Lirio Abbate - Peter Gomez

I complici

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Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento

Collana:
Numero collana:
149
Pagine:
354
Codice ISBN:
9788881129133
Prezzo cartaceo:
€ 15,00
Data pubblicazione:
09-03-2007

Il segretario nazionale dei giovani dell’UDEUR, il nipote dell’ex vicesindaco comunista di Villabate e l’ultimo erede di una famiglia per anni socia del ministro per gli affari Regionali, Enrico La Loggia: a guardarli mentre camminano assieme per le strade del centro di Palermo, sembrano tre ragazzi appena usciti da un convegno sul futuro della Seconda Repubblica. Ma sono tre picciotti. Tre picciotti di Bernardo Provenzano.

Da uno dei maggiori giornalisti d’inchiesta italiani e da un grande esperto di cose siciliane, un libro ricco di materiale inedito (intercettazioni di telefonate tra i figli di Provenzano, documenti tratti da inchieste giudiziarie sui favoreggiatori) su Provenzano, la nuova mafia e i suoi rapporti con la politica. La biografia dell’ultimo capo dei capi letta attraverso le sue alleanze politiche ed economiche: dall’accordo con il Partito Socialista del 1987 fino alla stagione delle bombe di mafia del 1992-93; dall’arresto di Totò Riina fino al patto stretto, secondo i magistrati di Palermo, con i vertici di Forza Italia e dell’Udc siciliana. Un libro esplosivo che ricostruisce, con documenti e testimonianze inedite, la ragnatela di rapporti che hanno permesso a Provenzano di restare libero per quarantatre anni. Un viaggio nella Mafia spa, un’organizzazione criminale che in Sicilia controlla buona parte degli appalti pubblici, lavora con molte cooperative rosse e imprese di dimensione internazionale, ha uomini infiltrati nelle banche, nelle istituzioni economiche, come la Confindustria, e in quelle culturali, come l’università. Quattordici anni dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, l’opera di Peter Gomez e Lirio Abbate racconta come tutto in Sicilia sia tornato come prima, con decine di deputati regionali eletti a Palazzo dei Normanni nonostante i loro evidenti legami con Cosa Nostra, con una serie di parlamentari nazionali arrivati a Roma dopo aver contrattato l’appoggio degli uomini d’onore. Una lenta e inarrestabile riconquista del potere resa possibile dal silenzio delle istituzioni e dei media. In questo quadro l’arresto di Provenzano, più che il segnale della riscossa, diventa solo una tappa nella metamorfosi definitiva verso la mafia del terzo millennio: quella che alla lupara preferisce il doppiopetto. I complici ha ricevuto il Premio “Enzo Biagi” per il giornalismo 2008, per la sezione “impegno per la legalità”.

I COMPLICI – RECENSIONI

 

TERRA
– 19/07/2009

 

Vacanze con le pagine tra le dita

 

 

 

Fabrizio Basso, IL SECOLO XIX
– 15/10/2008

 

Pif: “Mafia e politica, farò nomi e cognomi”

 

 

 

Boris Sollazzo, LIBERAZIONE
– 15/10/2008

 

Tra l’ironico e l’impegnato, viaggio della ex Iena nella vita quotidiana di Cosa Nostra

 

 

 

Francesco Neri, IL MANIFESTO
– 15/08/2008

 

Il glamour pubblico di un mondo avvolto nella tela della mafia

 

 

 

Corrado Formigli, GIOIA
– 24/05/2008

 

Giù le mani da Renato Schifani

 

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Giuseppe D’Avanzo, IL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA
– 14/05/2008

 

Non è giornalismo d’informazione, ma di opinione e tende a confondere

 

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Gianna Sallustio, LE COLLINE DI PAVESE
– 01/04/2008

 

Quel cretino di Garibaldi

 

 

 

LA STAMPA
– 12/05/2008

 

I soci imbarazzanti del giovane Renato

 

 

 

Tonino Bucci, LIBERAZIONE
– 13/05/2008

 

Povera informazione nell’Italia bipartisan

 

 

 

Giuseppe D’Avanzo, LA REPUBBLICA
– 13/05/2008

 

La lezione del caso Schifani

 

 

 

Dino Messina, CORRIERE DELLA SERA
– 12/05/2008

 

Ma Travaglio rilancia e attacca anche Alfano e Dell’Utri

 

 

 

Fulvio Lo Cicero, DAZEBAO.ORG
– 12/05/2008

 

Il caso Travaglio

 

Dazebao.org

 

 

ImageCi risiamo. Immemore già di quanto gli successe anni fa, in occasione di un’intervista fatta ad un programma di Daniele Luttazzi, il giornalista diffamatore Marco Travaglio ci è ricascato. Ha avuto da ridire sulla nomina di Renato Schifani alla seconda carica dello Stato.

E il suo ridire lo ha fondato sull’inchiesta fatta da Lirio Abbate e Peter Gomez e sfociata in uno dei migliori reportage mai usciti sulla “zona grigia” che ha protetto per decenni l’organizzazione mafiosa siciliana: “I complici” (Fazi editore, 2007).Subito si è sollevato un coro di indignazione, proveniente da sinistra, destra e centro, centro-destra, centro-sinistra, centro-centro. Subito si è gridato contro l’assenza di contraddittorio, contro l’uso distorto del servizio pubblico, reso imbelle da un grumo di diffamatori di professione. Il diffamato Presidente del Senato, poi, ha presentato la più classica delle risposte che in questi casi un manuale non scritto impone di dare: quella dietrologica. “Si riportano vecchi fatti, già chiariti ma, in realtà, dietro tutto ciò si nasconde la volontà di qualcuno di sabotare il clima di collaborazione fra le forze politiche, voluto con forza anche dalla Presidenza della Repubblica”.L’altro elemento classico della vicenda –  come pure avvenne in occasione della citata intervista a Daniele Luttazzi – risiede nella totale assenza dalla concione di una facile e diremmo naturale domanda: ma quello che ha detto Travaglio non sarà mica vero? Vediamo almeno di cosa si tratta.

Nel libro che abbiamo citato, Abbate e Gomez riportano varie vicende di personaggi, molti dei quali attualmente in Parlamento, che svolsero la loro professione di consulenti e amministratori in stretto connubio con esponenti della Cosa nostra siciliana e, in particolare, di colonnelli del latitante Bernardo Provenzano (arrestato l’11 aprile 2006). Di Renato Schifani, si racconta, con grande equilibrio (i giornalisti precisano più volte che l’attuale seconda carica dello Stato non è mai stato oggetto di procedimenti penali e nemmeno sfiorato da alcuna inchiesta) la sua vicinanza professionale ad esponenti mafiosi.

