La mia vita tetraedrica

•   Il blog di Fazi Editore
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Pubblichiamo uno dei racconti realizzati dai ragazzi delle scuole che hanno partecipato con la giornalista Melania Petriello e la scrittrice Isabella Pedicini al progetto «Ioleggo» Il teatro che ti prende in parola, promosso dall’Associazione Alt Academy insieme ai grandi teatri di Roma (Teatro Eliseo, Teatro di Roma, Teatro De’ Servi).

 

Mi chiamo Giacomo Venturini, ho 32 anni e amo la mia vita tetraedrica.
Ogni settimana faccio 1491 chilometri, per raggiungere una faccia diversa di questa mia vita.
Nel week-end, dal sabato alla domenica, amo Federica, con la quale sono felicemente sposato da 3 anni e viviamo nel nostro delizioso appartamento con vista sul Colosseo. Il nostro matrimonio va a meraviglia, lei è una donna eccezionale, dedita al lavoro, ma allo stesso tempo molto attenta alla casa. Insieme adoriamo passeggiare per le vie del centro, o passare le domeniche mattina distesi al sole su una tovaglia in uno dei tanti parchi. I suoi genitori hanno una casetta in montagna ad Ovindoli, un paio d’ore da Roma, entrambi odiamo il mare, così ogni volta che ne abbiamo occasione passiamo qualche giorno all’aria fresca, immersi nella silenziosa natura appenninica. Io purtroppo sono un impiegato di banca a Taranto, lavoro a ritmi estenuanti per tutta la settimana, così il lunedì mattina all’alba prendo il treno, e percorro i 428 chilometri che mi dividono dal mio noiosissimo lavoro.
Dal lunedì al martedì convivo con Alessandra, ha 27 anni, e stiamo insieme da quando ne aveva 20. Abbiamo una casetta sulla spiaggia in periferia, non spaziosissima, ma la mattina senti il rumore delle onde e l’odore di salsedine ti impregna i vestiti nei giorni in cui il vento viene dal mare e solo questo basterebbe per rendermi un uomo felice. Per nove mesi all’anno passiamo le serate sul balconcino, e guardando il tramonto fantastichiamo su come sarà crescere i nostri figli in questa terra che amiamo. Siamo una coppia semplice, abbiamo poco tempo per stare insieme e così lo passiamo in casa o in spiaggia da soli, abbiamo il nostro orticello sul retro della casa, dal quale proviene quasi tutto ciò che mangiamo: siamo vegetariani da prima di conoscerci, e condividiamo l’amore per il silenzio e per questo luogo, a metà fra il mare e la campagna. Purtroppo io sono solo un parrucchiere con un piccolo studio a Venezia, ed i miei guadagni non bastano per poter pensare di mettere su famiglia, così per ora continuiamo ad accontentarci di passare insieme i due giorni a settimana in cui lo studio è chiuso. Il martedì sera vado a Brindisi, e prendo l’ultimo aereo diretto a Venezia, che volerà per i 681 chilometri che separano due facce del mio tetraedro.
Mercoledì e giovedì, li passo con Ludovica fra gli intricati e labirintici canali veneziani, desideroso di conoscere ogni angolo della città. Ci conosciamo da 6 mesi, eppure sento che è una di quelle volte in cui il rapporto di complicità e di reciproca intesa va al di là del tempo, parliamo per ore, condividiamo interessi e passioni, ci divertiamo a scoprire nuovi ristorantini tipici o nuove gallerie d’arte: la pittura fra tutti gli svaghi è quello che più ci affascina. Viene da una famiglia umile, così quando le racconto di tutti i miei viaggi, le terre di altri continenti, le metropoli americane, vedo i suoi occhi che si illuminano. Sono innamorato di lei, un giorno aprirò una tavola calda in piazza San Marco e la gestiremo insieme, e potrò portarla a vedere il Guggenheim di New York o il Louvre a Parigi. Fino a quel momento, prenderò il mio pullman tutti i giovedì sera, per fare i 201 chilometri, fino a casa, dove faccio il cuoco di una trattoria tipica toscana.
Il venerdì, finalmente sono a casa. La quarta faccia del mio tetraedro di inganni, indubbiamente quella più divertente. Per mamma e papà, sono un chimico teorico, laureato e con specializzazioni di ogni tipo. Sto lavorando da anni ad uno dei progetti più innovativi in tutto il settore: una applicazione informatica in grado di teorizzare molecole artificiali, riproducibili in laboratorio, con le quali si potranno creare migliaia di nuovi medicinali. Ovviamente sono il loro orgoglio, ed ogni volta che gli prometto che saranno in cima alla lista delle persone che ringrazierò alla mia vittoria del premio Nobel, papà mi infila nel taschino della giacca i tre quarti del suo buono stipendio da allevatore di vitelli, sicuro che quei soldi aiuteranno i miei logaritmi a risolversi più in fretta. Ed invece, con quei soldi, porto in tre adorabili case, tre modesti stipendi.
Oggi è domenica, e sono da solo, sul Ponte Sisto. In piedi, sul bordo, guardo giù l’acqua nerissima, saranno le tre o le quattro del mattino ed ho scritto questa lettera. L’ho scritta per me, perchè puoi ingannare il mondo, ma non potrai mai ingannare te stesso. L’ho scritta perchè pensavo di avere in mano tutto ciò che volevo avere in mano. L’ho scritta perchè sono stato capace di ingannare decine di persone, ma non sono pronto ad ingannare mio figlio, quello che aspetta Federica.
Ero Giacomo Venturini, avevo 32 anni e odio la mia vita tetraedrica.

Francesco Cassina
Liceo Scientifico Kennedy di Roma

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