«Prima di nascere» di Claudio Damiani

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Damiani

Prima di nascere è in qualche modo la continuazione di Cieli celesti (del 2016), radicalizzando però la questione del tempo e della nostra caducità. C’è sempre, come in Cieli celesti, questo cielo immenso e vivo, pieno di esseri intelligenti, con i quali comunichiamo a distanza, esseri poveri e caduchi come noi, che agiscono al buio senza conoscere i veri obiettivi, o con obiettivi falsi, come gli affiliati delle società segrete; c’è sempre questa immensità che ci conforta, e ci dà forza; ma c’è anche, sempre più svergognato, l’orrore della nostra caducità, nel tempo in cui si fa chiaro, attraverso l’evoluzione tecnologica (terzo stadio, dopo quella fisica e quella biologica), il nostro desiderio di vincerla, la caducità, di vincere la morte.

È questo nostro tempo quello in cui noi, come dice il grande Emanuele Severino (che illumina e forse anche ottenebra questo libro, ma sono tenebre proficue), siamo come il trapezista che ha lasciato un trapezio e non ancora afferrato l’altro, e resta sospeso nel vuoto:

Se il primo trapezio, che abbiamo lasciato,
era la grande parola delle religioni,
era la filosofia, era la scienza fino a noi,
cosa sarà il nuovo trapezio?

Cosa sarà il nuovo trapezio? E poi, ci sarà veramente? E se non ci fosse, se rimanessimo così, per sempre, sospesi? Fiduciosi, solo, nella tecnica?

E allora, ma siamo già verso la fine del libro, si presenta la possibilità che il nuovo trapezio sia non un miraggio della tecnologia, a cui ci attacchiamo stupidamente, ma una parola, una frase, un messaggio scritto dentro la natura, come in una bottiglia, un messaggio per noi, che sta dietro, sotto (la natura, come dice Eraclito, ama nascondersi) e che la nostra osservazione, il nostro studio, la nostra scienza sta per vedere, è molto vicina a scoprire. E questo messaggio ci dirà, e ci tranquillizzerà.

Perché non sappiamo niente, abbiamo solo ipotesi. Possiamo avere solo speranza. La speranza è la nostra scienza.

Non è una formula, un’equazione (sempre la solita formula!), ma, appunto, un testo. Qualcosa che la natura ha lasciato, a noi e alle altre intelligenze cosmiche, per quando saremo grandi, per quando potremo capire. Cioè adesso, fra poco, forse pochissimo.

Abbiamo detto la fine, ma l’inizio? L’inizio è qualcosa che pensavo da bambino, intorno ai cinque anni, e che forse molti, o tutti i bambini pensano: dov’ero prima di nascere? C’ero o non c’ero? E se c’ero dov’ero? Dove poggiavo i piedi, sospeso, come mi vedevo, nel cielo? E se non c’ero, come è possibile che non c’ero, dov’era il mio non esserci? Da dove venivo? Insomma tutte e due le cose, sia esserci che non esserci, mi sembravano impossibili.

Nel libro questo pensiero infantile ritorna ossessivamente e si congiunge spesso al pensiero del dopo di questa nostra vita. La morte è un mistero, ma anche la nascita non scherza. Che cosa sappiamo di lei, che cosa ricordiamo? Due vuoti mentali che nascondono forse qualcosa di molto simile. Come entrare e uscire da una porta, la stessa porta. La porta è una, non due. Ma che cos’è questa porta, come è fatta?

Una sezione si intitola Campi Elisi, e interroga i morti, si incammina verso di loro, come Enea nei Campi Elisi appunto. I morti sono i miei genitori, e una donna che ho molto amato. Si tratta non tanto di vedere loro, e interrogarli, ma di farmi vedere da loro. Farmi vedere dai miei antecedenti, e anche dai miei discendenti (come i discendenti, ancora non nati, che Anchise mostra ad Enea). E, nel farmi vedere, vederli.

I semi da cui ci siamo sviluppati erano già vita, erano già vivi, e così i semi dei nostri genitori. Andando indietro non si arriva a un capostipite, ma si ripercorre l’evoluzione al contrario, si giunge agli unicellulari che erano amortali (dividendosi in due), e all’evoluzione fisica anch’essa amortale.

Di questa evoluzione ognuno di noi è un piccolissimo anello. Sì, caduco, perché è un frammento di tempo, ma tuttavia indispensabile. Se uno solo di noi mancasse, tutta la catena si romperebbe. E non esisterebbe niente.

 

Claudio Damiani

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