Nino Mandalà, boss assoluto di Villabate, Comune il cui consiglio comunale è stato sciolto più volte per inquinamenti mafiosi e il cui figlio, Nicola, accompagnò personalmente Bernardo Provenzano in Francia per l’operazione alla prostata, fondò nel 1979 con Enrico La Loggia, Renato Schifani, l’ingegnere Benny D’Agostino (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) e Giuseppe Lombardo, già amministratore di società degli esattori Ignazio e Nino Salvo (il primo ucciso dai corleonesi nel 1992), arrestati da Giovanni Falcone perché esponenti di rilievo della famiglia mafiosa di Salemi, la “Sicilia Brokers”, di cui lo stesso Schifani risultò amministratore per circa un anno.

Secondo Francesco Campanella, braccio destro ora “pentito” di Nino Mandalà, “costui mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e con La Loggia ed aveva trovato un accordo per il quale i due segnalavano il progettista del piano regolatore, incassando anche una parcella di un certo rilievo” (dichiarazione processuale).

Poi, il duo Schifani-La Loggia sembra progressivamente allontanarsi da queste frequentazioni, a ragione dei progressi compiuti negli ambienti politici romani. Ma, di fronte agli inquirenti, un imbarazzato La Loggia dovrà spiegare (e non sempre ci riuscirà) i suoi rapporti con Mandalà e il fatto che, forse, aveva segnalato allo stesso boss di Villabate il collega Schifani come miglior candidato per una consulenza in materia urbanistica al comune di Villabate che effettivamente l’attuale seconda carica dello Stato acquisì.

Un piccole particolare: i fatti raccontati da Lirio Abbate e Peter Gomez non sono stati oggetto di citazione in giudizio per il reato di diffamazione. Ma è successo di peggio: Lirio Abbate (redattore dell’Ansa di Palermo) vive sotto protezione, perché Cosa nostra gliel’ha giurata. Ed ancora: tutti, a cominciare dal Presidente Napolitano, gli hanno manifestato la loro solidarietà. Ma allora ci chiediamo: di che cosa si accusa Travaglio se si è limitato a riportare in televisione quanto denunciato da un giornalista considerato unanimemente un eroe dell’informazione antimafia?

 

Marco Travaglio, L’UNITÀ
– 01/05/2008

 

Scusate il disturbo

 

 

 

LA REPUBBLICA – ED. PALERMO
– 22/04/2008

 

Saggistica

 

 

 

GIORNALE DI SICILIA
– 09/04/2008

 

Classifica vendite

 

 

 

L’EUROPEO
– 01/04/2008

 

Tutte storie sbagliate

 

 

 

GAZZETTA DEL LUNEDÌ
– 31/03/2008

 

“Le alleanze di Provenzano”

 

 

 

LA REPUBBLICA – ED. PALERMO
– 11/03/2008

 

Classifica saggistica

 

 

 

Nicolò La Rocca, LIBERAZIONE
– 09/03/2008

 

Antonio Pagliaro: “Cosa Nostra? E’ la prima azienda italiana”

 

 

 

Gianmarco Martignoni, LA RINASCITA DELLA SINISTRA
– 03/03/2008

 

I complici di Provenzano

 

 

 

OSSERVATORIO SULLA LEGALITÀ.ORG
– 25/02/2008

 

Appello : caro Veltroni, questi lasciamoli a casa!

 

Osservatoriosullalegalita.org

Appello : caro Veltroni , questi lasciamoli a casa !
riceviamo e pubblichiamo

 

Caro Veltroni, cari dirigenti che vi preparate a stilare gli elenchi di chi, secondo voi, merita di essere proposto come rappresentante dei vostri elettori. E di chi, con una sapiente strategia, verrà inserito nei “punti giusti” per garantirne l’elezione.

 

Siamo di nuovo costretti ad affidarci alle vostre decisioni, perché non ci è data nessuna possibilità di scelta. Possiamo però chiedervi un atto di rispetto nei confronti di chi ancora una volta vi darà la sua fiducia: lasciate a casa quei candidati che non la meritano.

 

E non solo i candidati condannati, indagati, sospettati di aver compiuto atti illeciti. Anche quelli che hanno dimostrato un inquietante disprezzo per quei valori su cui si fondano la nostra storia comune e l’unica prospettiva possibile di un mondo più giusto.

 

Parliamo di quelli che incontrano e baciano boss mafiosi per parlare di appalti
Vladimiro detto Mirello Crisafulli Deputato Del Partito Democratico – L’ulivo Componente della Commissione Bilancio Tesoro e Programmazione e della Commissione per la Vigilanza sulla Cassa Depositi e Prestiti (“I complici – Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento”, Fazi Editore, di Peter Gomez e Lirio Abbate, “Onorevoli Wanted” di Peter Gomez e Marco Travaglio pag. 411>413)

 

Parliamo di quelli che hanno lasciato sprofondare una città nell’immondizia
Antonio Bassolino Partito Democratico – Presidente della Regione Campania (Articolo Peter Gomez da “L’Espresso”).

 

Parliamo di quelli che, accusati di finanziamento illecito al partito, spacciano prescrizioni per assoluzioni
Cesare De Piccoli Deputato del Partito Democratico – L’ulivo Viceministro dei Trasporti (Onorevoli Wanted” di Peter Gomez e Marco Travaglio pag.408>410)

 

Parliamo di quelli che si dimenticano di costituirsi parte civile contro chi ha piazzato mezzo chilo di tritolo tentando di far fuori un assessore della loro giunta. Che dichiarano di “disprezzare profondamente i pentiti” che svelano i mandanti del fallito attentato. Che vengono bersagliati da avvisi di garanzia. E che continuano a nascondersi dietro la giunta per le autorizzazioni a procedere
Vincenzo De Luca Sindaco di Salerno Deputato del Partito Democratico-L’ulivo Componente della Commissione Agricoltura (“Onorevoli Wanted” di Peter Gomez e Marco Travaglio pag. 414>425 )

 

Parliamo di quelli che sono stati assolti solo grazie alla nuova legge sul “giusto processo” perchè l’ imprenditore che aveva confessato la consegna di una mazzetta durante le indagini preliminari, non si è presentato in aula. Con il risultato che, per lo stesso fatto, il corruttore è stato condannato e il corotto assolto.
Luigi Cocilovo Deputato del Parlamento Europeo Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa – Membro dell’Ufficio di presidenza e della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali” (Onorevoli Wanted” di Peter Gomez e Marco Travaglio pag. 442>446)

 

E soprattutto parliamo di tutti quelli che hanno fatto della politica un’attività commerciale in cui si scambiano soldi, appalti, cariche, incarichi, tavoli “a latere”, favori, promozioni, privilegi, posti di lavoro.

 

Vogliamo essere rappresentati da persone che usano il potere del loro mandato esclusivamente per portare avanti gli impegni presi con i cittadini. E’ un nostro diritto.

