L’esordio del più famoso drammaturgo tedesco è una geniale favola dai diversi risvolti

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Roland Schimmelpfennig

Aspettando l’uscita, il 17 gennaio, di In un chiaro, gelido mattino di gennaio all’inizio del ventunesimo secolo di Roland Schimmelpfennig, finalista al prestigioso Leipziger Preis, abbiamo tradotto la recensione al libro apparsa sul Financial Times.

 

In una sera gelata, un lupo solitario si ferma nella neve e sembra guardare il disastro che si profila sull’autostrada. Più di sessanta veicoli sono stati coinvolti dopo che un inferno di fiamme ha inghiottito un autoarticolato che trasportava carburante contro il quale si erano schiantati due camion. Dietro le auto incidentate, una coda si estende per più di quaranta chilometri. Da qualche parte nella stasi c’è Tomasz, un giovane lavoratore polacco, che sta tornando a Berlino dove la sua ragazza dai tempi dell’infanzia lo aspetta nel loro appartamento. Ha poca benzina per rischiare di tenere il motore acceso per scaldarsi. Si inerpica fuori dalla sua fatiscente Toyota per osservare il caos da più vicino. Consapevole che potrebbe non essere più in grado di riconoscere la sua macchina sotto la neve, individua un cartello stradale nelle vicinanze: 80 chilometri a Berlino. Davanti a lui si dipana una lunga notte. Poi scorge un lupo e sulle prime, pensando che sia solo un grande cane che somiglia a un lupo, si chiede chi mai abbia lasciato andare a passeggio il proprio cane. «O magari è un lupo sul serio?». A ogni modo, usa il telefono per scattargli una foto nel mezzo dell’intensa nevicata. La misteriosa presenza svanisce – per il momento.

Questo romanzo, In un chiaro, gelido mattino di gennaio all’inizio del ventunesimo secolo, freddo, sicuro, brillante e allusivo, fa vedere la propria raffinata forza.

Roland Schimmelpfennig è il drammaturgo tedesco contemporaneo di maggior successo e ha già avuto modo di farsi ammirare dal pubblico teatrale britannico attraverso diverse produzioni incluso, agli inizi del 2017, il suo brechtiano Winter Solstice.

La sua opera è intelligente e profonda, modellata dalla sua ricettività per il modo in cui le persone pensano e come interagiscono nei rapporti.

Nella sua visuale e cinematografica opera prima usa con grande ispirazione il più audace e ambivalente dei motivi letterari: il lupo. Eppure non si tratta di una favola, il suo lupo è l’emarginato per antonomasia, un osservatore estraneo, niente di più.

Vengono riportati diversi avvistamenti. La scaltra fidanzata di Tomasz rivende a un giornale la foto scattata per caso al lupo, e i berlinesi cominciano a condividerla in preda a un’euforia collettiva. Tutti vogliono vedere l’animale, che ha connotati tanto reali quanto mitologici, ed è latore di echi di storie infantili e di fantasie di sfida.

Charly, il proprietario di un negozio che sta perdendo il contatto con la realtà, sogna di ucciderlo. Man mano che la neve s’impone diventa sempre più facile rintracciare il lupo e condividere la magia – o perlomeno, è la speranza dei partecipanti, amareggiati dalla vita. Berlino rappresenta un palcoscenico ideale per una narrazione coraggiosa, e con molte meno cesure, come quella di America oggi di Robert Altman – ispirato dai racconti di Raymond Carver.

Il tedesco diretto e senza fronzoli di Schimmelpfennig è esatto ed efficace. Il traduttore Jamie Bulloch fa emergere la precisione dello stile drammaturgico e la maestria dietro gli scambi di battute brevi.

Mentre il racconto procede e il lupo continua a essere intravisto, cominciano a essere avvistati anche due adolescenti in fuga, Elisabeth e Micha, diretti a Berlino. Subito dopo l’ultimo pestaggio, Elizabeth decide di scappare dalla madre, violenta e infelice, il cui matrimonio si è distrutto, e, con quello, la sua carriera da artista. Il viaggio degli adolescenti in qualche modo ricorda Hansel e Gretel in chiave moderna.

Una sottotrama inquietante riguarda la morte di un cacciatore in mezzo alla neve. A questo si aggiunge il tentativo di tornare dalla famiglia da parte del padre del ragazzo, Micha, un ubriacone senza speranza che segue i due adolescenti fino a Berlino dove, in scene commoventi, riallaccia i rapporti col fratello leggermente meno sbandato. Micha si imbatte nel padre e lo evita prima di provare ad aiutarlo. Le coincidenze casuali, compresi i vari passaggi di mano di un fucile, si moltiplicano pur rimanendo convincenti.

In una delle molte parti strazianti, la madre di Elizabeth guida fino a Berlino e informa il suo ex marito della scomparsa della figlia. Felicemente risposato, si rifiuta di parlarle. Prima che lui parta in macchina alla ricerca di Elizabeth, la madre, avendola cresciuta da sola, replica piccata: «Ma se non sai nemmeno che aspetto ha».

Un vivace complesso di personaggi sfumati emerge nel momento in cui le loro vite quotidiane convergono in una narrazione sapientemente stratificata e interconnessa.

Tomasz, il taciturno polacco, parla poco, tuttavia ha una profonda sensibilità e si aggrappa alla sua traballante relazione con l’astuta Agnieszka la quale, a differenza di lui, parla tedesco fluentemente e ha avuto un’avventura dolorosa. Ci sono dei riferimenti al Muro, non in un contesto politico, quanto piuttosto nell’azione dirompente che ha avuto nella vita delle persone di mezza età e sulle loro giovinezze, un tempo piene di speranza.

Il tono è privo di sentimentalismo eppure ricco di empatia. Nessuno sa cosa è accaduto al lupo; Schimmelpfennig raramente dice troppo in questo caleidoscopico racconto morale di grande intelligenza che lascia intendere più di quanto non espliciti.

 

Traduzione di Simone Traversa

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