Tradurre «Urbi et Orbi» di Dmitrij Miropol’skij

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Dimitri

In occasione dell’uscita di Urbi et Orbi, Carmelo Cascone racconta la sua esperienza di traduzione con il romanzo di Dmitrij Miropol’skij.

 

Per tradurre Urbi et Orbi, il cui titolo originale è Il segreto dei tre sovrani, posso affermare di non aver lavorato nemmeno un giorno.

Ho iniziato la traduzione alla fine del febbraio 2020, in un periodo i cui eventi è superfluo richiamare alla memoria. Quella che per molti era una novità assoluta, per il traduttore era la routine: lavorare da casa.

Vivo in Russia da ormai quasi dieci anni. Durante la traduzione del precedente L’ultimo inverno di Rasputin ho avuto modo d’incontrare Dmitrij Miropol’skij a San Pietroburgo e da allora è nata quella che si può definire un’amicizia. L’ingannevole aspetto austero contrasta con l’uomo sempre pronto alla battuta arguta, al dialogo brillante, e con il personaggio eclettico, poliedrico, e oratore infaticabile. Dmitrij è anche un esperto in materia di time management perché è padre di cinque figli e trova il tempo per scrivere romanzi che sfiorano il migliaio di pagine, sceneggiature per la tv, tenere un blog, prendere parte a interviste e a programmi televisivi e perfino inventarsi giochi da tavolo. Mi ha spesso ripetuto che ama il movimento, che la vita è movimento, e la sua biografia lo conferma.

Come per il precedente libro, anche per questo abbiamo organizzato un briefing preliminare in cui abbiamo passato al vaglio i momenti che potevano presentare difficoltà e analizzato il registro linguistico che andava dato ai vari personaggi, lui mi ha parlato di alcuni degli innumerevoli eventi storici disseminati nel libro, della costruzione della trama, di tutto quello che mi sarebbe stato necessario durante il lavoro. Sono seguiti altri preziosi colloqui-fiume che si protraevano sempre fino a notte fonda od occupavano lo spazio di un’intera mattinata. Perché con Dmitrij si potrebbe parlare per giorni interi, e perché per il traduttore ogni suo libro è sempre una sfida, soprattutto per la mole di dati e informazioni che riesce a veicolare. Non a caso, in patria è classificato come autore di “infotainment”. Ma la sfida di questo libro è stata anche spaziare dal lessico scientifico (della biologia e della fisica in particolare) a quello burocratico, militare, filosofico, religioso, colloquiale, ricercato, e per finire anche volutamente sciatto in determinate occasioni (ad esempio quando il protagonista Odincov si finge un consumato frequentatore di postriboli durante una concitata fuga…). Alcuni personaggi, tra cui l’appena citato Odincov e il suo amico di vecchia data Varaksa, insieme al loro diretto antagonista Psurcev, adottano un linguaggio da militari, da «duri», l’enigmatico miliardario Weintraub si serve di un dire forbito, la parlata di Eva, femme fatale americana, è contaminata da termini inglesi, ed è presente anche un’incursione nella cultura e nel mondo ceceno, nel capitolo intitolato Nochalla, termine che non ha traduzione diretta in italiano.

Oltre all’approccio cerebrale, il traduttore porta con sé anche un carico emozionale. Confesso che raramente mi sono ritrovato a non riuscire a staccarmi dal testo fin da subito, fin dalla prima pagina. La costruzione e il senso di rapimento dei primi capitoli è un espediente narrativo che Miropol’skij, virtuoso del plot (L’ultimo inverno di Rasputin ne è un’ottima dimostrazione), crea trascinandoci all’interno di ingranaggi narrativi calcolati al millimetro.

«Era la giornata del Pi greco e il maggiore Odincov non aveva intenzione di uccidere nessuno».

È questo l’incipit di Urbi et Orbi. Quando iniziamo a leggere facciamo la conoscenza del maggiore Odincov e del giovane ricercatore Muninn, due personalità opposte per carattere, formazione ed esperienza di vita, e la nostra attenzione è subito catturata dallo scritto di Muninn intitolato Urbi et Orbi, in cui viene dimostrata un’unità di azioni tra Pietro il Grande, Paolo I e Ivan il Terribile. Perché? Perché un’organizzazione per la sicurezza del Paese è interessata a questo scritto – insieme ad altre figure ambigue – e qual è il legame che lega eventi e persone lontane secoli? La risposta a questa domanda è frammentata e disseminata lungo un arco narrativo di quasi ottocento pagine in cui Miropol’skij cela abilmente gli indizi, ci accompagna talora attraverso calcolate deviazioni, ma non ci disorienta mai, e quello che accade a noi è anche quello che accade ai protagonisti del romanzo, tutti in possesso di frammenti di informazioni, ma nessuno in possesso della conoscenza integrale degli eventi di cui è parte, fino ai capitoli finali. Iniziare (e proseguire) questa traduzione all’alba di questi tempi particolarmente complessi è stato un lavoro che spesso si è rivelato mimesi della vita, perché uno dei fondamenti del romanzo è il concetto d’informazione e la sua trasmissione. E cosa c’era di più attuale allora e ora?

Ho usato la parola “lavoro” e ne ho descritto alcune fasi, in evidente contraddizione con quanto dichiarato in apertura. Vero. Ma qualcuno disse: «Se ami il lavoro che fai non lavorerai nemmeno un giorno nella tua vita». E per tradurre questo testo non ho lavorato nemmeno un giorno.

 

Carmelo Cascone

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