 

 

Speciale etica e politica

 

ELMUNDO.ES
– 05/11/2007

 

Vivir en la lista negra de la mafia

VARIOS PERIODISTAS ITALIANOS VIVEN BAJO AMENAZAS DE LA MAFIA

 

El periodista italiano Lirio Abbate (Foto: REUTERS)
El periodista italiano Lirio Abbate (Foto: REUTERS)
Actualizado lunes 05/11/2007 12:34 (CET)
REUTERS

ROMA.- Lirio Abbate se destaca entre los periodistas italianos por un hecho poco grato: desde hace seis meses tiene escolta policial personal debido a su trabajo como corresponsal en Sicilia de la agencia estatal de noticias Ansa y del perisdico La Stampa.

Cuando los investigadores escucharon en comunicaciones telefónicas la discusión entre criminales sobre cómo silenciar a Abbate, de 37 años, en venganza por sus informes y un libro que trata sobre las actividades ilegales de la mafia, la policía decidió darle al periodista y su esposa una escolta de la fuerza.
En septiembre, dos hombres fueron sorprendidos mientras intentaban colocar una bomba bajo el automóvil del reportero en Palermo.
Unos días atrás, escuchas telefónicas de un padrino mafioso encarcelado revelaron nuevas conversaciones sobre el modo de silenciar a los molestos periodistas sicilianos, en particular a la corresponsalía de Ansa en Palermo.
Abbate, padre de dos niños, decidió permanecer en Sicilia, su lugar de nacimiento, pese a figurar en un lugar destacado en la lista de sentenciados de la mafia.
“Si me iba después de que pusieron la bomba bajo mi automóvil, hubiera dado un mal ejemplo a otros sicilianos”, dijo el periodista durante una visita a Roma, con su escolta policial. “De esta manera estoy mostrando que no tengo miedo, que el Estado me protege y que seguiré haciendo lo mismo”, añadió.
Al menos una docena de periodistas en Italia viven amenazados por el crimen organizado en Sicilia, en Nápoles, donde prevalece la Camorra, y en Calabria, hogar de la poderosa ‘Ndrangheta’.
El escritor napolitano Roberto Saviano, autor del bestseller ‘Gomorra’ sobre la Camorra, también tiene un guardaespaldas armado que contrató tras recibir amenazas de muerte.
Abbate sabe que tiene razones para sentir miedo. “Ocho periodistas fueron asesinados en Sicilia desde la década de 1970. Cuando la mafia tiene problemas con los reporteros, los mata“, comentó. “Pero ahora la policía en Sicilia es mucho mas efectiva de lo que solía ser”, añadió.
El periodista hizo enojar a la mafia cuando publicó un libro este año llamado ‘Los Cómplices’, sobre los vínculos entre políticos y “el capo de los capos” Bernardo Provenzano, encarcelado en 2006 tras 43 años de evadir a la justicia.
Abbate cree que actualmente la mafia gana más “sembrando miedo e intimidación” que asesinándolo.
“Si hubiera una masacre en Sicilia, el lugar se llenaría de investigadores y de medios de comunicación. Y a la mafia le gusta mantener sus cosas en silencio, así pueden seguir con sus negocios“, comentó el periodista. “Los negocios estan muy bien en este momento”, añadió.

 

ORDINE TABLOID
– 01/02/2008

 

Tutti i soci del boss

 

 

 

LIBERAZIONE
– 21/02/2008

 

Peter Gomez a Taviano

 

 

 

Dafne Anastasi, LAVOCEDIROBINHOOD.IT
– 01/12/2007

 

VOCI ANTIMAFIA: INCONTRIAMO PETER GOMEZ

 

Lavocedirobinhood.it

Attratti dalle sue coraggiose pubblicazioni (*), alcune frutto di lavoro a quattro mani, con giornalisti del calibro di Marco Travaglio e Lirio Abbate (quest’ultimo grande esperto di cose siciliane, redattore dell’Ansa e collaboratore  de La stampa), la Redazione de la Voce di Robin Hood  ha deciso di incontrare Peter Gomez, per parlare del suo ultimo libro “I complici”, edito da Fazi, dove ci narra di tutti gli uomini di Bernardo Provenzano disseminati da Corleone sino alla cupola del Parlamento.Con dati e riferimenti alla mano vengono  illuminati gli aspetti borderline della galassia di professionisti che consentono da alcuni decenni la sopravvivenza di Cosa Nostra, attraverso un trasversalismo paramafioso che ha abbracciato destra e sinistra.  La mafia del terzo millennio ha capito che per sopravvivere doveva cambiare pelle. Oggi  accompagna alla lupara il doppiopetto, affilia i laureati, stila business plan per farsi finanziare dalla Comunità Europea.  Il libro coglie nel segno e la conferma purtroppo non deriva solo dal successo editoriale del libro, ma dalle ripetute minacce di morte a Lirio Abbate, al quale da più di un mese è stata affidata la scorta.

 

 


 

 

 

Come è nata l’idea di un libro come “I complici”? Da un ragionamento deduttivo su come una latitanza possa durare quarantatre anni o dall’aggregazione di trafiletti di cronaca giudiziaria  passati sotto oblio?

 

L’idea del libro è nata da 15 anni di conoscenze e di  riflessioni supportati dalla esperienza. L’idea che io e  Lirio Abbate ci siamo fatti è  che la latitanza di Bernardo Provenzano non possa essere stata possibile solo per i rapporti politici ma anche per  ragioni di carattere storico. Fino al 1992, anno delle stragi di Falcone e Borsellino nessuno ha cercato i latitanti. Provenzano per primo ha elaborato la teoria della sommersione e della mediazione politica. La sua idea era quella di essere quanto  più possibile invisibili e, di fatto, da questo è nato un punto di equilibrio. Sotto un certo punto di vista ha fatto un favore allo Stato Il ruolo di Provenzano è stato quello di gestire oggettivamente Cosa nostra dagli anni sessanta  fino al suo arresto.

 

Come hanno reagito le persone  che avete incontrato in Sicilia? Pudore,  sollievo o paura di affrontare una questione tabù come la mafia?

 

Su questo c’è da dire che l’approccio scelto con la gente comune non è di tipo diretto. Si basa sul giornalismo investigativo. È impossibile pensare di andare da qualcuno e dire: “Piacere, sono un giornalista che si occupa di mafia”: la risposta sarebbe l’omertà. Fonti giudiziarie ma anche le cosiddette “fonti dei cattivi”.  Non si fanno i nomi, per indicare qualcuno si parla di “quello”, e tutti sanno comunque di chi si sta parlando. Tutti ne conoscono l’esistenza fin da piccoli, si dice ma non se ne parla.

 

La mafia nelle persone è aumentata o diminuita?

 

Dal punto di vista sociologico è aumentata la “mafiosità” e l’area grigia che gravita intorno ad essa, sono cambiati i rapporti di forza, c’è stata una caduta verticale degli omicidi. Sostanzialmente la mafia ha capito che si possono fare soldi anche in maniera legale, ma sa che la sua forza rimane sempre e comunque la  violenza e  che alla minaccia non possono non seguire i fatti: il rischio è quello di   perdere la credibilità. Il suo potere consiste nel  consenso sociale e nella  capacità di distribuire reddito. Rimane il fatto che è molto difficile parlare apertamente di certi fenomeni.

