Baruch Kimmerling
Politicidio
Sharon e i palestinesi
Traduzione di Elisa Bonaiuti
Una guida documentatissima e di grande chiarezza espositiva per saperne di più sui risvolti dell’attuale politica israeliana e sulle sue ripercussioni sull’area più tormentata e instabile del globo. Cosa spinge un «patriota israeliano» – come Baruch Kimmerling, professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme, si definisce – a mettere in guardia il proprio popolo e l’opinione pubblica mondiale dalla politica militarista di Ariel Sharon e del suo governo? Non certo quell’antisemitismo di cui vengono spesso accusati i critici non ebrei d’Occidente, e nemmeno una scarsa conoscenza delle relazioni fra i due popoli protagonisti del conflitto: il suo monumentale I palestinesi. La genesi di un popolo è considerato da molti il miglior testo di storia palestinese in circolazione. In questo libro, Kimmerling professa a chiare lettere e dimostra di voler innanzitutto difendere il proprio paese da ciò che considera un potenziale suicidio politico: la condotta da esso tenuta nei confronti della nazione palestinese. Ed è la controversa figura dell’attuale premier israeliano ad essere al centro delle approfondite analisi e degli acuti interrogativi dell’autore. Chi è Ariel Sharon? Un falco a cui talvolta è piaciuto indossare la maschera di colomba? Nient’altro che il maggior fautore di un politicidio ai danni dei palestinesi, che rischia di sprofondare il Vicino Oriente in un baratro dalle conseguenze incalcolabili per tutti? Il deciso difensore della propria patria, o il maggior attentatore alla sua sicurezza? I diversi volti di Sharon – il pugno di ferro e, a tratti, le apparenti aperture alla trattativa di pace – emergono con lucidità in questo excursus biografico che è al contempo un’aggiornatissima storia del conflitto vicino-orientale.
«Un pensatore brillante e acuto, che ha contribuito enormemente alla comprensione del nazionalismo palestinese e della politica israeliana».
«The Nation»
«Un libro-scrigno di Storia che fa riflettere. Illuminante».
Igor Man, «Specchio della Stampa»
– 09/01/2008
Israele ospite d’onore alla fiera del libro di Torino 2008
La militarizzazione della cultura
[…]Israele è uno stato fascista.
Lo si può leggere in “Politicidio – Sharon e i Palestinesi”, Fazi 2003, del sociologo israeliano Baruch Kimmerling.[…]
– 07/11/2007
Quella casa comune per il popolo senza stato e il popolo senza terra
– 19/01/2006
Si credeva il Pifferaio magico
“Ariel Sharon come il Pifferaio magico di Hamelin: ha condotto il popolo d’Israele all’inferno”.
Non fa sconti Baruch Kimmerling, docente di Sociologia a Gerusalemme e Toronto, intellettuale controverso e spesso controcorrente, nemmeno adesso che il premier è fuori dalla scena politica. Gli aveva
del resto dedicato un libro corrosivo, “Politicidio, Sharon e i palestinesi”, pubblicato nel 2003 anche in Italia da Fazi. Riprende il professore: “Si è dedicato a questo lavoro di Pifferaio fin dal 6 febbraio 2001, giorno della sua elezione a primo ministro. Usando l’ansia prodotta dalla sporca guerra ai palestinesi, ha non solo distrutto l’Autorità palestinese, ma anche la democrazia israeliana, soffocando ogni opposizione, sia alla sua destra sia alla sua sinistra. Né ci sarebbe, secondo questa analisi, uno Sharon nuovo davvero, votato alla pace. E’cambiata solo la sua tattica non le sue convinzioni profonde circa il conflitto.
Professor Kimmerling, e il ritiro da Gaza? E l’annunciato ritiro da altre colonie della Cisgiordania? E Kadima, il suo partito personale strumento per completare l’opera?
“Proprio a causa di tutti questi elementi in molti, sia in Israele che altrove, l’hanno voluto percepire come una sorprendente reincarnazione di un De Klerk o di un De Gaulle. Questo nuovo Sharon, avrebbe voluto, così si voleva sperare, liberare Israele dalle sue colonie ed evacuare i “pied noirs” israeliani. Ma è lo stesso uomo che nel passato, non dimentichiamolo, smantellò gli insediamenti ebrei nel Sinai dopo l’accordo di pace con l’Egitto. L’aveva dunque già fatto”.
I tempi sono diversi. Non riconosce davvero nessun cambiamento in lui?
“In qualche misura, se si vuole, lo Sharon del 2005-2006 non è lo Sharon che nel 1982 invase il Libano, qualcuno lo considerò responsabi1e almeno morale dei massacri di Sabra e Chatila, e coinvolse Israele in una guerra in stile Vietnam con 675 soldati israeliani e circa 17.800 arabi uccisi. Chi la pensò così si rifiuta di dimenticare e di seppellire quella memoria, e si rifiuta di credere che Sharon ha avuto una metamorfosi genuina. Tuttavia, da primo ministro, ha imparato la lezione del Libano e ha capito che doveva crearsi un consenso interno e internazionale per continuare la sua politica”.
