Mario De Caro
La mente e la natura
Per un naturalismo liberalizzato
Traduzione di Lorenzo Greco e Gianfranco Pellegrino
Prefazione di Armando Massarenti
A cura di Mario De Caro e David Macarthur
Con saggi di Stanley Cavell, Dondal Davidson, John McDowell, Hilary Putnam e altri
Forse la principale ragione della frattura che separa la filosofia analitica anglosassone da quella cosiddetta continentale è il credito di cui il ‘naturalismo scientifico’ gode presso molti influenti filosofi analitici come Quine, Dennett e Fodor. Secondo questa concezione esiste un unico modello di conoscenza: quello che applicato alle scienze naturali ha dato luogo a quattro secoli di trionfi. In questa prospettiva, tutte le scienze umane e la stessa filosofia vi si dovrebbero adattare. Un punto di vista antitetico è assunto dai campioni della filosofia continentale, da Heidegger a Ricoeur, da Gadamer a Derrida. Nella loro prospettiva, il naturalismo non è che una versione dello scientismo: una concezione depauperante per la comprensione del mondo.
– 15/10/2008
Stanley Cavell
– 29/01/2006
Se Dio sa tutto non sono libero?
– 06/12/2005
Scienza e filosofia su vie compatibili
– 15/11/2005
Se la Filosofia ignora la Scienza
– 13/11/2005
La natura delle menti aperte
– 19/10/2005
Per un naturalismo liberalizzato
“La scienza è la misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono”. Con questa parafrasi del celebre motto di Protagora, all’inizio degli anni Sessanta Wilfrid Sellars sintetizzava il significato del naturalismo scientifico, una concezione del mondo che da quel momento ha conosciuto grande fortuna nell’ambito filosofico di matrice analitica, al punto da diventare una corrente maggioritaria. Entro quest’ottica peculiare, non deve sorprendere se l’espressione “svolta naturalistica” si sia ormai imposta come una nuova categoria storiografica nel panorama internazionale. A questa forma di naturalismo “estremo” è subentrata una forma più moderata di naturalismo, che può essere definita “liberalizzato”. Se le due versioni del naturalismo condividono l’ipotesi che la filosofia possa rappresentare una forma di sapere privilegiato, in grado di fondare tutte le altre, si dividono invece, sull’interpretazione del nesso che deve comunque intercorrere tra filosofia e scienza: mentre per il naturalismo scientifico non può esservi che continuità tra filosofia e scienza – una continuità il cui approdo starà nel completo assorbimento della filosofia nella scienza -, per il naturalismo liberalizzato dovrà sussistere piuttosto tra filosofia e scienza un raccordo di “compatibilità”. Fautori della prima tendenza (il naturalismo scientifico) sono Quine, Fodor, Dennet e Chomsky, della seconda (il naturalismo compatibilista- naturalizzato), Davidson, Putnam, Stroud e McDowell. In Italia la seconda corrente è rappresentata da Mario De Caro, già segnalatosi per decisivi contributi sulla filosofia di Davidson e sul libero arbitrio. Mario De Caro insieme al filosofo americano David Macarthur ha presentato prima in lingua inglese ed, ora, in edizione italiana una silloge importante per tale querelle, uscita recentemente nella raffinata collana dell’editore romano Fazi, 2005, pp. 341, con il titolo “La mente e la natura. Per un naturalismo liberalizzato”, a cura di Mario De Caro e David Macarthur, prefazione di Armando Massarenti e traduzioni di Lorenzo Greco e Gianfranco Pellegrino. La silloge, articolata in quattro sezioni, comprende i saggi di Barry Stroud, “Il fascino del naturalismo”; “Il miracolo del monismo” di John Dupré; “Contenuto e fascino del ‘naturalismo’”di Hilary Putnam; “Naturalismo senza rappresentazionalismo” di Huw Price; “Il naturalismo in filosofia della mente” di John McDowell; “Naturalismo e scietticismo” di David Macarthur; “Intenzionalità e norme” di Akeel Bilgrami; “E’ possibile una scienza della razionalità?” di Donald Davidson; “Essere agenti e alienazione” di Jennifer Hornsby; “La libertà è davvero un mistero” di Mario De Caro; “Soggettività e prospettiva dell’agente” di Stephen L. Wite; “Una spiegazione non naturalistica dell’identità personale” di Carol Rovane; “Contro il naturalismo in etica” di Erin I. Kelly. Dalla silloge emergono interessanti contestualizzazioni storico-teoriche: per esempio, nel saggio di Hilary Putnam, si argomenta in maniera convincente che il naturalismo scientifico può essere considerato una versione più aggiornata e rigorosa del positivismo ottocentesco. Il naturalismo liberalizzato assimila invece, elementi importanti