 

Ci sono i limiti che non si possono oltrepassare? Ci sono settori particolarmente “intoccabili”, zoccoli duri dentro zoccoli duri?

 

Mi viene in mente il settore sanità. Esso riguarda il 70 % della spesa pubblica . Tengo a sottolineare, però, che  le nomine dei primari ospedalieri  possono avere una logica clientelare anche al Nord. Essa esiste in tutta Italia,  l’unica differenza è che al Sud chi aiuta la nomina porta con sé anche una pistola.

 

Oggi non si spara più e la mafia è un camaleonte lontano dalle cronache di prima pagina. Eppure secondo le ultime ricerche Eurispes il fatturato di Cosa Nostra ammonta a quasi 13 miliardi di Euro. L’estrinsecazione della violenza sembra  inversamente proporzionale all’accumulazione di capitale. Sono cambiati i metodi?  Siamo in presenza di una mafia di seconda generazione?

 

 

 

Più che di seconda io parlerei di terza generazione. Il prisma ottico che noi abbiamo adottato è stato quello della politica, ma naturalmente un fenomeno come Cosa nostra meriterebbe di essere scandagliato anche in altri imprescindibili aspetti.

 

Abbiamo usato il prisma della politica perché la politica garantisce i voti “sicuri”. La mafia SPA sa fare benissimo i suoi conti, sa su chi si può o non si può contare, sa persino utilizzare i meccanismi elettorali per ottenere seggi sicuri e creare liste civiche per non rischiare la vanificazione della preferenza accordata. C’è da dire che molto spesso il politico oltre ad avere paura fisica ha paura dell’eredità del passato, ha paura che qualcuno possa ricordargli i suoi trascorsi.

 

Dalle pagine del libro pare emergere una mafia trasversale in cui non c’è destra e sinistra. Si arriva a ricoprire un incarico politico  e poi non si può dire di no, ad appalti, nomine, assunzioni o prima si da la propria disponibilità e poi si può ricoprire l’incarico?  Si fa politica in quanto Cosa Nostra o nonostante Cosa Nostra?

 

Credo siano presenti entrambi gli elementi nella stessa percentuale. Sostanzialmente il punto è che talvolta l’apporto mafioso si limita all’incipit, e poi conosce un meccanismo di autoalimentazione. Sono finiti i tempi in cui il candidato faceva lo struscio nel paese a braccetto con il boss: oggi basta la parola, ” è ccu chiddu” per cristallizzare uno status e godere di un prestigio indiretto. Nei pizzini di Matteo Messina Denaro si fa esplicito riferimento a un contatti a tu per tu con i politici, a un vero e proprio peso specifico.

 

Certo l’ultima legge elettorale, per quanto liberticida, non solo  ha rappresentato un’occasione mancata ma ha persino aggravato la percezione del segnale di vitalità della mafia. Le nomine non hanno depurato i partiti dagli elementi ambigui e anzi la loro riconferma ne ha rafforzato il prestigio. Si poteva quantomeno fare saltare un turno a soggetti  dall’incerta levatura morale ma  così non  è stato.  La mafia vive di segnali e il segnale è  stato di conferma.

 

Quando si scopre che alcuni candidati o nominati nelle liste elettorali sono in odore di mafia, le segreterie dei partiti, novelli Ponzi Pilato,  dicono di non sapere e che è impossibile esercitare un  controllo capillare sul  partito. La Commissione Antimafia ha elaborato un codice di autoregolamentazione che i partiti possono facoltativamente adottare per scongiurare simili rischi.  È un’operazione di marketing politico  o stiamo per assistere a una piccola rivoluzione?

 

Il codice rappresenta indubbiamente un piccolo passo verso la chiarezza e l’assunzione di responsabilità naturalmente, bisognerà andare oltre le parole e vedere i fatti e le sanzioni adottate.

 

Tra circa due mesi verranno dai prefetti tutte le segnalazioni ricevute e tutte le anomalie riscontrate durante le elezioni amministrative.  L’escamotage utilizzato è quello di candidare parenti e amici e non persone direttamente coinvolte in inchieste giudiziarie.

 

Io credo che la vera sanzione sia la pubblicizzazione delle candidature sospette ma bisogna vedere cosa farà la stampa nazionale. Il meccanismo virtuoso sarebbe quello di rendere pubblica la candidature e produrre scandalo. L’autoriforma dei partiti difficilmente potrà nascere da sé  stessa,  avrà comunque bisogno di una spinta propulsiva esterna e questa spinta nasce dall’informazione. E quando parlo di informazione mi riferisco alla stampa nazionale. Un giornale come il Giornale di Sicilia si è dimostrato pronto a fare tutto questo ma necessita di una cassa di risonanza nazionale.

 

In questi ultimi anni hanno cominciato a prendere piede i movimenti antimafia, esperimenti come le cooperative di Libera e i ragazzi di AddioPizzo.  Tutte esperienze parallele se non addirittura estranee alla politica. L’antimafia si fa fuori dai partiti e si regge sul lavoro di pochi e per lo più volontari. Il suo essere estranea alle Istituzioni  è il suo punto di forza o la sua debolezza?

 

È un punto di forza rispetto alla politica: essere estranei ad essa significa non essere ricattabili. È un punto di debolezza perchè fino a quando non diventerà una vera e propria “lobby”,  in grado di avere un consenso popolare anche dentro l’urna elettorale, non sarà tra gli attori sociali del vero cambiamento.

 

Essere un cronista giudiziario rappresenta un osservatorio privilegiato dei mutamenti e delle applicazioni giurisprudenziali. Dopo il bagno  catartico   di Mani Pulite,  alcune sentenze  hanno utilizzato sofisticati meccanismi processuali per manipolare istituti giuridici come il concorso esterno in associazione mafiosa o il favoreggiamento vanificando lo sforzo di Pubblici Ministeri e forze di polizia . Fino a che punto  il garantismo processuale può tramutarsi in svuotamento delle regole?

 

In Italia l’art. 3 Costituzione è lettera morta, il principio di eguaglianza è soppiantato da una discriminazione a base censitaria. Se hai un bravo avvocato avrai tutte la garanzie previste dall’ordinamento, se non te lo puoi permettere il discorso cambia . Se poi consideriamo che in Commissione Giustizia siedono avvocati e che dietro  i loro provvedimenti ci sono fattispecie di reato che coinvolgono il loro clienti il gioco è fatto. Anche qui si tratta di conflitto di interessi: se la tua indennità mensile  è di 18.000  Euro non dovresti continuare  a fare il tuo lavoro. Se poi si analizza il dato per cui molti avvocati sono ex presidenti di Camere Penali che hanno avuto e hanno tra loro clienti illustri mafiosi si capiscono bene le forzature su alcuni provvedimenti. Che possono anche essere figli del ricatto: “chiddi,” quando, in quanto clienti,  ti vengono legittimamente a trovare al tuo studio legale, sotto la camicia hanno la pistola.