Le concessioni poi le ha fatte…
“Recentemente la sua retorica è diventata relativamente moderata e ambigua, in contrasto tuttavia con quanto ha fatto sul terreno. Ha dichiarato diverse volte, quando i palestinesi hanno ridotto le loro aspettative, che un qualche Stato palestinese sarebbe sorto entro cinque anni, che Israele avrebbe dovuto fare delle dolorose concessioni. Nello stesso tempo non ha fatto nulla per smantellare molte colonie, non ha mai spiegato nei dettagli il suo piano. Ha usato solo una sofisticata tattica. Non ci sono segnali concreti sul fatto che abbia cambiato le sue convinzioni profonde sul conflitto e il suo scopo è sempre stato quello di mantenere il massimo possibile di territorio col minor numero possibile di arabi. Alla fine la realtà del piano di Sharon è questa, dopo aver distrutto le infrastrutture dello Stato palestinese voleva imporre loro la sua volontà con delle misure estreme militari ed economiche.”
Voleva fissare, una volta per tutte i confini dello Stato.
“Inglobando, col consenso americano, il 15-20 per cento della Cisgiordania e lasciando ai palestinesi per il loro Stato quello che rimaneva”.
Kadima sopravvivrà alla sua fine politica?
“Troppo presto per dire qualcosa di definitivo. Secondo me diventerà un partito di media grandezza, con 20-25 deputati. Come il Likud o il Labour”.
Chi ha il carisma per guidarlo alle prossime elezioni? Olmert? Livni? Peres? Mofaz?
“Nessuno. Olmert ha ora il “carisma della carica” e pretende di rappresentare il pensiero di Sharon”.
Un ridimensionamento di Kadima favorirà il Likud o il Labour?
“Tutti i partiti non religiosi”.
Amir Peretz ha qualche chance di riportare la sinistra al governo? E’ipotizzabile un’alleanza Kadima-Labour?
“Le chances di Peretz oggi sono molto basse. Se sopravvivrà politicamente a questa fase potrà giocare le sue carte con maggior successo al turno successivo. Mi auguro che i suoi compagni di partito gli permettano di costruire una vera opposizione”.
Con Sharon scompare l’ultimo leader che ha combattuto la guerra d’Indipendenza (Peres non l’ha fatta). Che significa per Israele l’arrivo di una nuova generazione al potere?
“Un periodo di incertezza. A lungo termine potrebbe rivelarsi anche positivo. Anche in questo caso
è troppo presto per fare previsioni ragionevoli”.
Esiste una maggioranza in Israele che sostiene il ritiro, seppur parziale, dalla Cisgiordania?
“Sì, ma non è sufficiente per risolvere i nodi del conflitto”.
Che ne sarà del processo di pace?
“Nel breve periodo non prevedo nulla di buono. Anzi, per i problemi interni a entrambe le società temo un’escalation”.
– 02/06/2004
Il politicidio dei palestinesi
Professore di sociologia all’Università ebraica di Gerusalemme, Baruch Kimmerling è una delle voci più critiche all’interno del dibattito israeliano. Autore di numerose pubblicazioni ha definito – nel suo ultimo libro (Politicidio, Fazi, 2003) – la politica di Sharon verso i palestinesi come “politicidio”, un “processo che abbia, come fine ultimo, la dissoluzione del popolo palestinese- in quanto legittima entità sul piano sociale, politico ed economico”.
Professor Kimmerling, cosa sta succedendo in Israele? Il potere di Sharon è in crisi?
Il governo non sembra intenzionato a votare il piano di disimpegno proposto dal primo ministro. Può darsi che Sharon rinunci a sottoporlo al voto. Comunque non c’è dubbio che il premier abbia perso molto potere. Il vero uomo forte in questi ultimi tempi è diventato Netanyahu (il ministro delle finanze, ndr). Tuttavia va ricordato che tutta la vita politica di Sharon è stata attraversata da alti e bassi e quindi potrebbe sopravvivere anche a questo momento, soprattutto perché, anche se nel Likud c’è un leader alternativo (Netanyahu), il partito non ha alcuna politica alternativa.
Come si colloca il ritiro da Gaza in quello che lei ha definito “politicidio” dei palestinesi?