della tradizione pragmatista e perfino del naturalismo aristotelico. Per dare solo un’idea sommaria di quanto sia intensa, oggi, l’onda del naturalismo scientifico basti ricordare i numerosi tentativi operati dai suoi fautori per “naturalizzare” i concetti filosofici, operazione che pone dinanzi una alternativa secca: o un concetto può essere naturalizzato, ossia ridotto a schemi accettabili dal punto di vista naturalistico o dovrà essere bandito dal vocabolario filosofico. In tale spirito, l’epistemologia naturalizzata di Quine, Alvin Goldman ha tentato la naturalizzazione dei concetti epistemologici di giustificazione e di conoscenza. Fodor, Ruth, Millikan, Fred Dretske e legioni di altri teorici dell’evoluzione, cognitivisti, e teorici dell’informazione, hanno tentato la naturalizzazione dell’intenzionalità, mentre William Lycan e Dennet hanno provato anche con la coscienza. I concetti morali sono stati sottoposti a trattamento naturalistico da parte di Peter Railton, Gilbert Harman, David Lewis, Richard Boyd, Allan Gibbard e Simon Blackburn, mentre dei numeri e di altri concetti matematici si sono occupati dal punto di vista naturalistico Hartry Field e Penelope Maddy. Tentativi di naturalizzare il libero arbitrio e la responsabilità morale sono stati operati da Dennett, Daniel Wegner ed altri. La naturalizzazione dei concetti estetici e religiosi è altresì nel programma di vari filosofi contemporanei, né si possono dimenticare gli ancor più estremistici tentativi di quanti tentano di dimostrare che, dal punto di vista ontologico, tutto può essere ridotto al livello microfisico. Il presente volume è una critica puntuale di tale “estremismo” scientista, senza per questo cadere necessariamente nelle braccia di visioni radicalmente antinaturalistiche come quelle di Boutroux o di Bergson. Tra le visioni unilaterali del naturalismo scientista e dell’antinaturalismo è possibile individuare una prospettiva intermedia, quella appunto del naturalismo liberalizzato che come precisa lucidamente nella sua “Introduzione” all’edizione italiana Mario De Caro “si incentra sull’irriducibile pluralità delle forme di comprensione della realtà e del mondo umano in particolare, e sulla costitutiva autonomia della filosofia, alla quale spetta come compito peculiare quello di dialogare (senza alcuna pretesa fondazionale o egemonica), oltre che con le scienze forti, anche con le arti e con le scienze sociali, con il senso comune e con la storia della filosofia” (pp. XX-XXI). Il naturalismo liberalizzato, senza pregiudicare l’opzione del rigore scientista, restituisce un ruolo
– 13/10/2005
La mente e la natura
Il naturalismo gode di considerazione tra i filosofi analitici. Al centro del suo pensiero vi è l’idea che la filosofia debba utilizzare i metodi della ricerca per non risolversi in una sterile disciplina. Ma la filosofia continentale sostiene che il naturalismo sia scientismo mascherato. Nel saggio, che raccoglie saggi di filosofi come Donald Davidson e Hilary Putnam, viene delineato un “naturalismo liberalizzato”aperto a varie forme di comprensione della realtà. Ne viene fuori una critica e una riformulazione del naturalismo. Il libro appassiona anche perché si affrontano domande come: ha senso una filosofia che non si confronta con l’esperienza?
– 05/10/2005
Inno all’autonomia del filosofo
Quali e quanti sono i modelli di conoscenza del nostro pensiero? Secondo molti filosofi esiste solamente un modello di conoscenza possibile, quello denominato “naturalismo scientifico”, al quale tutte le scienze umane e la stessa filosofia dovrebbero “piegarsi”, in virtù del credito di cui gode presso molti influenti filosofi analitici come Quine, Dennett e Fodor.
Nel volume “La mente e la natura”, pubblicato in precedenza e con successo negli Stati Uniti da Harvard University Press, si abbraccia invece un punto di vista antitetico e innovativo perché gli autori e filosofi che vi contribuiscono – da Donald Davidson a Hilary Putnam, da John McDowell a Stanley Cavell – delineano un naturalismo liberalizzato. Un naturalismo basato cioè sulla necessaria pluralità delle forme di comprensione della realtà e del mondo umano e sull’autonomia di cui deve godere la filosofia, alla quale spetta il compito di dialogare, oltre che con le scienze “forti”, anche con tutte le arti e le scienze sociali.
Per la ricchezza e la fecondità delle prospettive, questo libro permette di avvicinare alla migliore filosofia angloamericana anche molti fautori della filosofia continentale.