«La fotografa degli spiriti»: osservando il mondo con sguardo obliquo

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Fotografa

Sulle colline del Monferrato, agli inizi del Novecento, i giorni scorrono ciascuno uguale a quello che l’ha preceduto e uomini, donne e persino bambini si svegliano all’alba per cominciare la quotidiana lotta contro la miseria. È un’eterna guerra scandita dal ritmo delle stagioni, che si combatte nei campi e tra i filari delle vigne, sotto il cocente sole estivo e le intemperie invernali. Ciascuno replica le azioni dei propri genitori, nonni e bisnonni, con la sola prospettiva di mettere un giorno al mondo dei figli che condurranno la stessa esistenza. Qualcuno talvolta spezza il ciclo millenario, e se ne va via attratto da un posto di lavoro in città, o addirittura dal sogno di arricchirsi oltre oceano.

Coloro che trovano il coraggio di partire, sono però quasi sempre uomini, o donne sposate che seguono il marito nell’avventura che ha deciso d’intraprendere. Alle ragazze nubili, invece, non è consentito cercare la propria strada, né tantomeno la propria fortuna. La loro sola opportunità è quella di trovare un marito nei dintorni o, qualora la sorte non conceda loro tale fortuna, di andare a servizio presso qualche famiglia benestante. La maggior parte di queste ragazze, insomma, non vedrà mai cosa si cela oltre i morbidi profili delle colline del Monferrato. C’è un uomo, però, in grado di cambiare il loro destino e, talvolta, quello delle loro intere famiglie.

«Fotografie, ritratti di famiglia, ricordi della cresima e della leva militare, fidanzamenti, matrimoni!». Al suono di quella strascicata litania, le porte che davano sul viottolo cominciarono a dischiudersi, rivelando anditi bui che si accendevano di occhi curiosi. «Fotografie, ritratti di famiglia, ricordi della cresima!». Col naso appena fuori dall’uscio, le donne videro sfilare la piccola processione: in testa un uomo di mezz’età con baffi a manubrio e un abito di squisita fattura, che tuttavia non riusciva a dissimulare il suo fisico tarchiato. Al suo braccio una donna molto più alta di lui dall’incarnato bruno, i lunghi capelli neri fermati da un vistoso pettine dorato e un abito a fiorami rossi che l’avvolgeva aderente; un vestito bizzarro e molto sfrontato, rispetto ai sottanoni e alle camiciole smorte nelle quali usavano infagottarsi le donne del paese. Dietro la coppia mal assortita vi era infine un ragazzo sui quattordici anni che latrava la sua filastrocca, spingendo un pesante carretto dipinto di verde scuro sulla cui fiancata si leggeva, a caratteri dorati ormai sbiaditi: «FOTOGRAFIE BARDELLA». Il ragazzo era il dettaglio meno interessante del corteo; si trattava di Berto, il figlio minore di un mezzadro dei dintorni, ed era stato assoldato per spingere il carretto delle attrezzature. La vera attrazione non era neppure la procace signora che i paesani avevano soprannominato, sin dalla sua prima apparizione qualche primavera addietro, “la Valenziana”; bensì, il personaggio davvero notevole era munsù Bardella, che di tanto in tanto percorreva le strade dei paesini abbarbicati sulle colline del Monferrato, cambiando per sempre il destino di qualche fortunata famiglia

Munsù Bardella è un fotografo ambulante, ma non sono le sue fotografie a scuotere d’eccitazione i paesini che attraversa. L’uomo è anche un sensale e, tra una fotografia e l’altra, cerca di trovare giovani mogli per i suoi clienti; uomini piemontesi che hanno fatto fortuna in Argentina. I genitori attendono con trepidazione l’arrivo del sensale, nella speranza che scelga una delle loro figlie: una ragazza maritata è una bocca in meno da sfamare, ma una ragazza ben maritata può aiutare la famiglia d’origine, anche se vive a migliaia di chilometri di distanza. Le giovani contadine, dal canto loro, guardano munsù Bardella con un misto di curiosità e terrore. Se lo sguardo del sensale dovesse indugiare su di loro, potrebbero dover partire per congiungersi a mariti sconosciuti, senza la possibilità di fare mai ritorno. Quando il sensale trova una ragazza adatta ai suoi scopi, allora tira fuori dalla sua borsa la fotografia del futuro marito e della sua bella tenuta agricola. Molte giovani si lasciano cogliere dal legittimo sospetto che tanto le fotografie dei mariti – quasi sempre giovani e belli -, quanto quelle delle loro proprietà siano false, ma la speranza di dare una svolta alla propria esistenza e le pressioni dei genitori, le inducono a cedere.

Pia, la protagonista de La fotografa degli spiriti, il quarto romanzo della mia pentalogia sensoriale, non attende l’arrivo del sensale né con timore né, tantomeno, con trepidazione. Lei non è merce adatta ai traffici di munsù Bardella, non è robusta né particolarmente graziosa, inoltre ha un difetto che sino a quel momento le ha precluso la possibilità di attrarre un marito: è strabica. Il suo sguardo obliquo, che sempre l’ha penalizzata, d’improvviso diventa un vantaggio: non dovrà partire per un viaggio senza ritorno, né sposarsi con uno sconosciuto che potrebbe rivelarsi vecchio, brutto o – peggio – malvagio! Proprio come sua madre, sua nonna e tutte le sue ave, Pia vivrà una vita faticosa e priva di stimoli, ma tranquilla e sicura, facendo a meno di conoscere ciò accade al di là delle colline che circondano il suo paesello. A quella prospettiva rassicurante, qualcosa però le si agita dentro: i suoi occhi, strabici ma curiosi, reclamano di essere saziati.

(…) Da quand’era bambina tutti coloro che l’avevano incontrata si erano impietositi per il suo sguardo sbilenco: «Oh, che peccato!», si rammaricavano a voce alta, come se lei non fosse presente (…) anche lei provava compassione per i suoi occhi, anche se per tutt’altro motivo. Li compativa perché sino a quel momento non avevano avuto la possibilità di vedere che una minuscola porzione di mondo: le colline, le vigne che ne seguivano i morbidi profili, le cascine sparse qua e là come bianche pecorelle al pascolo, la piazza del paese, i grossolani affreschi sulla volta della chiesa e… null’altro.

Gli occhi difettosi di Pia sono affamati di nuovi scorci, ma l’unico che potrebbe aiutarla a saziarli è  proprio il losco munsù Bardella. Ciò che il fotografo itinerante potrebbe offrirle è però qualcosa di molto diverso da un marito; si tratta di una passione – ma non amorosa! – che Pia ancora non conosce e della quale non saprà più fare a meno: l’arte della fotografia.

 

Desy Icardi

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