 

Verità processuali e verità storiche. Talvolta, nei Tribunali,  elementi  di fatto, seppur storicamente accertati non sono stati poi configurati come reato in sentenza. Il fatto c’è ma non è qualificato come reato. La prescrizione viene mediaticamente trasfigurata in assoluzione, l’art. 530 c.p.p. ha preso il posto della vecchia insufficienza di prove , eppure il fatto è fatto ed è stato provato. Come, da quando  e con quale ragionamento si è passati a equiparare la verità storica alla verità processuale?

 

Qui bisogna distinguere un piano processuale e un piano di organizzazione dell’informazione.

 

Se andare a pranzo o a cena con un mafioso non è di per sé un reato, come è stato sovente stabilito dai giudici di questo paese è pur vero che la gente dovrebbe sapere quali sono le frequentazioni di un candidato o di un politico per elaborare  una propria valutazione etica.

 

Sul piano della pubblicizzazione del fatto, anche quando  processualmente provato viene fuori tutta l’anomalia italiana. Gli editori di carta stampata e televisione,  pubblica e privata, sono anche imprenditori o amici. Le relazioni amicali, i network, sono quelli che ti fanno fare carriera e allora si capisce  che fare il contropelo o il cane da guardia a quello che ti ha aiutato a fare carriera o che hai visto a pranzo il giorno prima diventa  quantomeno un boomerang. Indro Montanelli  diceva che la corruzione per un giornalista comincia con un piatto di pastasciutta.

 

In america i giornalisti delle testate indipendenti sostengono che per fare bene questo lavoro non si possono avere amici.

 

Io aggiungo che anche i procuratori antimafia, per  essere totalmente liberi di fare le loro indagini e trarre le dovute conseguenze dovrebbero venire  da fuori. Vicini di casa, compagni di scuola, amici di famiglia: bisogna avere un senso etico della professione per non farsi condizionare e andare oltre il piano delle relazioni conosciute, e non è semplice.

 

Qualcuno ha detto: mente  borghese, lupara proletaria. Oggi, in Italia, l’apparato normativo offre strumenti sufficienti per intercettare e colpire la galassia di professionisti  che dando  linfa e offrendo  le loro competenze alla mafia ne consentono la sopravvivenza?

 

L’ordinamento di per sé si, ma è anche vero che quello che accade per Cosa Nostra non accade per i colletti bianchi. A parità di imputazione la soglia probatoria e di punibilità per un colletto bianco è molto più alta che per un “mafioso militare”. I boss da dentro il  carcere sono molto risentiti, se ci si pensa bene avviene una vera e propria disparità di trattamento. Certo, non ci si può aspettare che tutti i giudici siano eroi, ma è innegabile che il metro di giudizio utilizzato sia diverso a seconda che imputato sia un mafioso militare o un mafioso- imprenditore-professionista.

 

Lei ritiene che la mafia non sia ancora stata sconfitta per negligenza, incompetenza o assenza di volontà politica?

 

Credo che sia una sintesi tra assenza di volontà, negligenza e sottovalutazione fenomeno e dell’apparato reticolare che lo alimenta. La mafia si è fatta conoscere sparando, poi ha tentato di comandare sulla politica, si è fatta essa stessa partito,  adesso ha capito che per andare avanti si deve studiare e laureare. Ha messo i suoi figli e i suoi cugini nelle redazioni dei giornali, nell’ordine degli avvocati, nelle P.A., nei partiti e, si sa, il sangue è sangue e non si può tradire.

 

 

 

(*) CENNI SU PETER GOMEZ

 

Cronista giudiziario de L’Espresso, collaboratore di MicroMega,  ha lavorato a Il Giornale ai tempi di Indro Montanelli e a La Voce.

 

Prolifica e conosciuta al grande pubblico la collaborazione con Marco Travaglio, con il quale ha scritto:

 

 

 

Dario, BOOKSBLOG.IT
– 12/12/2007

 

Regali per Natale: top 5 libri inchiesta

 

Booksblog.it

 

I complici, di Abbate e Gomez (Fazi). Ecco svelate le storie dei picciotti di Bernardo Provenzano, spietatissimo ex super capo di Cosa Nostra, nella società e nel Parlamento. Gli autori riassumono la storia recente della mafia ai tempi di Provenzano, dall’accordo con il Partito Socialista del 1987 fino alle stragi dinamitarde del 1992-93; dalla cattura (e ri-cattura) di Riina fino agli accordi segreti stretti, secondo i magistrati di Palermo, tra i vertici di Cosa Nostra e i vertici di Forza Italia e dell’Udc siciliana. Un libro inchiesta splendidamente scritto, ancor meglio documentato, che è valso agli autori minacce mafiose pesanti come conferme.

 

DORO0TEA.WORDPRESS.COM
– 04/12/2007

 

lirio abbate: una questione di onore

 

Doro0tea.wordpress.com

 

i complici. tutti gli uomini di bernardo provenzanoredattore dell’ansa a palermo e corrispondente del quotidiano la stampa, lirio abbate è quel che si dice un “giornalista d’inchiesta”.
esperto di mafia, si trova sotto scorta dal mese di maggio per aver subìto minacce a seguito della pubblicazione del suo ultimo libro: i complici. tutti gli uomini di bernardo provenzano da corleone al parlamento.
il primo settembre, a pochi giorni dal suo rientro a palermo, qualcuno ha pensato bene di piazzare un ordigno incendiario sotto la sua auto.

lirio abbateall’indomani dell’attentato, in questi termini si esprime abbate in una intervista rilasciata al collega giuseppe d’avanzo del quotidiano la repubblica: “Lo sai perché non decido di andarmene? Per onore. Sì, per onore! Non per il mostruoso, folle, ridicolo onore di cui si riempiono la bocca mafiosi deboli con i forti e forti con i più deboli, ma per quell’onore che mi chiede di avere rispetto di me stesso, che mi impedisce di inchinarmi alla forza e alla paura, di scendere a patti con ciò che disprezzo. Quell’onore che molti siciliani hanno dimenticato di coltivare”.
un breve intervento audio sulla volontà di non cedere alla mafia e il video della presentazione del libro (16 min ca).

 

GONZALO VEGA SFRASANI, DIARIO.ELMERCURIO.COM
– 24/11/2007

Tras dejar al descubierto en un libro las redes de la Cosa Nostra, al reportero ya le pusieron una bomba en su auto. Los capos del crimen buscan la manera de silenciarlo.

