In occasione dell’uscita di Avviso di chiamata di Delia Ephron, Federica Privitera ci racconta le sue impressioni sul romanzo.
Quando non esistevano WhatsApp e Skype l’unico modo che gli uomini e le donne avevano per comunicare annullando le distanze e superando i confini era il telefono. L’invenzione di Meucci non ha rivoluzionato solo il modo di trasmettere le informazioni ai più alti livelli (penso alle comunicazioni di carattere militare), ma ha scandito la quotidianità di miliardi di persone in tutto il mondo, che per la prima volta nella storia dell’umanità sperimentavano il piacere della riduzione dell’attesa. Si aveva voglia di raccontare all’amica del cuore gli ultimi risvolti della propria relazione d’amore? Bastava comporre un numero e nel giro di un paio di ansiosi squilli e i tempi biblici delle poste, che separavano l’invio di una lettera dalla sua ricezione, finalmente dimenticati. Nel XXI secolo tale lasso di tempo è ancora più ridotto e si vive, ormai, al ritmo di una spunta blu di avvenuta lettura. Quando Delia Ephron scrive il suo Avviso di chiamata le tre protagoniste Eve, Georgia e Maddy Mozell vivevano nell’era d’oro delle comunicazioni al telefono, nel momento in cui le amicizie venivano rotte a causa di un mancata telefonata e i rapporti genitori-figli viaggiavano sulle frequenze di un’altra invenzione epocale, la segreteria telefonica, che univa l’utile alla possibilità di celarsi dietro un messaggio registrato per sfuggire, adesso sì, a quelle chiamate diventate incessanti.
Proprio all’emorragico numero di telefonate che Eve riceve da parte del padre Larry si gioca il ritmo di un romanzo che è l’ultima testimonianza dell’epoca, lontana, dell’analogico. L’uomo è stato lasciato dalla moglie, stanca dell’infelicità del proprio matrimonio, quando le tre figlie sono poco più che adolescenti, scegliendo una vita in montagna insieme a un più attivo e passionale compagno. Da quel momento Larry, lo sceneggiatore a cui John Wayne regalò un proiettile di una sua pistola, vive in un ciclo continuo e cronico di crisi depressive e abusi alcolici, convinto che ogni donna che incontra è il nuovo amore della sua vita e aggrappandosi all’unica cosa che lo soddisfa: parlare al telefono con le sue figlie. Queste, palleggiandoselo da un capo all’altro degli Stati Uniti, provano a vivere una vita normale pur provenendo da una famiglia disastrata: Georgia dirige a New York una rivista di moda che porta il suo nome, Maddy fa l’attrice in una soap opera girata a Hollywood e Eve gestisce a Los Angeles un’agenzia di organizzazione eventi. Ecco che da storia di un matrimonio Avviso di chiamata si trasforma in una storia di sorelle: le tre donne rimangono attaccate l’une alle altre da un’invisibile (e analogico) cordone ombelicale fatto di lunghe telefonate, in cui Eve riporta a Georgia le follie del padre e la sorella maggiore commenta con una punta di cattiveria i capricci della stralunata Maddy. Un equilibrio di vita che esplode improvvisamente quando al padre viene diagnosticata una demenza senile incipiente, ma inesorabile e degenerativa. A questo punto Eve è costretta a fare i conti con i sentimenti contrastanti che la legano all’uomo, amato profondamente ma che l’ha resa infelice a causa del suo disturbo bipolare e dalla dipendenza dall’alcool.
A partire dal conflitto interiore di Eve, Avviso di chiamata trasforma le relazioni al telefono in riflessioni sulla solitudine a cui ognuno di noi è costretto nella propria vita, qualunque sia il grado di connessione con gli altri che sceglie di adottare. Che siano valanghe di telefonate o chat intasate di messaggi, il gioco con i propri sentimenti rimarrà sempre intimo, esclusivo, mai comprensibile all’esterno. La storia che al cinema è diventata la classica commedia americana (il film tratto dal romanzo della Ephron è stato diretto da Diane Keaton nel 2000) possiede una modernità sorprendente, perché spiattella ai lettori di oggi una verità scottante ma spesso dimenticata: la tecnologia ha cambiato le relazioni, non i sentimenti.
Il telefono squilla di nuovo. Dovrei lasciarlo squillare, ma non posso. Probabilmente avrei bisogno di un programma in dodici fasi per liberarmi dall’abitudine di rispondere al telefono.
La Ephron dà prova di una prosa efficace nei passaggi da una telefonata all’altra, con dialoghi frizzanti e coinvolgenti, al punto che si trascorrono momenti durante la lettura in cui si dimentica di avere tra le mani un romanzo e si ha la sensazione di guardare una di quelle scene in cui lo schermo è diviso a metà mostrando le persone ai due capi del telefono. Eppure dietro molta ironia e passaggi spassosi, il tema vero dell’uomo solo rimane l’eco che disturba ogni telefonata. E quando anche l’ultima cornetta è stata tirata giù si capisce molto di chi siamo, in quanto figli, genitori e fratelli. Ecco perché Avviso di chiamata è un libro che parla a tutti: con leggerezza che non significa superficialità ha ritratto uno spaccato di storia preciso, forse lontano, ma che rimane ancora universalmente valido.
Federica Privitera