Il rimedio miracoloso: tra denuncia sociale, immaginifica avventura e imperdibile humour

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Wells rimedio miracoloso

In occasione dell’uscita de Il rimedio miracoloso di H.G. Wells pubblichiamo la recensione di Giorgia Rovere al romanzo, un grande classico da riscoprire.

 

Il rimedio miracoloso, considerato dallo stesso autore il suo romanzo più compiuto, è stato scritto nel 1908 da H.G. Wells, uno dei più celebri scrittori inglesi della sua epoca.

Vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900 Wells, dapprima commesso autodidatta, poi studente/assistente scolastico sino alla laurea in biologia, tra saggi e opere di narrativa scrisse oltre 100 opere ma fu anche insegnante, giornalista e influente opinionista. Pacifista e fervente sostenitore del socialismo, cui partecipò attivamente, anche attraverso l’adesione al fabianesimo, movimento riformista che fu determinante per la nascita del Labour Party, in seguito alla prima guerra mondiale elaborò l’idea di uno Stato Universale capace di superare le barriere nazionali e di evitare lo scoppio di ulteriori conflitti, che sottopose ai massimi esponenti dei due blocchi contrapposti, Roosevelt e Stalin. In parallelo all’evoluzione della sua visione politico/sociologica, come scrittore Wells sentì il bisogno di superare i confini del mondo reale, partendo da una lettura inquietante e distopica del progresso scientifico per approdare alla sua esaltazione come unico mezzo di riscatto per la razza umana. A tal fine si dedicò a tematiche quali il superamento delle barriere temporali, le potenzialità della sperimentazione genetica, l’invasione degli extraterrestri e molti altre, destinate a garantirgli uno straordinario successo e a meritargli, oltre alla definizione di “uomo che inventò il domani” e alla consacrazione come uno dei Padri Fondatori, insieme a Jules Verne, del romanzo scientifico e della moderna fantascienza, l’onore dell’attribuzione del proprio nome a due crateri, uno sulla Luna e l’altro su Marte

Figlio di un giardiniere, divenuto col tempo piccolo commerciante e giocatore professionista di cricket, e di una domestica, Wells ebbe una vita estremamente intensa sia sul piano sentimentale che lavorativo, iniziando a lavorare da bambino e riuscendo ad elevarsi socialmente, prima di iniziare la carriera di scrittore, solo grazie a un ingegno straordinariamente versatile e precoce. Relativamente alla sfera personale intrecciò una moltitudine di relazioni sentimentali, anche con scrittrici del calibro di Elizabeth von Arnim – da lui definita la donna più intelligente della sua epoca – e di Rebecca West, da cui ebbe il figlio Anthony

Inserito nella produzione wellsiana “centrale”, costituita da opere brillanti a carattere realistico e sfondo autobiografico, e per ammissione dello stesso autore il più meditato tra i suoi scritti (vi si dedicò per circa due anni), Il rimedio miracoloso – titolo originale Tono-Bungay – è un romanzo di formazione e insieme sociale, tra Balzac, Swift e Dickens, capace di fondere armoniosamente aspetto divulgativo-ideologico e forza narrativa.

Il romanzo, in pubblicazione presso Fazi nella traduzione di Chiara Vatteroni, narra le vicende della sua voce narrante George Ponderevo, che viene seguito nelle diverse fasi della vita, dall’infanzia nella campagna inglese, nella signorile dimora di Bladesover in cui la madre lavora come governante, sino alla maturità, passando dall’idealismo della prima giovinezza al successivo asservimento al profitto, tra sofferte storie d’amore e connivenze truffaldine, geniali invenzioni e pioneristici voli. Ed è in parallelo la storia della folgorante ascesa/caduta a mo’ di cometa dello zio di George, Edward Ponderevo, che da umile farmacista di paese si trasforma in potentissimo imprenditore, grazie al “rimedio miracoloso” di sua invenzione e all’aiuto dello stesso nipote, il cui destino sarà sino alla fine legato al suo. Tra campagne pubblicitarie che millantano effetti miracolosi e illustri trascorsi, blasonate relazioni e audaci spedizioni macchiate di sangue, la storia del miracoloso Tono-Bungay e dell’impero economico dei Ponderevo si fa inquietante metafora del capitalismo rampante. Ma l’epilogo, potentemente visionario e poetico nonostante il disincanto, sembra aprire una breccia nel lucido pessimismo dell’autore, costituendo uno struggente omaggio alla forza della vita, il cui misterioso e incessante procedere nel ventoso chiarore stellare, sopra le lunghe onde nere, ricorda l’infinito movimento del mare.

