Daniel Defoe

Memorie di un cavaliere

COD: 33e75ff09dd6 Categorie: , , Tag:

Collana:
Numero collana:
36
Pagine:
348
Codice ISBN:
9788881120512
Prezzo cartaceo:
€ 13,00
Data pubblicazione:
11-01-1997

A cura di Paolo Del Colle
Traduzione di Vito Bianco

Le Memorie di un cavaliere vengono pubblicate, anonime, nel 1720 in Inghilterra. Seguendo le gesta di un gentiluomo inglese, l’autore ripercorre i grandi conflitti religiosi che dilaniarono l’Europa del Seicento, e da grande cronista ne ricostruisce minuziosamente le avvincenti campagne militari. Prima nella guerra dei Trent’anni, poi nella guerra civile inglese nell’esercito di Carlo I, il solitario cavaliere si troverà coinvolto negli eventi più importanti del secolo. Dalle grandi battaglie alla discussione sulle figure e sul ruolo dei regnanti d’Europa, fino alla sconfitta dei cavalieri a opera dell’esercito parlamentare inglese, Defoe affronta la nascita della civiltà moderna tracciandone un grandioso affresco e anticipando la moda del romanzo storico alla Walter Scott. “Mi ero gettato in quella guerra con slancio cieco, come l’ultimo disgraziato che si arruola nell’esercito; ho riflettuto su me stesso più tardi, con grande pena, e sulla indifferenza dei miei sentimenti nell’osservare la rovina del mio paese”.

MEMORIE DI UN CAVALIERE – RECENSIONI

 

Carlo Carlino, LA GAZZETTA DEL SUD

 

Alle origini del romanzo moderno

Un testo del “padre” di “Robinson Crusoe”, per la prima volta in italiano, che ripercorre la fine dell’età dei cavalieri a opera degli “eserciti parlamentari”.

“Vi auguro … che non conosciate mai i tormenti e le angustie di una vita difficile”. Con queste parole Daniel Defoe si rivolgeva alla figlia e al genero in una lettera indirizzata loro prima di morire in una misera camera d’affitto a Moorfields il 24 aprile 1731. Stanco e solo, in difficoltà economiche, l’autore di “Moll Flanders” – romanzo che quando era stato pubblicato, nove anni prima, aveva incontrato un grande favore – cercava “un posticino appartato dove nessuno mi conosca”, per poter finire in pace una vita avventurosa, piena di rivolgimenti e segnata da disastrose iniziative commerciali terminate con la bancarotta. Infatti Defoe conobbe più volte il carcere; ma frequentò anche la corte, fu giornalista geniale e pamphlettista politico, difensore accanito delle libertà; e se non bastasse, fu persino spia e agente segreto. L’attività di scrittore la iniziò alla soglia dei sessant’anni, con Robinson Crusoe, apparso nel 1719. Fu un travolgente successo. E per meglio sfruttarlo, diede alle stampe nello stesso anno le “Ulteriori avventure di Robinson Crusoe”. E non importa – come qualcuno ha insinuato malignamente – che la sua nuova attività fu determinata da una impellente necessità di denaro. Ciò che interessa è il risultato. Non a caso lo scrittore viene considerato uno dei padri del romanzo moderno, che in lui si sviluppò in un costante rapporto tra individuo e società; rapporto che affrontò sempre in relazione alle proprie vicende personali, vivendolo sulla propria pelle. Nella vasta produzione narrativa di Defoe compare un romanzo particolare, che meglio di altri riassume questa riflessione serrata sul rapporto tra individuo e società. Si tratta di “Memorie di un gentiluomo”, pubblicato nel 1720 e finora inedito in italiano. Adesso lo manda in libreria l’editore romano Fazi nella sua bella collana “Le porte”; Daniel Defoe, “Memorie di un cavaliere”, a cura di Paolo Del Colle, traduzione di Vito Bianco (Fazi editore, pp. 348, lire 30000). Narra le vicende picaresche di un gentiluomo inglese che nel 1630 lascia l’Inghilterra per compiere un viaggio nell’Europa continentale. Dopo aver visitato in compagnia di un amico alcuni paesi tra i quali l’Italia, si trova coinvolto in prima linea a fianco dei protestanti nella guerra dei Trent’anni. Con il piglio di un moderno giornalista e lo sguardo del narratore di razza, Defoe ripercorre minuziosamente le vicende del suo eroe, che una volta rientrato in patria militerà nell’esercito di Carlo I nella guerra civile. UN romanzo politico, che sancisce la presa di posizione di Defoe contro gli Stuart a favore della successione protestnte di Girgio I, ma anche a difesa del potere del parlamento contro ogni ingerenza del clero e della corona. Come bene evidenzia Paolo Del Colle nella sua postfazione, il romanzo oltre a mostrare mla capacità di Deofe di organizzare un grande affresco narrativo, rivela notevoli elementi autobiografici. Ma soprattutto anticipa un genere, il romanzo storico alla Walter Scott e pone l’attenzione su alcuni elementi chiave relativi alla nascita della civiltà moderna; le problematiche religiose e la fine dell’età dei cavalieri ad opera degli “eserciti parlamentari”; espressione di un ordine nuovo unitamente a una società strutturata diversamente. Poteri con i quali l’uomo avrebbe dovuto misurarsi e che Defoe delinea con sorprendente intuizione.

