La genesi di «Un uomo a pezzi» di Francesco Muzzopappa

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Aspettando l’uscita di Un uomo a pezzi, Francesco Muzzopappa ci racconta la genesi del suo nuovo libro.

 

M’è scappato da ridere a un funerale.

L’episodio è avvenuto diversi anni fa, una funzione capitata (come di solito capitano queste cose) tra capo e collo, lontano da casa, per giunta in piena estate e senza un abito decente da mettere in chiesa al di là di un paio di pantaloncini corti neri e una t-shirt dip dye (di quelle che digradano da un colore all’altro, ho scoperto la definizione su Zalando) con scollo a V.

A tutti gli effetti, un tamarro.

Il vestito non è un problema, mi sono detto. In fondo in chiesa ciò che conta è conoscere a memoria tutte le battute, e se c’è un copione che so recitare alla perfezione è proprio quello della messa. Da ex bambino completamente sacramentato e indottrinato da anni di catechismo, le preghiere sono il mio forte.

L’occasione, come è facile immaginare, non era delle più felici.

A sorpresa, però, durante la cerimonia mi sono trovato di fronte a quello che in narrativa viene definito “dettaglio killer”, quel particolare totalizzante che diventa per forza di cose il centro del racconto, quel dettaglio che la gente ricorderà.

Durante l’Ave Maria, infatti, il prete ha messo insieme queste parole, che vi prego di leggere con molta attenzione:

Ave, o Maria, piena di grazia,

il Signore è con te.

Tu sei benedetta fra le donne.

Benedetto il frutto

e il tuo seno, Gesù.

Non “del tuo seno”, ma “e il tuo seno, Gesù”.

Non si è trattato di un incidente. Lo stesso verso è stato ripetuto per tutto il rosario.

Su quella frase, composta in quel modo, si potevano ipotizzare un paio di congetture: la prima è che il prete stesse benedicendo il seno della Madonna; la seconda, più paradossale ed equivoca, è che si stesse avanzando l’ipotesi che Gesù avesse un seno.

Nonostante il mio apparato di fonazione fosse pronto e tirato a lucido, ho preferito ridere tra me e me, guardandomi intorno per cercare sguardi altrettanto meravigliati. Avevo bisogno di condividere quell’esperienza con qualcuno, ma non trovando occhiate complici, al termine della funzione sono tornato di corsa a casa e ho preso appunti, una pratica che ormai fa parte del mio lavoro marziale di scrittura: fermare su un quaderno ogni dettaglio killer, le situazioni paradossali che mi fanno ridere, descrizioni di scene al limite del ridicolo o errori clamorosi che compio o che compiono le persone che mi stanno accanto e a cui voglio bene.

Un uomo a pezzi nasce da questo, dall’osservazione della realtà. È quasi un’analisi sociologica trattata con quella leggerezza che cerco di applicare a tutto ciò che scrivo da anni.

Il progetto, in uscita il 27 agosto per la collana Le Meraviglie di Fazi Editore, è per l’appunto una raccolta di racconti, parola vietata nel comparto dei libri e che da tempo spinge al suicidio molti attori della lunga filiera editoriale, perché i racconti non vendono.

Ho quindi deciso di non usare quella brutta parola nemmeno in quest’occasione, sostituendola con un termine che tutti noi amiamo molto di più: assegno circolare.

Un uomo a pezzi contiene ben 18 assegni circolari che io stesso ho provveduto a scrivere e a firmare, i più divertenti assegni circolari della mia produzione, assegni circolari molto ironici per raccontare la follia del mondo che ci circonda: dalla salsa in casa giù nel mio meridione al primo taglio di capelli milanese sulla testa di un pugliese, dalla disastrosa colazione a Santorini fino ai miei assurdi premi vinti in un concorso pubblicitario. E tanto altro ancora.

Tutti questi assegni circolari partono per l’appunto da un dettaglio killer, dall’osservazione di un comportamento o di abitudini che rendono le nostre vite speciali, a volte paradossali. Un paio di questi assegni circolari sono già stati pubblicati in riviste specializzate ottenendo centinaia di migliaia di visualizzazioni. Anche per questo tenevo molto a pubblicare altri assegni circolari scritti da me, assolutamente fedeli alla realtà, niente di inventato, autentici al 100%, veri.

Anche perché gli assegni circolari falsi non li vuole nessuno.

Nemmeno io.

 

Francesco Muzzopappa

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