Solito tavolo

•   Il blog di Fazi Editore
A A A

Pubblichiamo uno dei racconti realizzati dai ragazzi delle scuole che hanno partecipato con la giornalista Melania Petriello e la scrittrice Isabella Pedicini al progetto «Ioleggo» Il teatro che ti prende in parola, promosso dall’Associazione Alt Academy insieme ai grandi teatri di Roma (Teatro Eliseo, Teatro di Roma, Teatro De’ Servi).

 

Grandi occhi blu ghiaccio, folti capelli neri inanellati, corporatura alta ed esile. In apparenza un uomo piuttosto debole ed insicuro, ma vi era qualcosa nei suoi movimenti, negli occhi così intensi da correre il rischio di perdersi al loro interno, nelle mani nodose ed ossute; che creava riparo, che dava un senso di sicurezza.

Osservava chiunque passasse per la strada, lo scrutava con attenzione e cercava di immaginare la sua storia. Quando non ci riusciva, sentiva che si era fatto sfuggire qualcosa di unico e prezioso, come se non avesse più potuto conoscere una piccola parte del suo mondo, della sua città, della sua vita.

Quella mattina, però, era particolarmente distratto e camminava frettolosamente. Di lì a poco, infatti, avrebbe rivisto l’unica persona a cui era realmente legato. Quest’ ultimo era un uomo basso, piuttosto robusto. I suoi occhi erano piccoli ed infossati, perciò non risaltavano sul volto. I movimenti si presentavano goffi e pesanti. Aveva un carattere misterioso: in apparenza timido e quasi ingenuo, ma dietro questa maschera si nascondeva una persona furba, sicura di sé e, nei momenti più difficili e complicati, egoista ed ipocrita. Però, soprattutto questi ultimi due atteggiamenti, li nascondeva molto bene, come un cane sotterra l‘osso per poi tirarlo fuori al momento opportuno.

Quel giorno lo avrebbe incontrato in un piccolo bar di ritorno da un viaggio. Non gli aveva detto dove fosse andato, ma l’importante per lui, in quel momento, era rivederlo per descrivergli tutti i nuovi volti che aveva ammirato e le nuove storie che aveva immaginato. Quando arrivò, vide il tavolo dove solitamente si sedevano, vuoto. Si avvicinò credendo che il suo amico avesse avuto un contrattempo. Stava per sedersi, quando notò un bigliettino. Vi avvicinò gli occhi e lesse: “La tua amicizia mi è stata utile”. Si sentiva confuso, non capiva il significato di quelle parole. Improvvisamente, si accorse di una piccola scatola rivestita di velluto blu posata sul foglio. La riconobbe subito: custodiva un gioiello ricoperto da numerosi e piccoli diamanti che cambiavano colore a seconda della luce. Il suo valore era inestimabile. Aprì la scatolina con le mani tremanti ed all’interno vide solamente la seta color panna sul fondo. Il gioiello era scomparso. A quella visione comprese il significato di tutto ciò: era stato usato, la persona che credeva sua unica vera amica si era servita del suo affetto per arricchirsi. Sentì una dolorosa fitta allo stomaco ed iniziò a respirare a fatica. Gli occhi si riempirono di lacrime amare che gli annebbiarono la vista e le gambe iniziarono a tremare. Sentì il sangue gelarsi nelle vene e le orecchie che non udivano altro che il pesante e lento battito di un cuore che non capiva per quale motivo dovesse continuare a battere. Il sentimento che provava non era rabbia, ma disperazione. Aveva subito la cosa peggiore che gli potesse capitare: era stato distrutto dentro. A lui non importava del gioiello. Era stato vittima di un inganno.

I giorni seguenti passarono lenti e tristi. Non osservava più le persone, ma camminava a testa bassa. Infatti, non avvertiva più il bisogno di completare la sua vita, perché non si sentiva più vivo. Una mattina però, provò l’incomprensibile esigenza di tornare al bar. Così, vi si recò nuovamente e si sedette allo stesso tavolino di qualche giorno prima. Improvvisamente, vide un uomo anziano che camminava aiutandosi con le stampelle. Aveva i capelli bianchi tirati indietro ed una folta barba dello stesso colore. Portava un paio di occhiali da vista spessi con la montatura marrone ed indossava felpa e pantaloni da ginnastica grigi. Quello che più lo colpiva era il suo sorriso: sorrideva sempre, a chiunque lo guardasse. Continuò ad osservarlo finché, inaspettatamente, lo vide inciampare e cadere. Subito si alzò dal tavolo e corse in suo soccorso. Il sorriso illuminava ancora il volto dell’ anziano. Lo aiutò a rialzarsi e lo invitò a sedersi. “Le posso offrire qualcosa?” chiese, sorprendentemente, lo sconosciuto. Sorrisero. Non vi era bisogno di parlare, i loro sorrisi dicevano tutto. Fu così che, colui che si credeva perso, colui che era stato illuso, nello stesso posto in cui era morto, rinacque.

Privacy Policy   •   Cookie Policy   •   Web Design by Liquid Factory