In occasione della pubblicazione di Company Parade, Velia Februari ci racconta la sua esperienza con la traduzione del romanzo di Margaret Storm Jameson.
Per raccontare la storia della traduzione di questo romanzo vorrei partire da una frase a commento dell’uscita della versione italiana: “Va letto nonostante sia tradotto e si sa che alcuni passaggi possono perdere il senso”. Queste poche parole, scritte da una futura – mi auguro – lettrice di Company Parade di Margaret Storm Jameson, mi hanno invitato a esprimermi sulla natura di quest’opera letteraria e, di conseguenza, sul lavoro di traduzione.
Il termine “senso” per un traduttore raccoglie in sé una miriade di sfumature che spaziano dal letterale, ovvero la comprensione superficiale di un testo, fino al filosofico, vale a dire il significato profondo di un’opera. Se è lecito affermare che il lettore compie un viaggio più o meno orizzontale nel testo, è altrettanto lecito dire che il traduttore vi si immerge verticalmente fino a vivere quella che oserei definire una metempsicosi ri-creativa. Il viaggio chiamato traduzione è quasi sempre imprevedibile – un traduttore non sa mai quali sfide si troverà ad affrontare finché non è giunto a destinazione, neppure se si prende la briga di studiare a fondo il testo che gli è stato affidato – e richiede un bagaglio grosso e pesante almeno quanto il baule armadio di Hervey Russell, la protagonista di Company Parade, al suo arrivo a Londra.
Già nei primi giorni di lavoro ho avuto impressioni antitetiche; in un messaggio alla redazione ho definito Company Parade un romanzo sorprendente. Sì, perché da un lato mi sentivo a mio agio nella scrittura elegante di Storm Jameson, nel suo lessico ricercato e talvolta addirittura astruso, nella sua ipotassi articolata, nel suo lungo periodare così insolito per una scrittrice inglese. Dall’altro lato, invece, ero spaesata perché il testo continuava a stupirmi con frequenti ambiguità di senso che in alcuni casi sfioravano la contraddizione. Avevo la netta impressione di perdermi qualcosa, navigavo a vista seguendo sì la rotta indicata, ma senza la consapevolezza di quella che avrebbe dovuto essere la meta: il senso univoco e profondo del testo.
Nel corso del mio viaggio ho iniziato a nutrire il sospetto che la contraddizione e l’ambiguità fossero la cifra formale e contenutistica di Storm Jameson. Si pensi solo alla protagonista del romanzo, così descritta: “In lei […] coesistevano contraddizioni violente”. Parole, queste, che hanno richiamato alla mia mente una frase tristemente celebre del poeta Alexander Pope, “Nel migliore dei casi la donna è una contraddizione” (non è un caso che a formulare questo giudizio riguardo a Hervey sia un uomo, tuttavia eviterei di liquidare questo romanzo come femminista tout court). Ho scoperto poi che la mia percezione della centralità della contraddizione in Storm Jameson era più che fondata, come ho letto in seguito in una monografia dedicata a questa autrice, da poco riscoperta anche in patria: “La sua lunga carriera […] traeva energia da una viva tensione, a tutti i livelli, tra impulsi contrastanti”.
Il senso profondo, che io percepivo senza riuscire a individuare con esattezza, era in verità una molteplicità di senso. È proprio nella contraddizione e nell’ambiguità, infatti, che risiedono l’autenticità e il realismo di Storm Jameson. Persino l’individualità viene rappresentata in Company Parade sia nella forma dell’esperienza personale che in quella di esperienza collettiva. Il suo romanzo è uno specchio dell’Inghilterra nel primo dopoguerra, dell’instabilità della vita in una parentesi di pace in cui già si profilano nuovi orizzonti di guerra, dell’inquietudine di chi è sopravvissuto alle trincee e ha visto morire decine di compagni d’armi. Ma al contempo è anche il ritratto universale della precarietà di chi sceglie di inseguire le proprie ambizioni senza piegarsi a compromessi, di una gioventù condannata e tradita che tuttavia non perde la speranza di poter costruire un mondo nuovo. In Hervey Russell, come in tutti gli altri personaggi di Company Parade, sono rappresentate tutte le sfumature e la complessità del comportamento umano.
Per Margaret Storm Jameson l’arte ha il compito irrinunciabile di dipingere la vita come degna di essere vissuta, di osannarla, di trasmettere ispirazione, forza e fede nel potere dello spirito umano, in tutte le manifestazioni. E qualità imprescindibile dello scrittore è quella di essere in grado di percepire il passato e il futuro che si manifestano nel presente e di dare conto delle proprie intuizioni al lettore.
Come traduttrice, non aspiro a tanto. La mia sincera speranza è che ogni lettore viva lo smarrimento, lo stupore e la gioia della scoperta che ho vissuto durante il mio viaggio dentro questo romanzo. Anche perdendone il senso, di tanto in tanto.
Velia Februari