Cómo sobrevivir las 24 horas del día bajo la amenaza constante de la mafia italiana

Lirio Abbate, corresponsal de una agencia de noticias en Sicilia:

 

 

Isabella La Rocca, LA PAGINA
– 21/11/2007

 

Lirio Abbate: “…quell’indispensabile gene di mafiosità per combattere la mafia”

Intervista

 

 

LOMBARDIA OGGI
– 18/11/2007

 

I complici

 

 

 

s.p., IL VENERDÌ DI REPUBBLICA
– 12/10/2007

 

La rabbia di Bagarella “Quello scrive infamità”

 

 

 

CITY MILANO
– 08/10/2007

 

21:00…24:00

 

 

 

GIORNALE DI SICILIA
– 06/10/2007

 

Classifica vendite saggistica

 

 

 

LA REPUBBLICA
– 08/10/2007

 

Mafia, l’ora delle donne

 

 

 

BOOKSHOP
– 01/10/2007

 

Il XI Capalbio apre le sue porte all’Europa

 

 

 

Alberto Spampinato, ARTICOLO21.INFO
– 06/10/2007

 

Il caso Lirio Abbate non insegna proprio nulla?

Editoriale

Articolo21.info

 

Ho apprezzato le attestazioni di solidarietà e le molte iniziative di sostegno al nostro collega di Palermo Lirio Abbate, un giornalista minacciato di morte dalla mafia, che si rifiuta di lasciare Palermo e di rinunciare al suo lavoro di cronista di nera e di giudiziaria nel capoluogo siciliano per motivi di “onore” e dignità professionale. E’ trascorso un mese dalla passeggiata di solidarietà a Palermo, e devo constatare che l’ondata di sdegno e di emozione, che per alcuni giorni ci ha accomunato tutti, è passata come acqua sul marmo. Senza lasciare traccia. Senza una continuità di impegno. Senza innescare una riflessione collettiva, diffusa, approfondita sul perché possa nascere in Italia un caso Lirio Abbate. Senza chiederci quanti giornalisti nel nostro Paese si trovano a lavorare in condizioni difficili come quelle denunciate da Lirio e non trovano nemmeno la voce per dirlo. Fermarsi a riflettere su queste cose, trovare una risposta, a me sembra doveroso. Voglio spiegare perché, partendo da una rigorosa ricostruzione dei fatti.1. Lirio è un cronista di punta. Ama il suo lavoro. Non ha fatto nulla di censurabile; ha cercato notizie e le ha pubblicate sull’Ansa e su La Stampa (di cui è corrispondente), inquadrandole nel contesto. Per  professionalità e impegno ha ottenuto vari riconoscimenti: Nel 2003 è stato Cronista dell’anno per i servizi sugli immigrati e i loro tragici sbarchi in Sicilia. Nel 2006 è stato l’unico giornalista presente al momento della cattura del capomafia Bernardo Provenzano, e il primo a dare la notizia con tutti i particolari. Anche per questo nel 2006 ha ricevuto il premio Ischia di giornalismo e il premio Roberto Ghinetti.
2. A marzo del 2007 è uscito il libro di Lirio  e di Peter Gomez, dell’Espresso, “I complici – Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano, da Corleone al Parlamento”, Fazi Editore. E’ una ricognizione ad ampio raggio sulle complicità che hanno protetto per quarant’anni la latitanza del boss Bernardo Provenzano che a fine agosto ha ottenuto il Premio Capalbio. E’ un libro di grande valore e di piacevole lettura che vi consiglio vivamente, perché ricompone il puzzle delle notizie frammentarie emerse da varie indagini di polizia e da alcuni processi giudiziari. Come in un romanzo, emergono collegamenti e rapporti fra personaggi della mafia, della politica siciliana e nazionale e del mondo degli appalti. Emerge in particolare una zona grigia in cui i personaggi – fra i quali spiccano il presidente della Regione Cuffaro, il manager delle cliniche private siciliane Michele Aiello e il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro – si muovono in modo non sempre trasparente mentre sono scrutati da intercettazioni telefoniche e ambientali. Alla lettura si accompagna bene la visione del dvd con l’inchiesta “La mafia è bianca” di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini (Edizioni Bur 2006, libro + dvd 19,50 Euro)3. A maggio del 2007, la polizia ha intercettato alcuni mafiosi del quartiere Brancaccio che discutono di armi da preparare per farla pagare a Lirio. La polizia lo informa e gli assicura una discreta protezione. La notizia non viene divulgata per facilitare gli accertamenti in corso.  Dopo qualche giorno il cronista trova un biglietto minatorio sul vetro della sua macchina e poi in redazione. Le minacce di morte sono ritenute fondate, tanto che il 21 maggio il comitato provinciale per  l’ordine e la sicurezza pubblica di Palermo gli assegna una servizio di scorta. La notizia a questo punto viene divulgata. Dopo qualche giorno, per ragioni di prudenza e di opportunità – che anche io ho sollecitato – la Direzione dell’Ansa ha chiamato Lirio a lavorare temporaneamente presso la redazione centrale di Roma, dove è rimasto alle Cronache Italiane fino alla fine di agosto, quando è tornato a Palermo.4. Il 1° settembre 2007, a Palermo, “due sconosciuti hanno cercato di mettere sotto la sua automobile, posteggiata nei pressi dell’ abitazione, in un quartiere popolare del capoluogo siciliano, un ordigno rudimentale costruito con un paio di contenitori di liquido infiammabile e alcuni cavi elettrici. A notarli sono stati gli agenti del “servizio di bonifica” dell’Ufficio scorte di Palermo, che da un paio di mesi proteggono il giornalista: le due persone sono comunque riuscite a far perdere le loro tracce. Per rimuovere l’involucro sono stati chiamati gli artificieri e sono state spostate le altre auto posteggiate nelle vicinanze” (AGI, 4 set 2007 ore 20:47).

