“L’ombra della giustizia”, un delitto all’Argentario di Michele Navarra

•   Il blog di Fazi Editore - La voce degli autori
A A A
Navarra

La prima volta che ho visto Porto Santo Stefano, la cittadina marinara che si affaccia sul lato nord-occidentale dello splendido promontorio dell’Argentario, è stato nell’ormai lontano agosto del 1969.

Avevo appena dieci mesi, camminavo e parlavo a malapena (me l’ha raccontato mia madre con un pizzico di nostalgia), e i miei genitori, insieme agli inseparabili nonni materni, avevano affittato un appartamento proprio all’entrata del paese, con un bel terrazzo che si affacciava sulla banchina da cui partivano (e ancora oggi partono) i traghetti per l’Isola del Giglio e per Giannutri.

Da quel momento, il mio rapporto con questi luoghi si è mantenuto costante per oltre cinquant’anni, anzi è diventato via via più profondo, dato che tuttora vi trascorro buona parte delle mie vacanze estive.

L’Argentario – e Porto Santo Stefano in particolare – è un posto magico, puro e incontaminato quasi per definizione, dove mai immagineresti potrebbe essere ambientato un thriller giudiziario, una vicenda con implicazioni delittuose, figuriamoci un efferato crimine di sangue.

E invece purtroppo così non è, e così non è stato nemmeno nel passato, visto che talvolta (sia pur molto di rado) il male – nelle tante forme in cui può manifestarsi e in cui può insinuarsi nella mente delle persone – e il dolore che esso inevitabilmente provoca non hanno risparmiato nemmeno questi luoghi così affascinanti e carichi di storia e suggestioni.

L’idea di ambientare un romanzo proprio nel cuore di Porto Santo Stefano e, più in generale, nella meravigliosa maremma toscana, da Orbetello, con la sua laguna incantata, al piccolo borgo di Porto Ercole, dove venne assassinato Caravaggio, passando per le spiagge della Giannella e della Feniglia, con i loro storici stabilimenti balneari, per arrivare fino a Grosseto, al suo piccolo carcere e al suo tribunale – uno scenario insomma in cui i colori, la luce, gli elementi e le atmosfere celebrano la natura nella sua forma più potente ed evocativa – era sempre stata una sfida narrativa in cui avrei voluto cimentarmi.

Piano piano quest’idea ha cominciato a prendere forma nella mia fantasia e ho capito che la storia che avrei voluto raccontare, come mi era già capitato in passato, era quella di un processo per omicidio, una storia di legge e di giustizia (o forse di in-giustizia), che mi avrebbe consentito di ribadire per l’ennesima volta uno degli insegnamenti che più di tanti altri mi piacerebbe fosse compreso appieno, cioè che fin troppo spesso (per non dire quasi sempre), i due concetti non coincidono affatto e che applicare correttamente la prima non necessariamente significa far “trionfare” la seconda.

In questo modo ha lentamente preso corpo, pagina dopo pagina, Una giornata cominciata male, un romanzo che in origine avevo pensato di intitolare L’ombra della giustizia, proprio con riferimento a quanto ho scritto poche righe fa. Perché la giustizia in realtà non esiste, ma esiste soltanto la sua ombra furtiva, di cui spesso dobbiamo accontentarci.

E gli ingredienti del racconto si sono piano piano mescolati tra loro fino a comporre un mosaico omogeneo: un imprenditore di successo, un vecchietto in bicicletta, una giovane prostituta nigeriana, una ragazza di Porto Ercole, un ex fidanzato tradito e geloso, il Palio Marinaro dell’Argentario, con le sue leggende e il suo folklore, il porto vecchio della Pilarella, Caravaggio e la spiaggia della Feniglia, le famose Aquile di Orbetello, che quasi cento anni fa compirono un’incredibile trasvolata oceanica, una vecchia Vespa scassata, una nuova Vespa colore “bianco innocenza”, un simpatico pubblico ministero napoletano trasferito da anni a Grosseto (ah, ne esistessero davvero di pubblici ministeri così!), un ricattatore, delitti puniti e delitti rimasti impuniti.

Per scrivere questa storia, tanto intricata in apparenza quanto lineare, direi circolare, nella sua conclusione, mi sono avvalso anche in questo caso dell’aiuto di Alessandro Gordiani, l’avvocato penalista protagonista dei miei precedenti romanzi – sempre più alle prese con le problematiche, le difficoltà e, soprattutto, le delusioni con cui ciascuno di noi è quotidianamente costretto a fare i conti – che mi ha scortato fino alla fine di questo percorso accidentato ma allo stesso tempo entusiasmante, attraversando luoghi che in qualche modo resteranno incisi in modo indelebile nella mia memoria e dandomi allo stesso tempo la possibilità di raccontare, insieme alle vicende giudiziarie che coinvolgono i protagonisti del romanzo, anche i pensieri e i dubbi (se fossi onesto fino in fondo dovrei dire i tormenti) che mi accompagnano da sempre nella professione che (volente o, assai spesso, nolente) svolgo da oltre trent’anni.

 Michele Navarra

Privacy Policy   •   Cookie Policy   •   Web Design by Liquid Factory