Prefazione di Carlo Rovelli a «Le guerre illegali della NATO»

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Vi proponiamo la prefazione di Carlo Rovelli a Le guerre illegali della NATO di Daniele Ganser.

 

Penso che questo sia un libro che tutti dovrebbero leggere, o almeno dovrebbero conoscere quello che mostra con semplicità e chiarezza. Con tono preoccupato ma sereno, pacato, fattuale, senza alcuna retorica, aggressività, quasi con ingenuità, e con la precisione e la puntigliosità per le quali ammiro la cultura svizzera, l’autore ci racconta nei dettagli un fatto semplice, ma importante per tutti noi: l’umanità ha fatto uno sforzo per fondare una legalità internazionale che riduca la catastrofe delle guerre, e chi maggiormente ha calpestato questa legalità internazionale è l’Occidente, dominato dagli Stati Uniti, che si è arrogato e si arroga oggi con la forza il diritto all’illegalità e all’impunità.

Per alcuni scoprire questo fatto è una sorpresa, per altri è un’ovvietà. Per tutti, secondo me, è importante riconoscerlo e considerarne la rilevanza e le implicazioni, per due motivi, entrambi seri.

Il primo è che in Occidente siamo quotidianamente immersi in una narrazione basata su un’impressionante ipocrisia. Usiamo l’espressione “comunità internazionale” per designare i nostri interessi di parte, e ci raccontiamo l’un l’altro che noi occidentali siamo fautori della giustizia e della legalità, mentre qualunque Stato o organizzazione si venga a trovare in conflitto con l’Occidente, qualunque sia la sua politica o la sua ideologia, è comunque designato come “rogue state” (‘Stato criminale’) e accusato dal coro quasi unanime dei politici e dei media di essere illegale e delinquente. La realtà, alla fredda prova dei fatti, è il contrario: è l’Occidente, con il suo strapotere militare, a essere il più delle volte dalla parte dell’illegalità internazionale. Questo può piacere o non piacere, essere approvato o meno, ma ignorare questo fatto è ipocrisia.

La seconda ragione, a mio parere, è più importante.

L’Occidente ha un dominio militare sul mondo molto marcato. Il motivo è semplice: le spese militari dell’Occidente sono molto superiori a quelle dell’intero resto del pianeta. Un solo dato basti: la spesa militare per capita degli Stati Uniti è più di quattordici volte superiore a quella della Cina. Gli Stati Uniti, con meno dello 0,05 per cento degli abitanti del pianeta, coprono da soli il 40 per cento delle spese militari dell’intero pianeta. Con i loro alleati, hanno una potenza militare esorbitante rispetto al resto del mondo. Questa potenza militare non è difensiva: le armate occidentali sono presenti in tutto il mondo, hanno basi in tutto il mondo, controllano tutti i mari. Hanno costantemente condotto guerre nel mondo intero. Nessun altro paese fa nulla di simile.

Nella narrazione usuale della politica e dei media, questa superiorità militare si appoggia sulla potenza economica dell’Occidente, ma non è così. Verso l’inizio del secolo scorso, l’Occidente (Nordamerica ed Europa, compreso il Regno Unito) generava l’80 per cento della produzione mondiale di beni. L’Occidente dominava economicamente il pianeta in maniera pressoché totale. Oggi, grazie al lento processo della decolonizzazione e della diffusione della modernità sia tecnologica che culturale, la percentuale della produzione di beni del mondo generata dall’Occidente si è dimezzata. L’Occidente è passato da essere l’economia largamente dominante a essere un’economia minoritaria.

Anche culturalmente l’Occidente non è più dominante: altri paesi fanno crescere il sapere scientifico e tecnologico, sperimentano nuove forme di organizzazione sociale e politica, esprimono letterature, arti visive e forme culturali che contribuiscono in maniera pari all’attuale multiforme ma integrata civiltà globale. In marcata differenza dalla situazione di un secolo fa, l’Occidente rappresenta quindi, in termini di numero di abitanti, in termini di economia e in termini culturali, solo una frazione piuttosto piccola dell’umanità. La sola Cina o la sola India hanno più abitanti dell’Occidente, e la sola Cina ha un’economia comparabile a quella degli Stati Uniti. L’unico motivo rimasto per lo strapotere dell’Occidente sono quindi le armi e la costante volontà di usarle anche contro le decisioni delle Nazioni Unite. In altre parole: violenza e illegalità.

Quanto può durare? Non si comanda il mondo con le sole portaerei, quando non si ha più la forza economica per farlo.

A me sembra ovvio che, se fosse lungimirante, l’Occidente, che è il mio mondo e a cui tengo, lavorerebbe – per il suo proprio bene – per la stabilità e la legalità internazionali, per un mondo multipolare dove gli interessi degli altri siano presi in considerazione e le soluzioni siano cercate nella politica e non nelle armi. Questo libro mostra in maniera inequivocabile che oggi non è così.

Io spero fortemente che l’Occidente si avveda che sta marciando a trombe sonanti verso il proprio abisso, esca dalla cecità di non voler vedere che il suo potere è sempre più fragile e non rimanga prigioniero in un’immagine di sé come “giusto dominatore” che ormai è non solo ipocrita, ma soprattutto velleitaria.

Siamo ancora in tempo per cercare di costruire una politica internazionale che sia ricerca di collaborazione e non lotta rapace per il predominio. Che sia basata sul riconoscimento e il rispetto reciproco e non sul chiamare chiunque non si sottometta “avversario strategico”, “Stato criminale”, o “autocrazia”, o simili. Siamo ancora in tempo per cercare di riconoscere che può esistere una legalità internazionale. Che la politica è per tutti meglio delle armi. Lo ripetono da tempo le persone più lungimiranti, dal segretario generale delle Nazioni Unite ai vecchi tessitori della politica internazionale come Henry Kissinger, dai grandi leader spirituali come il Dalai Lama e il Papa a centinaia di milioni di semplici cittadini nel mondo che non ne possono più delle innumerevoli guerre scatenate illegalmente, come mostra questo libro, dall’Occidente.

Abbiamo imparato a vivere insieme – senza ammazzarci – all’interno di Stati sovrani, ma non abbiamo ancora imparato a vivere insieme – senza ammazzarci – tra Stati sovrani. Dobbiamo impararlo, per il bene di tutti. Per farlo, il primo passo è riconoscere, come questo libro mostra con lucida e serena chiarezza, che fino a oggi i fuorilegge siamo stati noi. Cosa stiamo aspettando?

 

Carlo Rovelli

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