Pubblichiamo uno dei racconti realizzati dai ragazzi delle scuole che hanno partecipato con la giornalista Melania Petriello e la scrittrice Isabella Pedicini al progetto «Ioleggo» Il teatro che ti prende in parola, promosso dall’Associazione Alt Academy insieme ai grandi teatri di Roma (Teatro Eliseo, Teatro di Roma, Teatro De’ Servi).
Un barcone. Ci sono tante persone, con la pelle più scura della mia, i capelli carbone e gli occhi color della cenere. Ci sono anche un sacco di bambini. Vorrei giocare un po’ con loro, ma non capisco cosa dicono. E poi, papà ha detto di non avvicinarmi. Così li guardo dalla mia camera, che in realtà è una cabina. E dal piccolo oblò vedo centinaia di persone ammassate, con un sacco di vestiti addosso anche se è estate. Se ne stanno attaccati gli uni agli altri, in silenzio a testa bassa. Anche i bambini sono in silenzio. Sono bambini strani, quelli. Se ne stanno attaccati alle madri e piagnucolano. Altri hanno sguardi seri, da adulto. Sono bambini sciocchi, anche. Potrebbero giocare tutti insieme, ma restano fermi finché il barcone non spegne i motori e allora vanno a fare il bagno. A me piace tanto nuotare. Deve piacere anche a loro perché quando scendono tutti noi ce ne andiamo e loro restano a giocare in mare. Una volta li ho guardati mentre ce ne andavamo. Sono bravissimi a fare il morto a galla. C’ era una bambina che se ne stava sola in un angolo. Non c’ era nessuno con lei. La vedevo che parlava con una bambola di pezza, che in realtà era uno straccio. Povera, quella bambina. Non aveva amici. Mi faceva un po’ pena… Magari se vado da lei si divertirà più che a parlare con la bambola. Aspetto che diventi notte ed esco in punta di piedi dalla mia cameretta. La raggiungo in silenzio e mi metto davanti a lei. Alza lo sguardo e io alzo la mano, per salutarla. Lei sorride un po’. Un sorriso malinconico, più che altro. Mi siedo con le gambe incrociate, come fanno i capi indiani, e allora succede. Succede quella cosa che sanno fare solo i bambini: parlano. Ma non con la voce, non capiremmo nulla. Parliamo con il cuore. Io le dico che mi chiamo Paolo, che ho sette anni e mi piace lo spazio, ma anche i dinosauri. Le racconto che mi annoio, perchè questo viaggio imprevisto è lungo e non posso neanche vedere i cartoni. Lei si chiama Sasha. Nel suo paese ( ha un nome difficilissimo da ricordare) c’è la guerra e la sua famiglia è troppo povera. Così hanno deciso di andare in Italia. Io le chiedo se le piace nuotare. Lei mi guarda un po’ strana, come se non capisse. Poi vado via.
Al mattino il barcone è vuoto. Sono già andati a nuotare. E infatti li vedo che fanno il morto a galla. Sono già lontani, sembrano formiche. Corro dal capitano, che è mio padre. Non mi porta mai con sé. Non so perché oggi sì – Chi va a nuotare non ritorna mai più –. E allora capisco. Non voglio più guardare quelle persone. Mi fanno stare male perché so che mio padre le inganna. Soprattutto non voglio più vederli mentre nuotano. Decisamente, sono troppo bravi a fare il morto a galla.
Marta Ballico
Istituto Sacro Cuore Trinità dei Monti
Classe terza