Alvin Finkel - Clement Leibovitz

Il nemico comune

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La collusione antisovietica fra Gran Bretagna e Germania nazista

Collana:
Numero collana:
107
Pagine:
304
Codice ISBN:
9788881126101
Prezzo cartaceo:
€ 20,00
Data pubblicazione:
22-04-2005

Traduzione di Silvio Calzavarini
Prefazione di Christopher Hitchens

Il Patto di Monaco del 1938, con il quale il primo ministro britannico Chamberlain cercò un accordo con la Germania nazista incoraggiandone l’espansione in Europa centrale e orientale, suscitò reazioni antitetiche nell’intellighenzia mondiale: alcuni lo salutarono come uno splendido accordo che, secondo le parole dello stesso Chamberlain, avrebbe sancito “la pace della nostra epoca”; altri, invece, lo giudicarono un errore grossolano dagli esiti infausti. Clement Leibovitz e Alvin Finkel demoliscono le letture convenzionali secondo cui la “politica di pacificazione” della Gran Bretagna fu un tentativo, per quanto ingenuo, di “orientare” la vorace aggressività di Hitler al fine di proteggere l’Occidente e portano alla luce aspetti meno noti della storia del Novecento: l’antisovietismo come asse portante della politica estera della Gran Bretagna, l’orientamento antidemocratico delle élite dirigenti anglo-francesi che diedero il benvenuto ai regimi autoritari di Italia, Germania e Spagna, il loro disprezzo per i regimi parlamentari in cui si trovavano costrette a operare, la loro ostilità nei confronti dei partiti operai e dei sindacati. Il nemico comune distrugge quindi l’immagine secondo cui la Gran Bretagna tenne testa alla prepotenza nazista per difendere la democrazia e i diritti dei piccoli Stati e sottolinea come la classe dirigente britannica dimostrò tutto il suo apprezzamento per il nazismo (così come fece con Mussolini e Franco) e incoraggiò la Germania a riarmarsi, avendo come obiettivo primario, fino al 1939, quello di stabilire una piena collaborazione anglo-tedesca.

«Questo libro dimostra definitivamente la grande simpatia che l’establishment britannico nutriva per le scelte politiche di Hitler e Mussolini».
Noam Chomsky

IL NEMICO COMUNE – RECENSIONI

 

Giorgio Vitali, RINASCITA
– 13/08/2008

 

Mussolini e la fine della RSI

 

 

 

Francesco Carella, LIBERO
– 20/07/2006

 

L’alleanza fra pacifisti e tiranni

 

 

 

Massimiliano Griner, CRONACHE DE L’INDIPENDENTE
– 18/12/2005

 

L’aquila e il leone

 

 

 

Francesco Carella, LIBERO
– 14/05/2005

 

Hitler e londra avevano lo stesso obiettivo fermare i comunisti distruggendo l’Urss

 

