Aspettando l’uscita di Madonna col cappotto di pelliccia di Sabahattin Ali, il 10 gennaio 2019, vi proponiamo la traduzione della recensione apparsa un anno fa sul Washington Post.
In apparenza, Raif Efendi è il più comune dei colletti bianchi. Lavora duramente alla sua scrivania ad Ankara, in Turchia, traducendo documenti dal turco al tedesco e dal tedesco al turco. Ma su un taccuino pieno di pagine sgualcite, Raif ha scarabocchiato la storia della sua sfortunata, ma passionale, relazione con una donna ebrea tedesca avvenuta molti anni prima, a Berlino.
La scoperta dello straordinario passato di quest’uomo ordinario è una delle molte sorprese che attendono i lettori di Madonna col cappotto di pelliccia, una profonda e toccante riflessione sull’amore e sulla perdita scritta dall’autore turco Sabahattin Ali.
Il romanzo di Ali in sé è già una rivelazione – non certo per i lettori della sua terra natia, dove fu pubblicato per la prima volta nel 1943 e dove sta godendo di una nuova ondata di popolarità. In un paese di poco meno di 80 milioni di persone Madonna col cappotto di pelliccia ha venduto più di un milione di copie negli ultimi tre anni.
“Viene letto, viene amato e fa piangere uomini e donne di tutte le età, ma per lo più giovani adulti”, scrive Maureen Freely, che assieme ad Alexander Dawe ha dato vita a questa raffinata versione inglese ora in arrivo negli Stati Uniti. “E nessuno sembra capace di spiegarne il perché”.
Una teoria è che sia la biografia di Ali, a rendere il romanzo adatto alla nuova generazione turca che sta affrontando il governo repressivo del presidente Recep Tayyip Erdoğan: lo scrittore era un comunista che fu messo in prigione varie volte dall’autoritario regime turco dei suoi giorni, lo stesso che probabilmente ebbe un ruolo anche nel suo assassinio nel 1948.
Dall’altra parte, c’è sempre un mercato per le storie sugli amanti nati sotto una cattiva stella, soprattutto per una come questa, scritta in maniera così convincente e delicata. Sicuramente il messaggio del libro non è esplicitamente politico, nonostante i suoi personaggi principali, il giovane Raif e la sua fidanzata, Maria Puder, siano giovani cittadini degli imperi sconfitti nella Prima Guerra Mondiale. Piuttosto per Ali, la Berlino del 1923 – con i suoi cabaret, gli affittacamere, i parchi e le gallerie d’arte – conferisce uno scenario particolare a un tema eterno: l’infatuazione impossibile.
Raif arriva a Berlino con un compito datogli dal padre: imparare a fabbricare sapone da esperti tedeschi. La vera vocazione di Maria è l’arte, ma si guadagna da vivere cantando nei nightclub. Nessuno dei due è sicuro di ciò che vuole, eccetto, alla fin fine, l’un l’altro. Il loro incontro è una specie di incidente magico: Raif gironzola per le gallerie d’arte invece di concentrarsi sul lavoro, e rimane affascinato dall’autoritratto di una giovane donna che indossa un cappotto di pelliccia. Per puro caso, il soggetto vivente, Maria, incrocia il suo cammino.
Nonostante sia stato scritto più di settant’anni fa in un paese dove ha regnato una morale sessuale tradizionale, Ali concepisce la relazione dei due amanti in termini totalmente moderni. Maria è chiaramente sicura di sé, mentre Raif sembra restare senza parole quando lei gli dice che “preferirebbe innamorarsi di una donna”. Lei gli riconosce il merito di essere “l’unico uomo che non mi abbia mai interrotto”.
Raif rimane tranquillo durante la conversazione audace di Maria, un po’ per stupore, un po’ per premiare la sua sincera attenzione. “Ho un disperato bisogno di un confidente” dice lui – forse, un bisogno ancora più disperato dell’amore fisico. E anche ciò accade, naturalmente, con conseguenze avverse, sebbene il particolare disastro che viene messo in atto non sia affatto prevedibile.
Tornato in Turchia dopo quella relazione, Raif si sposa, cresce i figli, lavora. Ma è ridotto ad una “intorpidita apatia” dai dispiaceri e dai misteri irrisolti lasciati a Berlino. “Il dolore per aver perso qualcosa di prezioso – che sia la felicità terrena o un bene materiale – può essere dimenticato nel tempo”, dice. “Ma le nostre occasioni mancate non ci lasciano mai, e ogni volta che ritornano a perseguitarci, ci fanno del male”.
Di ispirazione autobiografica, Madonna col cappotto di pelliccia è tratto dal soggiorno dell’autore stesso a Berlino negli anni Venti. Un’altra ragione della sua attualità sta nel fatto che la guerra e gli sconvolgimenti economici hanno spedito una nuova generazione di giovani dal Levante a Berlino. Come Raif, questi giovani sono destinati a provare ammirazione per la città ultramoderna, nostalgia di casa e, come sentiva Raif, il bisogno di “quell’unica persona. E se questa persona non fosse realmente lì?”.
I cicli della storia sono i cicli delle vite individuali, accumulati e amplificati. “Ho appena intrapreso il viaggio che tu stai per terminare”, dice un giovane collega a Raif, spiegando la sua impazienza di leggere il taccuino di Raif prima che quest’ultimo muoia. “Voglio capire le persone”.
È un obiettivo ambizioso e inafferrabile. Anche se, attraverso la letteratura, possiamo quasi raggiungerlo, come ha dimostrato Sabahattin Ali.
Traduzione di Francesca Giovanna Proietti