«Nella tana del serpente», ovvero Corviale, il fascino di un’utopia

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Corviale

Michele Navarra racconta la genesi del suo nuovo legal thriller Nella tana del serpente, dopo la pubblicazione, l’anno scorso, di Solo Dio è innocente.

 

A Roma un po’ tutti hanno sentito parlare di Corviale, il grattacielo orizzontale più lungo d’Europa (e per questo motivo chiamato il Serpentone), l’enorme palazzo che – secondo una delle tante leggende che contribuiscono ad accrescerne il fascino misterioso – con la sua gigantesca mole sarebbe responsabile addirittura dell’interruzione del “Ponentino”, il vento che dal litorale giunge a Roma per alleviare l’afa cittadina.

La prima volta che vidi Corviale avevo una ventina d’anni. Giocavo a pallacanestro e dovevamo vedercela contro una squadra del Portuense, il cui campo di allenamento era proprio nei pressi di quell’enorme palazzo e delle sue due appendici più piccole. Faceva caldissimo e c’era un sole abbagliante, la cui potenza veniva amplificata dalla superficie piastrellata del piccolo campo da gioco. Ricordo che, uscendo dagli spogliatoi, rimasi immediatamente colpito dalla montagna di cemento alle nostre spalle, con le sue mille finestre.

Probabilmente, anch’io, come tanti altri prima e dopo di me, sono rimasto fin da subito vittima del fascino magnetico e, in una certa misura, inquietante emanato da quel palazzo, che ho sempre considerato come qualcosa di unico nel panorama architettonico romano, ma non soltanto.

Nato dal sogno utopistico dell’architetto Mario Fiorentino, Corviale avrebbe dovuto essere la risposta ai famigerati “quartieri dormitorio”, privi di servizi o di spazi comuni di aggregazione, una sorta di “città-palazzo”, all’interno del quale (nel suo famoso “quarto piano”) avrebbero dovuto sorgere negozi, teatri, cinema, centri culturali e tanto altro ancora.

Quella di Fiorentino, a posteriori e dopo il fallimento della sua iniziativa (il “quarto piano” venne immediatamente occupato abusivamente da centinaia di persone senza altre possibilità abitative), venne definita una “utopia fuori tempo massimo” e il quartiere di Corviale divenne, forse troppo frettolosamente, un simbolo negativo, l’emblema del degrado cittadino, mentre si tratta di un quartiere periferico uguale a moltissimi altri, la cui unicità è data proprio dall’aspetto architettonico.

Corviale tuttavia è qualcosa di inclassificabile, non inquadrabile in nessuna delle tante categorie proposte per descriverlo, una realtà piena di contraddizioni, dove spesso il positivo e il negativo hanno convissuto e (sia pure in modo minore rispetto alle origini) continuano a convivere fianco a fianco e dove la legalità è a volte separata dal suo opposto dallo spazio di un semplice tramezzo.

Per chi come me racconta storie legate al mondo della giustizia, era quasi irresistibile la tentazione di ambientare un caso giudiziario che avesse sullo sfondo un luogo con una vis attractiva così potente, che consentisse di raccontare una parte della città tutta da riscoprire e da rivalutare, una periferia che molti dicono di conoscere, ma di cui allo stesso tempo ignorano praticamente tutto.

Inoltre, il “Serpente” di cui al titolo del mio romanzo presenta un’incredibile complessità di rimandi simbolici, sia positivi che negativi, a volte molto contraddittori tra loro: fecondità, sapienza, tentazione, pericolo, astuzia, malevolenza. C’è un solo concetto forse in grado meglio di ogni altro di esprimere questa ricchezza simbolica, quasi antitetica nel suo nucleo essenziale, qualcosa che fornisce protezione ma allo stesso tempo è capace di uccidere, che è al contempo antidoto e veleno, che è saggezza ma può essere perdizione: la vita. Il serpente, come mi è capitato di leggere, è il simbolo emblematico dell’ambiguità della vita, dato che la nostra vita talvolta sembra proprio come un serpente che striscia malizioso e non si sa mai dov’è, dove sta per andare… E se talora si riesce a vederlo e si vuole cercare di catturarlo, occorre usare la massima prudenza, perché si tratta di qualcosa che può procurare anche la morte.

Dopo aver ambientato il mio ultimo romanzo in una Sardegna (quasi) incontaminata, desideravo tornare a parlare della mia città, prediligendone una parte meno conosciuta, soprattutto nel resto dell’Italia, ma ugualmente affascinante.

Corviale è oggi al centro di tanti progetti di riqualificazione urbanistica, che presto faranno sì che, anche nell’immaginario collettivo, questo palazzo-quartiere smetta per sempre di essere la “tana del serpente”.

 

Michele Navarra

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