Aspettando il 20 febbraio l’uscita di La ragazza con la macchina da scrivere, Desy Icardi ci racconta il suo nuovo romanzo dopo il fortunato L’annusatrice di libri.
Una macchina da scrivere, magari laccata di nero, poggiata su di uno scrittoio accanto a una lampada accesa: quante volte abbiamo visto un’immagine di questo genere illustrare articoli o libri dedicati alla scrittura e ai grandi scrittori del passato? Eppure, anche se il connubio tra macchina da scrivere e scrittori è indiscutibile e indissolubile, non fu per loro che questo rivoluzionario strumento venne inventato. La prima macchina da scrivere, o meglio la sua più prossima antenata, fu brevettata nel 1855 a Torino dall’avvocato novarese Giuseppe Ravizza, col nome di Cembalo scrivano, in ragione del suo meccanismo di funzionamento molto simile a quello del clavicembalo. Il Cembalo scrivano era stato pensato dal suo inventore per consentire ai ciechi di scrivere in autonomia. Nonostante le nobili intenzioni del Ravizza, bisognerà attendere l’inizio del ‘900 per la creazione della Dattilobraille, una macchina da scrivere utilizzabile dai non vedenti; non deve tuttavia stupire che i primi destinatari di un’invenzione che diverrà tanto popolare fossero persone prive di vista.
La vista, infatti, è un elemento secondario, quasi irrilevante per la dattilografia che si basa sulla memoria muscolare e tattile.
«Non guardare la tastiera, Dalia!», ti ordinava. «Le vere dattilografe non hanno bisogno di cercare i tasti con gli occhi, le dita hanno una memoria portentosa, l’importante è consentirgli di svilupparla».
Così l’anziana insegnante di dattilografia ripeteva alla giovane Dalia, la protagonista del mio nuovo romanzo La ragazza con la macchina da scrivere.
Tu cercavi di obbedire, ma i tasti lucidi e rotondi dell’Olivetti MP1 erano una tentazione troppo forte per il tuo sguardo curioso di ragazzina.
La signorina Pellissero si era così risolta a bendarti, costringendoti per settimane a picchiettare sui tasti in completa cecità. I metodi della severissima insegnante, tuttavia, avevano dato i loro frutti: nel corso della tua carriera hai battuto a macchina nelle condizioni più disparate, persino in piena guerra durante le notti di oscuramento, quando occorreva rimanere tappati in casa a luci spente, affinché i bombardieri inglesi non venissero attirati dalle finestre illuminate, come le falene verso la fiamma di una candela.
Se col mio precedente romanzo, L’annusatrice di libri, ho cercato di raccontare l’amore per la lettura attraverso l’olfatto, ne La ragazza con la macchina da scrivere esploro la scrittura dal punto di vista non soltanto emotivo ma soprattutto fisico e tattile, attraverso la vita e i ricordi di Dalia, una dattilografa che attraversa il Novecento, sempre accompagnata dalla sua Olivetti MP1 rossa.
Sono sempre stata affascinata dalle dattilografe, signorine dalla sobria eleganza che con le loro dita agili hanno trascritto, a una velocità inarrivabile, la storia del Novecento.
La macchina da scrivere ha percorso con Dalia gli anni dell’ascesa fascista, il secondo conflitto mondiale, il dopoguerra, sino a giungere agli anni Novanta, quando le macchine da scrivere stanno cedendo il passo ai computer, e l’ormai anziana dattilografa viene colpita da un ictus che cancella parte della sua memoria.
I ricordi di Dalia non si sono tuttavia dissolti, essi sopravvivono nella memoria tattile dei suoi polpastrelli dai quali possono essere liberati soltanto grazie al contatto con i tasti della Olivetti rossa.
Attraverso la macchina da scrivere, Dalia ripercorre la sua esistenza: l’amore per Nuto, un affascinante scrittore di romanzi a puntate; l’amicizia con Ester, una ragazza ebrea costretta a nascondersi in un remoto angolo di provincia per sfuggire alle persecuzioni razziali e l’incontro con l’avvocato Ferro – sì, proprio lui! – anziano ed eccentrico bibliofilo che saprà cambiarle la vita.
Un unico ricordo manca ancora all’appello, ma Dalia è decisa a ritrovarlo grazie agli indizi che il caso, o forse il destino, ha disseminato nella sua esistenza.
La ragazza con la macchina da scrivere è una dichiarazione d’amore alla pagina scritta e alla memoria della quale è custode, un omaggio agli scrittori del passato e, soprattutto, un viaggio tattile nel mondo dei libri e della scrittura.
Desy Icardi