«Wow, io non sarei mai stato capace di scrivere una cosa simile!» di Ian Manook

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Ian Manook

Ian Manook presenta ai lettori italiani il romanzo di Franck Thilliez, Il manoscritto.

 

Ho incontrato per la prima volta Franck Thilliez durante una trasmissione televisiva nel 2014, in occasione dell’uscita di Yeruldelgger. Io ero un totale sconosciuto e Franck già una star del thriller francese. Con noi in trasmissione c’erano due altri grandi autori, Bernard Werber e Henri Loevenbruck. Loro tre facevano parte della League de l’Imaginaire, un gruppo informale di autori di successo che include anche Bernard Minier, Maxime Chattam, Patrick Bauwen, Jean-Luc Bizien, Ravenne e Giacometti, Barbara Abel…
Franck fu il primo con il quale parlai. Nonostante il suo grandissimo successo, scoprii quanto fosse un tipo semplice, alla mano: mi rivolse subito la parola e mi mise a mio agio in quella che fu la mia prima esperienza televisiva.
In seguito, ho vinto il premio della League de l’Imaginaire e qualche mese più tardi sono stato cooptato nella League.
Allora scoprii che io e Franck eravamo radicalmente diversi. Franck crea in un modo quasi scientifico l’intreccio dei suoi romanzi prima di cominciare a scrivere. L’organigramma della sua costruzione e le schede dei personaggi, complete persino dei tic e degli hobby, sono celebri nella League e in generale tra tutti quelli che lo conoscono. La sua documentazione, poi, è qualcosa di eccezionale. Quale che sia l’argomento del suo futuro romanzo, Franck si dedica con tutto se stesso alla ricerca delle informazioni. Incontra esperti, consulta testi tecnici e professionali, e compie un lavoro degno di una tesi di dottorato. Io, invece, faccio l’esatto contrario. Scrivo senza aver fatto alcun piano, persino senza sapere chi saranno i miei personaggi a parte il protagonista e senza altra documentazione se non i miei ricordi di viaggio o di lettura. E sono sempre divertito dall’ammirazione che abbiamo l’uno per l’altro, Franck e io, dicendoci dopo un’uscita: «Wow, io non sarei mai stato capace di scrivere una cosa simile!».

Franck e io parliamo spesso di tecnica di scrittura, quando ci incontriamo alle molte fiere e feste in cui siamo invitati insieme, come durante le cene della League de l’Imaginaire: è sempre per me un’opportunità di evidenziare la straordinaria efficacia della sua abilità. Non una sola parola che non sia utile alla trama. Nessuna digressione. Spesso scherzo ricordandogli la sua formazione di ingegnere informatico. Le sue storie sono scritte con rigore e logica, ma improvvisamente una sola parola fa aprire come un ipertesto che trasporta il lettore in un’altra dimensione della trama.

Questo è per me ciò che spiega il successo universale di Franck, i cui libri sono bestseller in molti paesi. Questa capacità di maneggiare una scrittura immediata e comprensibile a tutti, anche dai lettori di diverse culture letterarie, come fosse un programma informatico. Una sorta di lingua comune al servizio del thriller building, tanto efficace a prescindere dalla nazionalità del lettore. Ancora una volta, siamo diametralmente opposti anche in questo settore, e quindi terribilmente complementari. Il che, probabilmente, cementa la nostra amicizia e il rispetto che provo per Franck, come persona e come scrittore.

Quello che mi piace molto ne Il manoscritto è che Franck esce dal confort della sua serie di thriller che ha per protagonisti i personaggi di Lucie Henebelle e Franck Sharko, due poliziotti e genitori di due bambini. Un duo che ha largamente contribuito al suo immenso successo. Il manoscritto è dunque un one shot, una “scappatella”, una strada laterale che Franck utilizza di tanto in tanto per liberarsi delle costrizioni dei personaggi ricorrenti e andare a esplorare altri cammini. E che esplorazioni! Ecco un thriller che crea una mise en abyme di più storie attorno a più romanzi scritti da più autori e in più epoche che fanno precipitare il lettore in un labirinto di piste e di ipotesi. Franck si diverte con il lettore. Con le parole che sottolinea, con i dettagli sulla cui importanza insiste, con i dati sui quali si regge il plot. Ho provato un piacere immenso a sentirmi come un topo di laboratorio in cerca del corridoio che lo porterà alla ricompensa. E la ricompensa è il finale, indecifrabile, che si svela solo a chi ha capito tutto, che ci spinge a rivedere dettaglio su dettaglio, per essere sicuri di afferrarlo. La storia è brillante, costruita in modo del tutto originale e di una efficacia incredibile. Con questo romanzo Franck introduce nella sua scrittura quasi una dimensione di gioco di ruolo, dove il lettore diviene parte dell’azione, in funzione degli enigmi che riesce o meno a sciogliere. Questa è una nuova occasione per ribadire, ancora una volta a Franck: «Wow, io non sarei mai stato capace di scrivere una cosa simile!».
Poiché Franck è molto più giovane di me, sta costruendo con intelligenza e metodo un vero e proprio corpus e una solida carriera di maestro del thriller francese. Alla mia età, non ho questa preoccupazione e di ciò spesso ne abbiamo riso insieme.

 

Ian Manook

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