5. Mercoledì 5 settembre 2007, in un’intervista a Repubblica (che potete leggere integralmente in allegato), Lirio ha raccontato il suo dramma e ha enunciato la sua ribellione .
<<…In quel che mi accade” sostiene Lirio “mi sento fortunato. Sento accanto a me sento l’amichevole presenza dei miei colleghi di redazione. La direzione dell’Ansa è premurosa. Polizia e magistratura di più non potrebbero fare per rassicurarmi. Ma, se si esclude questo cerchio protettivo, avverto l’indifferenza della città. Un sindacato di giornalisti ha diffuso un comunicato in cui si diceva, più o meno, che – è vero – Lirio Abbate è minacciato, ma è un affare che riguarda soltanto lui perché – tranquilli – i cronisti siciliani non corrono alcun pericolo. Si può? Quest’incomprensione collettiva è un grumo di veleno e di amarezza che aggrava l’angoscia peggio della minaccia di quei vigliacchi e non parlo di me soltanto, parlo delle decine di casi che, come il mio, si consumano ogni giorno in città, nell’indifferenza di una Palermo muta che quotidianamente “prende atto” di negozi bruciati dagli estorsori che non risparmiano i piccoli e piccolissimi esercizi e finanche i distributori di benzina. Una città dove, se ti portano via l’auto o la moto, sai a chi puoi rivolgerti – tutti sanno chi è il mafioso del quartiere – per fartela restituire dietro il pagamento di una cauzione, così la chiamano…>>
<<…È un paradosso. Credi di dover fare in modo accurato il tuo lavoro di cronista per illuminare nell’interesse dell’opinione pubblica, di quella “società civile”, gli angoli bui e sporchi del cortile di casa. Poi scopri che sei un ingenuo. Nessuno vuole guardare da quella parte, in quegli angoli – no – preferiscono voltarsi da un’altra parte anche se stai lì a tirargli la giacchetta. E allora perché lo faccio?, ti chiedi. Perché infliggo a chi mi è caro ansia, paura, apprensione e, Dio non voglia, pericoli? Perché, mi chiedo, non ascolti chi ti dice: ma chi te lo fa fare, vattene da qui, vattene subito, non ti accorgi che non vale la pena?.>>.<<…Lo sai perché non decido di andarmene? Per onore. Sì, per onore! Non per il mostruoso, folle, ridicolo onore di cui si riempiono la bocca mafiosi deboli con i forti e forti con i più deboli, ma per quell’onore che mi chiede di avere rispetto di me stesso, che mi impedisce di inchinarmi alla forza e alla paura, di scendere a patti con ciò che disprezzo. Quell’onore che molti siciliani hanno dimenticato di coltivare…>>
Nell’intervista Lirio parla dell’indifferenza della città, dice che hanno ragione il capo dello Stato e il governo a chiedere che “la società civile” faccia la sua parte contro la mafia. Lui si sente di fare la propria parte facendo il suo mestiere in modo”accurato”, cioè con onestà e coraggio.

6. Sorge una domanda: fra tanti cronisti che a Palermo si occupano delle stesse cose, consultano le stesse fonti, danno più o meno le stese notizie, scrivono libri,  perché la mafia ha minacciato proprio Lirio?
Scrive D’Avanzo: “Dice Lirio Abbate che il lavoro di cronista a Palermo o è accurato o non è”; che  Lirio è un cronista che “se ne sta per conto suo e segue la sua strada anche se sa bene quale sarebbe il modo più conveniente per starsene in ombra, un po’ in disparte e in pace (…) Se fai il tuo lavoro con prudenza, senza eccessi, con mediocrità, nessuno salterà su contro di te. Però, dice Lirio, che ha una compagna e un bimba di dieci mesi, questo lavoro non è accurato, non è onesto perché non racconta quel che vede e sa”.
Chi ha lavorato a Palermo, in quel campo, lo sa bene: esiste una linea invisibile che traccia il limite della sicurezza. E’ una linea che restringe il campo che l’informazione giornalistica è chiamato a esplorare. Questa discrasia esiste. Non se ne parla. E’ un tabù. Ma ogni cronista deve farci i conti. Come? Di solito, facendo prevalere la prudenza, sopportando problemi di coscienza personale e professionale. Ma non tutti ci riescono. Chi si occupa di questioni così pesanti, e dà una particolare importanza alla funzione sociale del nostro mestiere,  alla lunga non ce la fa. Abbandona la prudenza, esce dal gruppo, varca il confine. Si ribella.
E’ successo tante volte. Con il loro coraggio, i cronisti che hanno varcato il confine ci hanno permesso di spostare più avanti la linea invisibile, di conquistare terreno al diritto di informare senza rompere il tabù. Lo hanno fatto correndo rischi altissimi. Alcuni sono stati lasciati soli e ci hanno rimesso la vita. Le storie degli otto cronisti uccisi in Sicilia raccontano tutte questa semplice verità.

7. Ecco perché è importante far sentire a Lirio tutta la nostra solidarietà, in modo concreto e continuativo. Ho apprezzato e condiviso la passeggiata di solidarietà a Palermo. Considero importante la presa di posizione netta dei vertici delle nostre organizzazioni di categoria e anche i numerosi messaggi di solidarietà personale inviati da rappresentanti delle istituzioni e da singoli giornalisti. E’ importante che Lirio e i suoi compagni di lavoro abbiano pubblicamente rinnovato il rapporto di stima reciproca. E’ fondamentale che siano stati messi da parte distinguo e sottigliezze che non possono trovare spazio in una situazione di emergenza. Tutto ciò è positivo, è utile, aiuta. Ma temo che non basti a proteggere Lirio. Dobbiamo sforzarci di trovare delle forme di solidarietà più concrete e continuative. Se vogliamo salvarci la coscienza, e salvare la coscienza della nostra categoria, dobbiamo sviluppare una riflessione aggiornata e approfondita sui rischi e sulle limitazioni a cui è esposto il lavoro del cronista, in particolare nel mondo inesplorato nella cronaca locale.

 

Davide Casati, CITY MILANO
– 04/10/2007

 

La mafia fa paura ma io non resto zitto

 

 

 

f.f., LA REPUBBLICA – ED. MILANO
– 23/09/2007

 

Gomez e Abbate su mafia in doppiopetto

 

 

 

Nausica Zocco, IMGPRESS.IT
– 19/08/2007

 

Mafia, ‘ndrangheta e camorra: è solo una questione meridionale?

 

IMGpress.it – leggi l’articolo

 

 

GIORNALE DI SICILIA
– 14/09/2007

 

“I complici scomparsi”

 

 

 

IL MONDO
– 21/09/2007

 

Pizzini e veleni, le cosche del 2007

 

 

 

VISTO
– 21/09/2007

 

La mafia minaccia il cronista Abbate

 

 

 

FAMIGLIA CRISTIANA
– 16/09/2007

 

La borghesia mafiosa alza il tiro

 

 

 

Elisabetta Reguitti, BRESCIAOGGI
– 10/09/2007

 

“Togliamo alla mafia l’aiuto della politica”

 

 

 

Antonio Pagliaro, XANTOLOGY.COM
– 06/09/2007

 

Chi minaccia Lirio Abbate?

 

Xantology.com, blog di Antonio Pagliaro

 

i complici“I complici” è un libro importante, certamente più importante di “Gomorra”. In Italia, tutti dovrebbero conoscere le storie che racconta.

 

Libri sulla mafia ne esistono tanti, alcuni sono eccellenti, pieni di storie e documenti. “I complici”, però, è un libro diverso. Diverso perché, finalmente, sposta il fuoco. Non tratta più soltanto della mafia militare, delle sparatorie, delle stragi, del Far West che fu la Sicilia per tanti anni. “I complici” mette al centro della scena la borghesia mafiosa, gli uomini di Provenzano, non quelli che sparano ma quelli che siedono nei parlamenti, nelle commissioni, nei consigli comunali. Lo fa scrivendo nomi e cognomi, riportando sentenze che la stampa ha ignorato, raccontando storie che in tv non passano.

