Tradurre «Le lupe di Pompei» di Elodie Harper

•   Il blog di Fazi Editore
A A A
Lupe

In occasione dell’uscita de Le lupe di Pompei, la traduttrice Isabella Zani racconta il primo capitolo della trilogia bestseller di Elodie Harper.

 

Siamo nella Pompei antica, luogo mitico e insieme così reale, presente e amato che non serve presentarlo. La sorte atroce della cittadina e dei suoi abitanti si è tramandata con tanta vividezza che oggi, a quasi duemila anni di distanza dal disastro, ci sembra per qualche verso di soffrirne ancora; eppure, proprio il disastro ha regalato a Pompei l’eternità, e l’ha trasformata, fra molte altre cose, in una scenografia d’eccezione.

Su uno sfondo tanto pieno di fascino sarebbe stato facile ambientare una storia di grande romanticismo, magari venato di tragedia annunciata, oppure una vicenda d’intrighi e rivalità tra facoltosi notabili, condottieri celebrati e matrone seducenti; invece, nel suo romanzo pompeiano Elodie Harper sceglie di narrarci una storia di ultimi – anzi, di ultime – mostrandoci in presa diretta e senza patine consolatorie che cosa significa trovarsi nel mucchio di chi è privo di tutto, a cominciare dal diritto a conservare il proprio nome, in una società dove la ricchezza e il prestigio di pochi si fondano sulla cattività e lo sfruttamento di moltissimi.

Protagoniste assolute del romanzo sono da un lato proprio la cittadina, descritta con una precisione che denuncia l’impegno nella ricerca storica sui luoghi e sul periodo senza tuttavia appesantire il flusso della narrazione, e dall’altro appunto le Lupe, cioè le prostitute schiave del bordello cittadino, costrette e assoggettate alla volontà e ai capricci del padrone, dei clienti e di chiunque si trovi anche solo un gradino al di sopra di loro nella rigida stratificazione delle classi. Gli intrighi ci sono, ma servono ad accaparrarsi quote miserabili sul mercato dell’usura; ci sono le rivalità, ma riguardano gli altrettanto miserabili sfruttatori delle povere donne nate o diventate schiave, non solo nei bordelli ma anche nelle botteghe e nelle osterie. Poi, certo, nel libro non mancano gli accenni all’imperatore (all’epoca Vespasiano, che però non viene mai nominato), e non mancano i notabili, né i condottieri, né le matrone. Tutti costoro rimangono però in secondo piano rispetto alla narrazione della quotidianità delle Lupe, fatta – salvo rari momenti di tregua legati soprattutto a un’ostinata solidarietà femminile – di costrizione, stenti e violenze. Violenze costantemente subite ma talvolta anche perpetrate, perché di norma un sistema crudele non esalta nelle vittime i lati migliori; e proprio in questa onestà nella costruzione dei personaggi principali, e nella schiettezza anche brutale dei loro rapporti, sta a mio parere il maggior pregio del libro.

La sfortunata e decisa schiava Amara scambia aiuto e sostegno per quanto può con le compagne di sventura, ma non esita a farsi calcolatrice e distaccata dall’istante in cui comprende che potrà salvare solo sé stessa; il feroce padrone Felicio è tormentato dai segni di una giovinezza spietata da cui forse vorrebbe, ma non trova la forza di affrancarsi, e c’è da temerne i rari lampi di generosità al pari dei frequenti scoppi d’ira; la bella e cinica Vittoria, che non ha conosciuto altro destino che la schiavitù sessuale, si vanta di saper trarre soddisfazioni dal mestiere che è costretta a esercitare, però coltiva ostinatamente il sogno di un amore romantico… e questo gioco di luci e ombre vale per tutte le donne e gli uomini che Harper mette in scena, a popolare una Pompei sordida di vicoli bui e povere bettole, fastosa di giochi circensi e ville patrizie, animata di traffici tra il Foro e il porto, nella quale Amara prova a indurire il cuore e cercare un riscatto dalla propria condizione affinando le arti della seduzione ma affidandosi anche all’intelligenza, alla capacità di osservazione, al coraggio di non farsi troppe illusioni.

Dal punto di vista emotivo, tradurre Le lupe di Pompei è stata una lunga avventura per un luogo leggendario, in compagnia di un gruppo di donne che di pagina in pagina mi hanno fatto venire voglia di ascoltarle, di soccorrerle, di provare a emularle in audacia, e perfino di prenderle a schiaffi per quanto sono vere anche nei loro errori; e così simili a noi nel loro desiderio di vivere la vita anziché subirla, e diventare padrone di sé stesse anziché rimanere proprietà altrui, nel vero senso della parola. Mentre su un piano più tecnico, per così dire, prendere la Pompei descritta e animata da Elodie Harper in inglese e provare a restituirla in italiano è stato come riaccompagnarla a casa, in Italia e nella familiarità di una lingua certo non identica ma senz’altro più vicina a quella in cui si sarebbero svolte le vicende narrate, se fossero realmente accadute. Non dubito che Le lupe di Pompei possano ricevere un’accoglienza calorosa in molte altre versioni, ma come loro traduttrice italiana ho potuto godere di una visuale unica e privilegiata, in cui la prossimità geografica e linguistica all’ambientazione della storia ha moltiplicato il piacere dell’esperienza di traduzione.

 

Isabella Zani

Privacy Policy   •   Cookie Policy   •   Web Design by Liquid Factory