La prima fase del politicidio è stata militare ed è iniziata con l’operazione “Scudo difensivo”, il 29 marzo 2002, con l’obiettivo non solo di distruggere l’organizzazione delle forze di sicurezza palestinesi, ma principalmente di cancellare le fondamenta dell’autorità di Arafat, Durante questa fase militare del politicidio, Sharon guadagnò un’immensa popolarità tra gli ebrei. israeliani e non. Poi, dopo aver distrutto praticamente qualsiasi capacità di resistenza dei palestinesi, Sharon ha iniziato la fase politica del suo progetto di politicidio, chiamandola piano di “disimpegno”. Sharon è un pragmatico ed è consapevole che le norme internazionali non lasciano spazio né a una pulizia etnica su larga scala né alla trasformazione del regno ashemita di Giordania in stato dei palestinesi, nonostante le sue intenzioni iniziali. Quindi il suo piano è smantellare tutte le colonie di Gaza e quattro piccoli insediamenti dalla West Bank. In cambio del ritiro di 7.500 setter da Gaza, Sharon ha chiesto al presidente Bush e al suo partito del Likud di appoggiare la permanenza in Cisgiordania dei maggiori blocchi d’insediamenti ebraici; circa 95.000 coloni.
Il “piano di disimpegno” e la “barriera di sicurezza” dominano il dibattito politico in Israele. Quando sarà possibile tornare a parlare di pace con i palestinesi?
Nelle circostanze attuali, mai. La “visione” di Sharon sul conflitto è chiara. Ha spiegato che, grazie all’applicazione della road map proposta da Bush, Israele creerebbe un’area contigua di territorio palestinese nella West Bank la quale permetta ai palestinesi di viaggiare da Jenin a Hebron senza passare attraverso alcun blocco stradale o check point israeliano. Un’area separata con muri da Israele e dai blocchi d’insediamenti ebraici. La sua “visione” è chiara. Lo “stato palestinese” sarà formato da 4 o 5 enclave attorno a Gaza, Jenin, Nablus ed Hebron, senza continuità territoriale. Il piano di collegare queste enclave attraverso gallerie e ponti significa che ci sarà una forte presenza militare israeliana in molte altre aree della Cisgiordania. Il paragone è con Gaza, dove Israele dopo il “disimpegno” manterrà il controllo sui varchi d’accesso, sullo spazio aereo e marittimo. Al confronto i bantustan sudafricani sembrano simboli di libertà.
La “barriera di sicurezza” sembra aver risolto ì problemi di sicurezza: da diversi mesi non ci
sono attentati all’interno dello stato ebraico…
La barriera, in quanto divisione fisica. non può assicurare una protezione totale contro questa guerra di guerriglia. Può aiutare, ma solo in maniera marginale, perché un guerrigliero molto determinato e motivato come un attentatore suicida può superare qualsiasi divisione fisica. il muro fornisce piuttosto un rimedio psicologico per l’opinione pubblica israeliana.
Lei ha evidenziato i danni economici che la seconda intifada sta procurando all’economia israeliana. Come si spiegano i dati sulla crescita (oltre 4%) dell’ultimo trimestre? La ricetta Netanyahu funziona?
Sono dati che traggono in inganno. La disoccupazione è diminuita bruscamente, ma è aumentata la povertà. Quello messo in moto da Netanyahu è un processo molto diseguale: ha privatizzato molte imprese di stato il che ha reso i ricchi più ricchi, mentre ha impoverito i poveri ma anche molta classe media. Si tratta di un’economia neoconservatrice, basata anche sulla vendita di armi.
A 56 anni dalla fondazione dello stato ebraico, Israele ha il primo membro arabo della Corte suprema. Pochi giorni dopo la storica elezione, la Corte ha autorizzato la demolizione di centinaia dì case a Gaza. Che significa?
Vuol dire che un membro arabo, ma altamente conformista, della Corte suprema rappresenta solo un atto simbolico di riconciliazione tra i cittadini dello stato, ma non può cambiare la tradizione giudeo-centrica della corte nei cosiddetti “problemi dì sicurezza”.
Quale stato ebraico è possibile in una nazione dove il numero di arabi aumenta più rapidamente di quello degli ebrei e dove – come mostrato da un recente sondaggio – i giovani usano ogni mezzo per evitare la leva?
Uno stato multiculturale, all’interno dei confini del 1967, che viva in pace con i suoi vicini arabi, tra i quali uno stato palestinese sovrano al suo fianco. Questo stato e lo stato palestinese dovrebbero divenire membri dell’Unione europea e del suo sistema di difesa comune.
– 25/08/2003
Politicidio
Baruch Kimmerling è un professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme ma anche un “patriota israeliano” che però in queste pagine mette in guardia il popolo ebraico e l’opinione pubblica dalla politica aggressiva e militarista di Ariel Sharon. E lo fa non per antisemitismo ma per difendere il proprio paese da un “suicidio politico” dovuto ad una condotta sconsiderata verso il popolo e la nazione palestinese. Lo fa delineando non solo i cenni storici di questo conflitto senza fine ma anche la figura di Ariel Sharon, uomo politico spregiudicato e fautore di una politica senza pietà verso gli insediamenti palestinesi. Attraverso un excursus biografico e una ricca documentazione, Kimmerling, mosso dalla passione per la pace, traccia la storia del conflitto vicino-orientale e i motivi che potrebbero portare l’Israele ad un naufragio internazionale.