Tradurre «Pioggia sottile» di Luis Landero

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Landero

La traduttrice Giulia Zavagna racconta la sua esperienza con la traduzione di Pioggia sottile, straordinario romanzo di Luis Landero. 

 

Tradurre questo romanzo è stato come affacciarsi alla serratura di una porta chiusa, e da lì seguire le vicende dei personaggi coinvolti. Siamo a Madrid, e la porta è di buona fattura, di quelle dietro le quali si celano i segreti di una famiglia che, dopo aver passato tempi duri, oggi si può dire benestante. Una donna sul punto di compiere ottant’anni, vedova, per la quale a ogni gioia certamente seguirà una disgrazia, e i suoi tre figli – un maschio e due femmine, ormai adulti ma in fondo sempre bambini – con matrimoni sereni, naufragati o mancati alle spalle. E alle spalle anche un’intera vita in comune, benché il tempo passi e ci si veda sempre meno, con gli impegni e pensieri quotidiani che hanno la meglio su tutto. Quiete apparente, insomma, finché Gabriel – primogenito, figlio maggiore, da sempre convinto che la felicità si possa imparare – non ha un’idea. Perché non organizzare un pranzo, una vera e propria riunione di famiglia, per festeggiare il compleanno della madre? Ecco l’inizio, ecco la fine.

Spesso tradurre significa farsi invisibile, quasi celarsi dietro ogni singola parola oppure, di tanto in tanto, irrompere con fragore sulla pagina, perché certe decisioni inevitabili richiedono un atto di presenza, di coraggio. In questo caso, tradurre è stato soprattutto ascoltare, come fa Aurora, la vera grande protagonista di questo romanzo, che riceve e custodisce le opinioni di tutti, i ricordi falsati dal tempo, le storie prive di obiettività, i commenti piccati. Ascoltare, sopra ogni cosa, la voce di ognuno di questi personaggi, narratori inaffidabili per eccellenza, come siamo noi. Perché proprio di questo parla Pioggia sottile: di noi. È la storia di una famiglia – complicata, a tratti inquietante, piena di chiaroscuri, ma quale non lo è? –, raccontata da tutti i membri di quella famiglia a una figura che sembra farne parte solo tangenzialmente, eppure ne è il centro: Aurora, che ha sposato Gabriel, che ha scelto di andare insieme a lui incontro alla felicità; Aurora, che ascolta, che filtra, che assorbe. (Forse la metafora perfetta dello scrittore.)

Alle prese con un romanzo in cui il dialogo e la sovrapposizione dei punti di vista hanno un ruolo tanto cruciale, è quasi impossibile prescindere dall’oralità, e la rilettura si è trasformata così in un declamare ad alta voce, quasi un mettere in scena i numerosissimi scambi tra i personaggi, ricordando che Gabriel affronta ogni situazione con filosofia, che è nato felice e nessuno l’ha mai visto piangere; che Andrea, al contrario, nella sua vita ha pianto molto, e ha subito affronti di ogni genere; che Sonia ha sempre sognato di viaggiare e imparare l’inglese ma si è ritrovata a lavorare nella merceria della madre; che Aurora avrebbe anche lei due o tre cose da dire, eppure ascolta.

Luis Landero è uno dei maggiori scrittori spagnoli contemporanei: ha esordito nel 1989, a più di quarant’anni, con il romanzo Giochi tardivi, e da allora non ha mai smesso di incantare i lettori con opere celebri per la prosa raffinatissima, la sapienza narrativa e uno sguardo tragicomico sul reale. Racconta che Pioggia sottile è nato da una brevissima notizia di cronaca, al limite del grottesco: una riunione di famiglia finita male, con un morto e tre feriti. «È bastato leggere quel trafiletto per intuire l’intera storia: dopo pochi mesi il libro era pronto, con tanto di titolo, quasi si fosse scritto da solo», ha dichiarato quando il romanzo era già in testa alle classifiche, e aveva raggiunto migliaia e migliaia di lettori.

Dopo averci lavorato per mesi, dopo averlo letto infinite volte, mi sono accorta che nell’incipit – un incipit indelebile, e per me inestricabile dalle famiglie felici e infelici di tolstojana memoria – c’era già tutto: «Ormai sa con certezza che le storie non sono innocenti, non del tutto innocenti». Aurora sa. Sa che in questo romanzo la memoria è un «formicaio», i ricordi vengono «salvati all’ultimo momento dall’oblio», i rancori sono sempre «in agguato». Che «l’amore morde come una bestia», e che «per convivere, è necessario che ognuno abbia i suoi segreti». In questo romanzo, o nella vita?

 

Giulia Zavagna

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