di hobby tanto travolgenti quanto passeggeri, non potrà mai soddisfarla come avrebbe fatto continuando a ballare.

I capostipiti Generale e Duchessa (sono naturalmente degli affettuosi soprannomi), hanno anche una figlia, Rachel, terza in ordine di successione, rimasta nubile per scelta e che è protagonista di un inaspettato colpo di scena, del quale non voglio anticipare nulla, ma che apre ad interessanti spunti e riflessioni su una tematica ancora oggi molto dibattuta.

Un’ultima nota personale: i valori, le imposizioni della società, le regole familiari e le innovazioni tecnologiche descritte dalla Howard sembrano lontanissime nel tempo, quasi “da libri di storia” e con nessuna attinenza alla nostra frenetica vita moderna, ma, a un certo punto, mi sono resa che conto che Wills, l’ultimo nato, è quasi coetaneo di mio padre. Questa correlazione mi ha così destabilizzata che mi è sembrato di essere stata catapultata in un varco spazio-dimensionale. Quante regole soffocanti che paiono estranee alla vita di oggi, appartengono invece a una generazione fa, non tanto lontana nel tempo! Per questo ne consiglio a tutti la lettura, ma particolarmente alle donne che lamentano la mancata parità tra i sessi: se quella descritta nel libro era la situazione nella quale si trovavano le donne non più di 75 anni fa, possiamo solo complimentarci per l’immane passo in avanti che abbiamo compiuto rispetto ad allora!

Nicoletta Coccia

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