Tradurre «Sabriel» di Garth Nix

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Sabriel

In occasione dell’uscita di Sabriel, Daniela De Lorenzo racconta il suo “autentico viaggio nel Vecchio Regno” per tradurre il romanzo di Garth Nix.

 

Garth Nix, un autore con una tale vena immaginifica non poteva che nascere con un nome così, dal sapore alchemico. Più che uno scrittore Nix è un costruttore di mondi e lo scorso inverno ho avuto la fortuna di potermi addentrare in uno di questi mondi, senz’altro il più celebre: il Vecchio Regno.

Il primo volume della trilogia ruota attorno alle vicende di Sabriel e, per quanto si tratti di un fantasy, le dinamiche profondamente umane della storia rendono davvero semplice il patto finzionale con l’autore che ci conduce con destrezza in un universo di negromanti, mordicant, spiriti intrappolati e morti che tornano in vita.

Ecco dunque, in sintesi, com’è andata la mia esperienza, che è stata un autentico viaggio nel Vecchio Regno.

Della splendida cartina in apertura del libro ho visto solo alcuni luoghi, anche se mi riprometto di visitarne altri in futuro. Per esempio non ho visitato il sud, dove stando a quel che si dice la magia è considerata oltraggiosa, non è materia da conversazione tra persone rispettabili e se ne mette persino in dubbio l’esistenza. La mia avventura è iniziata ad Ancelstierre, dove l’atteggiamento nei confronti della magia è meno drastico, tant’è che nel college di Sabriel si possono studiare le basi della stregoneria e qualche incantesimo. Appena arrivata ho quindi gironzolato nei corridoi del college, fatto la conoscenza della petulante Mrs Umbrade e della magistrix Greenwod. Ma già scalpitavo all’idea di oltrepassare il Muro, una lunghissima linea di frontiera che separa Ancelstierre dal Vecchio Regno. Ho consultato l’almanacco di Sabriel che indica quale clima aspettarsi al di qua e al di là del Muro secondo i rispettivi calendari e mi sono procurata un paio di sci e degli indumenti caldi per andare incontro all’inverno.

Dopo varie peripezie sono finalmente riuscita a penetrare nel Vecchio Regno, dove a “regnare”, ahimè, è rimasta solo l’anarchia. La magia primigenia ha infatti preso il sopravvento su quella della Briglia, sulle sue regole che un tempo davano un ordine al mondo e che ora sembrano non valere più. Mi sono allora mossa in lungo e in largo nel Vecchio Regno per scoprirne il motivo, ho visto creature misteriose e sono addirittura salita a bordo di un cartaplano. Ma a guidarmi – soprattutto durante le mie frequenti incursioni nella Morte – c’era sempre Sabriel, armata delle sue sette campane.

Lungo il percorso ho conosciuto molti personaggi avvincenti. Ad esempio l’enigmatico Abhorsen, che fa sì che i morti restino morti, anche quando non vogliono (e alcuni morti, vedrete, sono particolarmente testardi). O Touchstone, un fool shakespeariano a regola d’arte che per qualche ragione è stato trasformato nella polena di una nave. E poi Mogget, un “gatto” che a dispetto delle apparenze la sa lunga e non manca di farlo notare con i suoi commenti al vetriolo. Il tutto corredato da tantissimi “sembianti”, ossia proiezioni della magia della Briglia con fattezze semiumane che svolgono innumerevoli funzioni.

È stato un viaggio elettrizzante, denso di avvenimenti, scoperte e riflessioni mai banali, alla fine del quale mi sono abituata alla frequentazione del tessuto linguistico dell’autore e mi sono sentita pronta a impugnare – metaforicamente – la penna. E così come Sabriel impara a immergersi nella Briglia che tesse il mondo e unisce tutte quante le esistenze per selezionare i simboli che daranno vita a un incantesimo, ho anch’io selezionato, soppesato e intessuto le parole in modo da ricreare la fluidità dello stile, l’originalità dei neologismi e mantenere vivo l’interesse del lettore dal principio alla fine.

Ora tocca a voi: mappa in mano e che la Briglia vi protegga!

 

Daniela De Lorenzo

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