 

LA REPUBBLICA
– 12/08/1997

 

Daniel Defoe “Memorie di un cavaliere” Traduzione di Vito Bianco A cura di Paolo Del Colle Fazi Editore pagg. 346, lire 30000

 

Dall’autore di Robinson Crusoe ecco un romanzone pubblicato nel 1720 che segue le gesta di un anonimo gentiluomo inglese che attraversa i grandi conflitti religiosi del Seicento e alcune avvincenti campagne militari. Si trova così, il cavaliere, a fianco dei protestanti nella guerra dei Trent’anni, quindi arruolato nell’esercito di Carlo I nella guerra civile. Sono memorie largamente romanzate che anticipano, come hanno scritto alcuni critici, la moda del romanzo storico alla Walter Scott e nello stesso tempo affrontano il problema della nascita della civiltà moderna cioè la sconfitta dei cavalieri ad opera dell’esercito parlamentare.

 

Fiorella Iannucci, IL MESSAGGERO

 

I tormenti politici del “naufrago” Defoe

 

Per più di cionquant’anni dopo la pubblicazione, nel 1720, furono ritenute autentiche benché anonime. E in realtà nelle “Memorie di un cavaliere” tale è l’attenzione per il dettaglio, l’accuratezza storiografica, la corrispondenza di luoghi e nomi (solo sette degli oltre duecento personaggi che affollano il testo non sono storicamente identificati, nota il curatore Paolo Del Colle), che era facile cadere nella trappola. Eppure non si trattava, come avverte le prefazione, di un manoscritto “rinvenuto per caso molto tempo fa tra le carte di valore nello studio di un eminente ministro, figura non meno importante di uno dei segretari di stato di re Guglielmo”, ma di un vero e proprio romanzo storico attribuito, solo nel nostro secolo, nientemeno che a Daniel Defoe. A riproporlo a quasi quarant’anni dall’unica traduzione italiana (quella ormai introvabile di Bava) è la Fazi editore (Memorie di un cavaliere, a cura di Paolo Del Colle, traduzione di Vito Bianco, 346 pagine, 30000lire) che giustamente ha fatto del libro di Defoe una “chicca” da unserire nel suo catalogo. Perché, come nota nella dotta postfazione Del Colle, non solo le “Memorie di un cavaliere” sono il romanzo più autenticamente “politico” di Defoe, ma anche il più “autobiografico” “nei limiti di un autore sempre ben nascosto dietro tante maschere e io narranti”. Non è un caso che questo dettagliatissimo “diario militare delle guerre in Germania e delle guerre in Inghilterra dall’anno 1632 all’anno 1648”, come recita il sottotitolo, servì all’autore del Robinsoe Crusoe non solo per riflettere sulla travagliata storia recente della sua Inghilterra ma anche a guardare alla propria, tempestosa vita, “non più da attore, ma da malinconico osservatore delle sventure del tempo”, proprio come l’anonimo cavaliere del libro. Il quale, da gentiluomo e avventuriero, si trova ad attraversare i grandi conflitti religiosi del Seicento, militando prima nell’esercito del re di Svezia nella guerra dei Trent’anni, poi in quello di Carlo I nella prima rivoluzione inglese. Nei suoi viaggi nella Francia di Richelieu e nella cattolica e “degenerata” Italia troverà solo “orrori”. Vedrà i massacri immotivati dell’esercito imperiale-cattolico contro i protestanti, le stragi fraticidie tra l’esercito di Carlo I e quello parlamentare di Cromwell. E andrà tenacemente in cerca di un modello di sovrano, di un sistema di governo che metta fine a quel “mondo di confusione” che era l’Europa del XVII secolo. Proprio come Defoe, che non perde occasione in queste “Memorie” per prendere le distanze dalla dinastia degli Stuart, sostenere la successione protestante di Guglielmo III d’Orange prima e di Giorgio I Hannover poi, difendendo, con la legalità del Parlamento, anche il sogno di tutta la sua vita: veder realizzata quell’ “età dei progetti” che accordi ingegno individuale e benessere collettivo. Un sogno infranto per il mercante, il bancarottiere, il frequentatore di corti, il giornalista di genio Daniel Defoe, ma dal quale nasceranno tutti i suoi libri. “Defoe è narratore perchè ha vissuto la fine di un sogno – nota Paolo Del Colle – perchè lui e i suoi personaggi hanno dovuto imparare a vivere in una società ben diversa e spietata”. Proprio come il Colonnello Jack, Moll Flanders, Lady Roxana, i ribelli dei suoi romanzi d’avventura e, naturalmente, Robinson Crusoe, capostipite di quella progenie di eroi solitari e ingegnosi che, da Defoe in poi, riempiranno le pagine di tanta letteratura non solo per ragazzi.