 

Ne libro c’è Enrico La Loggia che piange quando il boss Mandalà minaccia di rovinarlo, c’è la storia di Schifani, c’è Cuffaro con Campanella, c’è la trascrizione dell’incontro tra Vladimiro Crisafulli, deputato DS, e il boss di Enna Bevilacqua, incontro registrato dai carabinieri. Il mafioso dice al politico: “Spererei che mi facessi contento questo gruppo. Se sono amici miei sono anche amici tuoi”. C’è un capitolo dal titolo “Forza Mafia”.

 

Ne “I complici”, Provenzano non è più il rozzo ricottaro che l’informazione ormai ridotta a fiction ci ha voluto mostrare. No, qui è un uomo che ha rapporti con politici, amministratori, ministri, un uomo che comanda non soltanto un esercito di feroci contadini.

 

Lirio Abbate, autore del libro con Peter Gomez, è stato minacciato. Vive sotto scorta e pochi giorni fa i carabinieri hanno trovato un ordigno sotto la sua automobile. Lirio Abbate ha raccontato una mafia diversa: ha messo in scena chi fa di tutto per uscirne, e ridotto a comparse i ricottari e cosa nostra militare.

 

Provenzano e i suoi soldati sono stati raccontati tante volte, da decine di libri e anche dalla tv. “I complici” racconta altro, è un libro diverso, un libro che sale parecchi gradini. Allora, chi minaccia Lirio Abbate?


 

Vito Fiori, L’UNIONE SARDA
– 06/09/2007

 

Non scrivete di Cosa Nostra

 

 

 

LA STAMPA
– 06/09/2007

 

Napolitano: Lirio Abbate un esempio contro la mafia

 

 

 

R.I., CORRIERE DELLA SERA
– 06/09/2007

 

Cronista minacciato, interviene Napolitano

 

 

 

Massimo Giannetti, IL MANIFESTO
– 06/09/2007

 

Il giornalista scomodo che non piace alla mafia

 

 

 

Alessandra Ziniti, LA REPUBBLICA
– 06/09/2007

 

Lirio Abbate non vada via, il suo onore è il nostro onore

 

 

 

Alessandra Turrisi, AVVENIRE
– 06/09/2007

 

Bomba a cronista, la solidarietà di Napolitano

 

 

 

Salvo Palazzolo, LA REPUBBLICA
– 06/09/2007

 

Cronista sotto scorta, l’appello di Napolitano

 

 

 

CORRIERE DELLA SERA
– 05/09/2007

 

Bomba incendiaria sotto l’auto di un cronista

 

 

 

IL GIORNALE
– 05/09/2007

 

Esclusivo. Purtroppo

 

 

 

Giuseppe D’Avanzo, LA REPUBBLICA
– 05/09/2007

 

Vita sotto assedio di un giornalista a Palermo

 

 

 

Elisa Speretta, NARCOMAFIE
– 01/08/2007

 

I complici

 

 

 

Gian Paolo Castagnoli, ROMAGNA – CORRIERE DI IMOLA
– 25/07/2007

 

Mafia, ecco svelati “I complici”

 

 

 

l.r., CORRIERE ADRIATICO
– 07/08/2007

 

La mafia e la politica. “I complici” svela i nomi

 

 

 

LA VOCE DI ROMAGNI FORLÌ CESENA
– 25/07/2007

 

Tutti gli Uomini di Provenzano

 

 

 

LA REPUBBLICA
– 28/07/2007

 

I Consigli del Libraio

 

 

 

IL RESTO DEL CARLINO
– 25/07/2007

 

Bernado Provenzano, gli interrogativi di un caso italiano

 

 

 

IL RESTO DEL CARLINO
– 07/07/2007

 

Due novità in libreria

 

 

 

Luigi Bramato, IL QUOTIDIANO DI BARI
– 03/07/2007

 

Quanti complici ha la mafia?

 

 

 

MAXIM
– 01/07/2007

 

Mixer libri

 

 

 

IL GIORNALE DI SICILIA
– 03/07/2007

 

Libri & Brevi

 

 

 

Stefano Boccardi, LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
– 29/06/2007

 

Zitti e Mutti, Quanti Complici di Cosa nostra

 

 

 

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
– 29/06/2007

 

“I Complici” di Gomez a Taranto, Mola e Foggia

 

 

 

Alessandra Bianco, BARI SERA
– 29/06/2007

 

Tutti gli uomini di Provenzano tra politica e Mafia

 

 

 

IL GIORNALE DELLA TOSCANA
– 22/06/2007

 

libri

 

 

 

Marco Travaglio, L’UNITÀ
– 23/05/2007

 

Capaci e gli incapaci

 

 

 

Cristina Cossu, IL SARDEGNA
– 24/05/2007

 

La mafia esiste e vive tra noi

 

 

 

Fiorenza Sarzanini, CORRIERE DELLA SERA
– 20/05/2007

 

Complici insospettabili nel nome degli appalti dei boss e di Cosa Nostra

 

 

 

Gigi Di Fiore, IL MATTINO
– 23/04/2007

 

Mafia e parole: l’enigma Provenzano

Sei saggi in un anno

 

 

Mssimiliana Rossetti, TARANTO SERA
– 30/04/2007

 

I complici. Tutti gli uomini di Provenzano

La lunga latitanza raccontata in forma romanzesca nel libro di Abbate e Gomez

 

 

Luca Mastrantonio, IL RIFORMISTA
– 28/05/2007

 

Mafiosi e camorristi leggono più degli italiani

Dopo Saviano, un altro scrittore sotto scorta

 

 

Attilio Bolzoni, LA REPUBBLICA
– 05/05/2007

 

La tela di ragno del boss dei boss

 

 

 

GIORNALE DI SICILIA
– 16/05/2007

 

Libri & Brevi

 

 

 

Gianna Sullo, LA REPUBBLICA
– 26/05/2007

 

I consigli del libraio

 

 

 

Peter Gomez e Lirio Abbate, L’UNITÀ
– 06/03/2007

 

Il boss Giuffrè: “Mormino disse: “Tranquilli, una volta eletto ci penso io…””

 

 

 

Lirio Abbate e Peter Gomez, SPECCHIO – LA STAMPA
– 03/03/2007

 

Figli del boss

 

 

 

Federico Orlando, EUROPA
– 10/03/2007

 

Onorevoli complici di mafia

 

 

 

Luciano Genta, TTL
– 24/03/2007

 

Camilleri tra pecore e pecorecci

 

 

 

Ferruccio Sansa, IL SECOLO XIX
– 04/04/2007

 

La vera storia del boss Provenzano.Quando politica fa rima con mafia.

 

 

 

Carla De Girolamo, PANORAMA
– 29/03/2007

 

Tutti gli uomini di Provenzano

 

 

 

LOMBARDIA OGGI
– 11/03/2007

 

Abbate-Gomez

 

 

 

Francesco Specchia, LIBERO
– 09/03/2007

 

Mafia e compagni. Ecco la verità nascosta dai Ds

 

 

 

Lirio Abbate, Peter Gomez, ESPRESSO
– 08/03/2007

 

Alla corte di re Provenzano

 

 

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