Il mare e la letteratura, una riflessione di Sandro Frizziero

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mare

In occasione dell’uscita di Sommersione, Sandro Frizziero riflette sul rapporto fra il mare e la letteratura. 

 

Si può dire che la letteratura occidentale nasca dal mare; è proprio dal mare, infatti, che Ulisse si mette in salvo sbarcando nell’isola dei Feaci dove inizia a raccontare le sue avventure. Il mare nutre da secoli l’immaginario degli esseri umani, ben prima che il Romanticismo lo rendesse lo scenario perfetto per narratori d’ogni sorta, compagno in questo solo della montagna.

Il mare, però, nonostante questa illustre tradizione, è assolutamente democratico: non nega una poesiola al liceale impegnato a far breccia nel cuore della sua compagna di classe, un paio di versi all’anziana poetessa dialettale e nemmeno una storia all’aspirante romanziere, che sul mare scriverà pagine, magari un po’ banali, ma oneste.

Il mare, si sa, conduce a improvvise epifanie: le sue scaglie palpitanti sono per Montale un rifugio dall’aridità dell’esistenza, per Sandro Penna, il mare, tutto fresco di colore, è una straordinaria liberazione. A lui ci si abbandona in un abbraccio materno, come fa, nell’indimenticabile Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, l’obeso e cardiopatico protagonista che passando in treno a Santo Amaro, ricorda i bagni della sua giovinezza e non può resistere alla tentazione di spogliarsi (dei vestiti, delle preoccupazioni) e di tuffarsi tra le onde.

Il mare è teatro delle esperienze più comuni, del più artificiale sentimentalismo, ma può anche essere un mostro da cui ci si salva per un pelo. Lo sanno bene i protagonisti del Robinson Crusoe di Defoe o del Racconto di un naufrago di García Márquez: l’uno smarrito in un’isola deserta, l’altro disperso a bordo di una zattera.

Il mare è viaggio, scoperta, esplorazione, come dimostra uno dei più bei racconti mai scritti su questo tema: mi riferisco al diario del vicentino Antonio Pigafetta, imbarcato con Magellano per un incredibile viaggio intorno al mondo; può essere affascinante e misterioso, abitato da corsari e pirati, da mostri terribili come il Kraken, o il Colombre di un famoso racconto di Dino Buzzati, per non parlare delle affascinanti, ma altrettanto pericolose, sirene. E nel mare ci si può finire dentro, come l’Ulisse dantesco o come il capitano Nemo di Ventimila leghe sotto i mari del visionario Jules Verne.

Ma corsari e navigatori, dei e naufraghi non sono gli unici protagonisti delle storie di mare. Esistono anche i pescatori. Eroi popolari celebrati dalla penna di tanti scrittori e, allo stesso tempo, oggi più che mai abbandonati. A ben vedere, non c’è poi così tanta differenza tra il re Egeo che, in cima a un promontorio, attendeva col cuore in gola di avvistare le vele del figlio Teseo, e le donne che, dopo una burrasca, aspettavano a riva di intravedere le vele delle barche dei loro mariti.

Il pescatore può essere un re, come in alcuni romanzi cortesi, o diventare addirittura il primo papa, come Pietro. In ogni caso, è sempre una figura straordinaria nel suo essere meditabonda e saggia. Come non ricordarci di Santiago, leggendario protagonista de Il vecchio e il mare di Hemingway, dei balenieri protagonisti del Moby Dick di Melville e, perché no, del pescatore cantato da De André che, assopito all’ombra dell’ultimo sole, accoglie tutti, anche gli assassini, con la tradizionale ospitalità della gente di mare.

Come sa bene chi è cresciuto in una città che è anche un porto peschereccio, però, quello del pescatore è prima di tutto un mestiere, uno dei più duri. Il protagonista di Sommersione è un pescatore ormai vecchio, stanco, disilluso. Non ama i tramonti e le stelle, ogni buon sentimento gli pare nasconda un abisso di ipocrisia. Eppure anche lui, quasi non riuscisse a sottrarsi al peso della tradizione, non è privo di una sua peculiare grandezza: quella di saper guardare in faccia l’esistenza scarnificata, l’assoluta banalità, e inesorabilità, del male.

Il lettore, ogni lettore di mare, si avvicina a queste storie con passione, con brivido, con interesse, immaginandosi sospeso tra le sartie nel bel mezzo di una tempesta o a cavalcioni dell’albero maestro in attesa di avvistare nuove terre. E per motivi diversi, mi auguro che anche il lettore di Sommersione, una volta chiuso il libro, possa apprezzare il viaggio che ha compiuto e il porto dov’è approdato.

 

Sandro Frizziero

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