 

Claudia Gualdana, IL SOLE-24 ORE

 

Daniel Defoe, Cavaliere delle nostre memorie

 

Il XVII secolo visse una pagina tra le più cruente della storia europea. La modernità avanzava e, mentre la scienza guadagnava terreno, la Chiesa cattolica romana era ben ancorata alla tradizione. Riforma e Controriforma dividevano l’Europa, schierando i protestanti contro i cattolici nella sanguinosa Guerra dei Trent’anni. Nascevano due mantalità e due fedi distinte: il Nord del continente, abbandonando il primato romano, abbracciava nuove forme di cristianesimo, mentre i Paesi più a sud rimasero fedeli al papto. Nel frattempo la monarchia inglese, che si era allontanata da Roma già nel secolo precedente con Enrico VIII, si stava evolvendo, e le dispute religiose si confusero sempre più con le trame del potere e la nascita di nuove realtà sociali. Eppure, per comprendere a fondo i drammi che scossero l’Europa secentesca, non sempre bastano i saggi di storia. Talvolta per entrare nel cuore di un’epoca, è ben più utile chiamarne in causa i protagonisti, oppure recuperare i loro compatrioti, magari nati solo alcuni decenni più tari. E, per quanto riguarda la Gran Bretagna del secolo XVII, ci è consentito ripercorrere le opere di un letterato immortale. Alludiamo a Daniel Defoe (Londra 1660-1731), autore di Robinson Crusoe (The life and strange surprising adventures of Robinson Crusoe, 1719) e Moll Flanders (1722), e soprattutto a una sua opera minore, Memorie di un cavaliere. Pubblicato nel 1720, il romanzo – considerato il più politico dello scrittore inglese – spalanca una finestra sui sanguinosi eventi della Guerra dei Trent’anni e sulla successiva guerra civile in Inghilterra. L’anonimo protagonista – che l’abile scrittore per oltre cinquant’anni fece credere reale benché fosse immaginario – attraversa l’Europa secentesca. Eppure, ciò che colpisce l’attenzione del lettore non è tanto il susseguirsi delle avventure militari dell’eroe, bensì la fedeltà alle fonti e soprattutto le frequenti riflessioni in margine agli eventi. Inoltre, la narrazione è improntata all’austerità che potremmo riscontrare nel diario di un soldato, e di conseguenza concede ben poco ai momenti descrittivi, alla delineazione psicologica dei personaggi e ai dialoghi. In sostanza, l’opera non è certo il capolavoro di Daniel Defoe, ma in compenso fornisce l’occasione di leggere un’amara pagina di storia da un punto di vista antico, forse meno obiettivo, ma senza dubbio ricco di riflessioni che un uomo di oggi difficilmente sarebbe in grado di formulare con tanta partecipazione. Sappiamo che Defoe fu un vivace sostenitore della nascente classe media inglese e nemico giurato del cattolicesimo, mentre i giudizi pungenti, ispirati a un sincero realismo, denunciano l’antesignano del giornalismo moderno. Tanta concretezza ravviva scontri sepolti da secoli; infatti, non a caso leggere “Le memorie di un cavaliere” può talvolta irritare l’amor patrio di chi appartiene a quella parte dell’Europa che non ha abbracciato il protestantesimo. Lo scrittore non risparmia critiche ai nemici di questi ultimi; frequenti i toni accesi nei confronti della Spagna e della Francia al tempo del cardinale Richelieu, la mente dell’assolutismo che ispira a Defoe una descrizione al vetriolo. Ma egli è impetioso soprattutto nei confronti della nostra penisola, che considerava demoniaca e corrotta perché patria della Chiesa cattolica romana, fatta eccezione per Venezia nella quale riteneva il senso civico fosse superiore al potere religioso. In “Memoria di un cavaliere”, al di là dell’entusiasmo per la guerra, avvistiamo chiari sintomi di cambiamento in seno alla società anglosassone: nel cavaliere si cela l’autore, e nell’Europa del Seicento l’embrione di una società pienamente moderna. Anche se le opinioni di Defoe sono espresse dall’io narrante di un personaggio immaginario, nel monarca ideale – Gustavo Adolfo di Svezia – non è difficile scorgere la personalità di Guglielmo III Orange, nelle cui imprese egmli vide realizzarsi il trionfo sull’aperto cattolicesimo di Giacomo II. Mentre sullo sfondo si delinea, già nei primi del Settecento, un profondo distacco tra mondo cattolico e protestante, tra civiltà latina e anglosassone. Daniel Defoe, “Memorie di un cavaliere”, Fazi editore, Roma 1997, pagg. 348, L. 30000

Memorie di un cavaliere - RASSEGNA STAMPA

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