“Il Terzo Reich e la Gran Bretagna avevano gli stessi obiettivi: spartirsi in modo concordato l’Europa e fermare la minaccia comunista attraverso la distruzione dell’ Unione sovietica”.
Che fa, professore, esagera?
“Macché. Le dirò di più. La storia imboccò un’altra strada solo perché Adolf Hitler non si fidò fino in fondo di Neville Chamberlain (il Primo Ministro britannico che firmò il Patto di Monaco nel 1938, ndr) e della sua capacità di tenere a frano gli umori antinazisti dell’opinione pubblica inglese. La politica britannica cambiò solo dopo la caduta della Francia e l’arrivo a Downing street dei Winston Churchill. Prima di questi due eventi fu filo-nazista”.
a 60 anni dalla capitolazione nazifascista e a pochi giorni dalle accuse lanciate da Bush contro gli accordi di Jalta, uno studioso canadese apre nuovi scenari sul tragico destino dell’Europa Centrorientale, riportando indietro di qualche anno l’orologio della storia e facendo salire sul banco degli imputati l’establishment britannico degli anni ’30. Dice Alvin Finkel: “La tesi di una Gran Bretagna che asseconda gli appetiti territoriali di Hitler, pur di evitare una nuova carneficina nel Vecchio Continente, è destituita di ogni fondamento. “L’appeasement” è un mito e niente più”.
Prego?
“Il patto di monaco fu un “falso storico”. Una narrazione inventata dagli inglesi al solo scopo di placare un’opinione pubblica già molto scossa dalla politica aggressiva dei nazionalsocialisti. Chamberlain non amava la democrazia e mentì clamorosamente ai suoi stessi connazionali. Cercò di accreditarsi come pacifista, ma usò il pacifismo per meglio collaborare con i nazisti. Oggi sappiamo che Hitler, a Monaco, ottenne il disco verde per i suoi progetti di espansione verso l’Europa Centrorientale, mentre la Gran Bretagna, con l’acquiescenza della Francia, ebbe garanzie che non sarebbe stato toccato il suo Impero e la parte occidentale dell’Europa”.
Si tratta di una rilevante revisione storica. In che modo è giunto a questi risultati?
“Ho lavorato, insieme a Clement Leibovitz, su molti documenti resi disponibili da poco, sulle note stilate durante gli incontri internazionali e sui numerosi appunti scritti dopo le riunioni di Governo. Queste nuove acquisizioni hanno chiarito che l’obiettivo principale di Chamberlain, ma anche dei suoi predecessori MacDonald e Baldwin, era quello di scagliare il militarismo nazista contro l’URSS. Egli sperava che l’espansione del Terzo Reich sfociasse nello scontro con Stalin e portasse alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Chamberlain era convinto che il Führer avrebbe risolto definitivamente ciò che chiamava un “problema comune”, il comunismo”.
Insomma, l’asse portante della politica estera britannica non era l’antinazismo ma l’anticomunismo. E’ così?
“Sì. In tal senso, vanno letti sia l’accordo navale anglo-tedesco del 1935 che la decisione inglese, e successivamente francese, di non reagire alla rimilitarizzazione tedesca della Renania avvenuta nel ’36 in aperta violazione del trattato di Versailles il trattato di pace sottoscritto al termine della prima guerra mondiale, ndr). Non si va molto lontano dal vero se si dice che con la libertà d’azione concessa a Hitler, la Gran Bretagna accetta anticipatamente l’occupazione dell’Austria e dei Sudeti”.
Già all’inizio del 1939, però, i rapporti dell’intelligence britannica riferiscono di piani preparati dai consiglieri di Hitler in cui si indica la priorità di un’invasione dell’Europa occidentale, prima di lanciare un attacco grande stile verso Est. Tutto mutò in pochi mesi. Che cosa accadde?
“I nodi vennero al pettine, quando Hitler dimostrò di avere più “fiducia” nell’opinione pubblica inglese che nei suoi governanti. Il Führer conosceva l’ostilità dell’opinione pubblica britannica e francese nei confronti del nazionalsocialismo e temeva sia un ritorno del Fronte popolare in Francia che un futuro governo inglese guidato da un convinto antinazista come Churchill. La verità è che Hitler non si fidò di Chamberlain e della sua capacità di fare rispettare i patti. Fu così che buttò nel cestino i vecchi accordi”.
Come reagì il leader britannico?
“Chamberlain seppe del cambiamento dei piani di Hitler alla fine del ’38, ma non vi diede credito fino al marzo ’39. Quando si rese conto che la situazione precipitava cercò di spingere Hitler a rivedere la sua strategia, garantendo alla Polonia l’aiuto britannico in caso di attacco tedesco. Questa mossa, però, convinse definitivamente il Führer che i leader filo-nazisti di Gran Bretagna e Francia stessero perdendo terreno nei loro rispettivi Paesi e che non ci si poteva più fidare”.
Da questo momento in poi, si scivola velocemente verso la Seconda guerra mondiale. Nel marzo 1939, Hitler s’impadronisce della Cecoslovacchia, cinque mesi dopo, il 23 agosto, Germania e URSS firmano il patto di non aggressione, mentre il 1° settembre le truppe tedesche attaccano la polonia. Due giorni dopo, Gran Bretagna e Francia entrano in guerra. A quel punto, la strategia del Primo Ministro inglese finisce in soffitta?
“Purtroppo, no. Chamberlain, nonostante la guerra fosse già scoppiata non si rassegnò e continuò a inseguire, attraverso numerosi contatti con il Terzo Reich, l’antico disegno. Il suo sogno era quello di costituire un’alleanza tra gli Stati non comunisti allo scopo di combattere i sovietici e tale rimase anche in mezzo alle deflagrazioni della guerra. Solo dopo l’elezione di Winston Churchill a Primo Ministro, nella primavera del 1940, la Gran Bretagna cambiò la sua politica estera, liquidando definitivamente l’ignobile collusione con il nazismo”

 

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