Disfare le maglie di «Preludio» di Carla Madeira

•   Il blog di Fazi Editore - Parola ai traduttori
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Giacomo Falconi, traduttore di Preludio, presenta il nuovo romanzo di Carla Madeira.

Per immergersi in profondità in un’opera complessa come quella di Carla Madeira è necessario orientarsi e scegliere uno dei tanti piani di lettura che la compongono, quello a noi più familiare: si potrebbe partire dalla storia di due gemelli costretti a sopportare il peso del proprio nome e a scegliere se portarlo con sé, e diventare adulti, o lasciarsi schiacciare, limitandosi a sopravvivere. Si potrebbe optare per le storie parallele delle compagne di Caim e Abel, così diverse eppure così vicine nelle loro fragilità, una destinata a una vita di successi – grazie a un’avvenenza che le apre tutte le porte e fa sì che gli altri desiderino inesorabilmente compiacerla, per godere ancora della sua bellezza abbagliante – l’altra in balia dei dubbi, di vecchie ferite, delle conseguenze delle proprie azioni, vittima consapevole di violenze, condannata a un’esistenza passiva e indirizzata sui soliti binari matrimonio-lavoro-casa-famiglia. Oppure si potrebbe concentrare lo sguardo sulla storia di due genitori, oppressi dai propri ruoli stereotipati, che si affidano l’uno al bicchiere, l’altra a Dio per andare avanti e preservare un’immagine di famiglia felice agli occhi di chi li guarda da fuori e li giudica per i nomi insensati che hanno scelto per i figli.

All’interno di queste storie, compaiono due figure, quella di padre Tadeu e quella del professor Bruno Jardim, che consentiranno ai protagonisti di osservare le proprie vite sotto altre lenti, quella del religioso, con il suo fatalismo carico di buon senso, e quella dell’insegnante, che esorta gli studenti a scoprire la propria passione, un qualcosa di così viscerale da mettere in secondo piano tutto il resto.

L’asincronia della narrazione, attraverso la quale le due storie principali, apparentemente distanti, troveranno il loro punto di incontro, è poi un espediente letterario che si rivela di fondamentale importanza per accompagnare la crescita di ciascun personaggio e il percorso che ha scelto (o ha dovuto scegliere), nel bene e nel male.

Credo che il vero punto di forza di questo romanzo e della scrittura dell’autrice sia saper condensare tante vite e tante storie intrecciandole con cura e amore, come fa Custódia con la sua macchina per lavorare a maglia. E ogni lettore e lettrice lo sente quel reco-reco. Se disfiamo le maglie, quello che ci resta in mano è l’essenza di questo romanzo: come si affronta quello che sappiamo dovrà succedere prima o poi nelle nostre vite? Come vive ognuno di noi questa continua vigilia – di un dolore, di un’emozione non ancora provata o di un evento che cambierà il corso del destino («A loro avevo concesso la misericordia di una manciata di vigilie. Una riserva di assoluzioni, eppure, anche così, li avevo condannati. E insieme a loro avevo condannato la mia persona») – che ritorna più e più volte nella narrazione e che sembra l’unica costante nelle vite di questi personaggi? Secondo l’autrice, ogni atto estremo ne ha una e questo romanzo non è che la cronaca della vigilia di un abbandono, di tutto ciò che è avvenuto prima e che ha fatto sì che accadesse («A volte è necessario spingersi oltre per riavvolgere il nastro e tornare alla vigilia della vigilia della vigilia dell’evento»).

“Disfare le maglie” è forse l’azione che meglio descrive il processo di traduzione di Preludio, scomporre filo per filo la trama dell’opera, apprezzarne i dettagli, farli propri e ricomporli in un’altra lingua, in un altro contesto, cercando di replicare il motivo scelto da chi l’ha creata, senza aggiunte e senza omissioni.

«Passiamo all’inizio».

Giacomo Falconi

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