Vladimir Solov’ëv
I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo
Traduzione di Denise Silvestri
Composta nel 1899, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo rappresenta l’opera ultima ma non conclusiva del pensiero di Vladimir Solov’ëv. Lo sterile razionalismo della filosofia europea, la desacralizzazione mascherata da “nuova” religione e la dominante etica tolstojana ispirano in Solov’ëv la riflessione sul problema della realtà del male e sulla falsificazione del bene. Scegliendo la forma di un dialogo polemico e ironico, Vladimir Solov’ëv profetizza «l’epilogo del nostro processo storico» attraverso la parabola dell’Anticristo.
Chi è l’Anticristo di cui parla Solov’ëv? Uno spiritualista convinto e un sapiente illuminato, un uomo generoso e geniale. Nel deserto di valori del XX secolo e sotto la minaccia del panmongolismo, ovvero la dominazione delle potenze asiatiche (Cina e Giappone), l’Anticristo ammalia religiosi e intellettuali, cittadini e governanti d’Europa.
Guidato da un solido amor proprio e con i suoi manifesti di pace universale, uguaglianza e progresso, questo «uomo del futuro» diviene imperatore del mondo. Per Solov’ëv il grande pacificatore svela però, con il suo progetto ecumenico tanto fiacco quanto audace, che “in sostanza” non è buono.
«Questo bene contraffatto un po’ di lucentezza ce l’ha, se però gliela togli, non gli rimane alcuna forza essenziale». L’Anticristo verrà infatti sconfitto da un romano che parla nel nome della Verità.
«Nel giardino di una di quelle ville che, ammassate ai piedi delle Alpi, si specchiano nella profondità celeste del mar Mediterraneo, quella primavera si erano riuniti per caso cinque russi: un generale, vecchio combattente; un uomo di Stato, a riposo dai compiti teorici e pratici degli impegni di governo, che chiamerò il politico; un giovane principe, moralista e populista, che pubblicava diversi opuscoli, più o meno validi, su questioni morali e sociali; una signora di mezza età, incuriosita da tutto ciò che è umano; e, infine, un signore di età e condizione sociale imprecisate, che chiameremo il signor Z. Avevo assistito in silenzio alle loro conversazioni; alcune mi erano parse appassionanti, così le trascrissi finché le avevo fresche nella memoria».
Vladimir Solov’ëv