ATTRAVERSO LA CONFUSIONE QUALCOSA AVANZA, QUALCOSA CHE È ALLO STESSO TEMPO UN’IMPRESA UMANA E LA PIÙ INUMANA DI TUTTE LE COSE ESISTENTI. (…) È UN QUALCOSA, UNA CARATTERISTICA, UN ELEMENTO CHE FORSE SI PUÒ TROVARE NEI COLORI, NELLE FORME, NEI SUONI, NEI PENSIERI. EMERGE DALLA VITA, IN OGNI ANNO DI VITA VISSUTA E SENSAZIONI, GENERAZIONE DOPO GENERAZIONE, EPOCA DOPO EPOCA, MA IL COME E IL PERCHÉ SONO TUTTI E DUE AL DI LÀ DELLE MIE POSSIBILITÀ MENTALI… E TUTTAVIA IL SUO PIENO SIGNIFICATO MI È STATO ACCANTO PER TUTTA QUELLA NOTTE MENTRE AVANZAVO, SOLO AL DI SOPRA DEL TRAMBUSTO E DEL BRUSIO DEI MOTORI, AL LARGO, SULLA TUMULTUOSA CIRCONFERENZA DEL MARE…

Pur tenendo qui a freno quella accesa immaginazione distopica, traduzione delle ansie borghesi di fronte ai mutamenti epocali di fine secolo, che permea molti dei suoi celebri romanzi divenuti pilastri del genere fantascientifico, da La macchina de tempo a La guerra dei mondi (il cui adattamento radiofonico da parte di Orson Welles nel 1938, fece scalpore per aver scatenato il panico nelle città della costa orientale degli Stati Uniti) in Il rimedio miracoloso Wells sviluppa due delle sue tematiche/marchi di fabbrica, il dinamismo visionario anticipatore del futuro e la fiducia nel ruolo salvifico della scienza.

SE RIUSCITE AD ARRIVARE FINO A LEI NON VI ABBANDONERÀ; APPARTERRÀ PER SEMPRE A VOI E AL GENERE UMANO. È LA REALTÀ, L’UNICA REALTÀ CHE HO TROVATO IN QUESTO STRANO DISORDINE DELL’ESISTENZA.

In parte autobiografico in parte – pare – ispirato alla parabola umana del truffatore finanziario Whitaker Wright, Il rimedio miracoloso tratteggia, con mano iperrealista intrisa di humour alla Elizabeth von Arnim, amabile ma nondimeno intensamente pungente, il contesto sociale dell’Inghilterra a cavallo tra ‘800 e ‘900, con particolare riguardo al suo chapliniano fervore inventivo.

È un’opera di godibilissima lettura, la cui messa a nudo delle lacrime e del sangue di cui gronda il mantello della grande imprenditoria permette di leggerlo anche come parabola tragicomica sulle nefandezze che spesso si celano dietro la nascita degli imperi finanziari e sulla facilità con cui anche persone di nobile indole possono trasformarsi in cinici predatori. Ma la critica sociale wellsiana è, soprattutto, incredibilmente moderna, perché il suo capitalismo di fine ‘8oo presenta la stessa induzione di inesistenti bisogni, lo stesso lavaggio sistematico delle menti altrui e selvaggio consumismo, a discapito del “grande stomaco” della gente e a vantaggio del portafoglio di chi lo alimenta, di quello di oggi.

Molto interessante anche l’analisi di Londra che, dopo che George vi si trasferisce per collaborare stabilmente con lo zio, diventa fondamentale coprotagonista del romanzo. Una Londra la cui percezione da parte del giovane Ponderevo cambia col mutare dei suoi stati d’animo e col progredire verso l’età adulta, simbolo dell’epocale cambiamento seguito alla prima rivoluzione industriale, col massiccio spopolamento delle campagne e sovraffollamento delle città e con l’ascesa della borghesia rampante a discapito di un’aristocrazia destinata alla marginalizzazione e alla decadenza.

Perfettamente delineati i personaggi, i cui tratti esteriori, rivelatori di una mutevole intimità, subiscono talora piccoli ma spassosi mutamenti in concomitanza con la progressione sociale.

Ci fu, mi sembra di ricordare, mondana intensificazione dei lineamenti: il naso sviluppò carattere, diventò aggressivo, risaltando sempre di più; credo fosse aumentata l’obliquità della bocca.

Ai due Ponderevo, l’avventuroso e genialmente inventivo ma debole di carattere George che, per molti aspetti alter ego dello stesso autore, incarna l’epica dello scienziato/inventore/viaggiatore all’eterna ricerca di nuovi confini del reale e lo zio Edward, affarista senza scrupoli dedito ad accrescere le proprie ricchezze, ma cionondimeno dotato di sincero zelo riformista, fanno da contraltare i personaggi femminili. L’unico tra loro a contraddistinguersi per la sua negatività è Marion, la moglie di George, incarnazione dei più biechi e reazionari valori della tradizione, mentre la moglie di Edward Susan è un fondamentale punto di riferimento per entrambi i Ponderevo, rassicurante emblema di una “femminile” capacità di amare, che sa sublimarsi in comprensiva tenerezza tesa alla protezione e al perdono. Beatrice infine, il grande amore di George, oltre alla forza della passione incarna la femminilità indomita e ribelle alle convenzioni sociali, capace di disorientare George per sua autosufficienza e l’imprevedibilità.

Il rimedio miracoloso: il sorprendente romanzo di formazione, tra denuncia sociale, immaginifica avventura e imperdibile humour, del “padre nobile della fantascienza George Herbert Wells.

 

Giorgia Rovere

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