Aspettando l’uscita di Madonna col cappotto di pelliccia di Sabahattin Ali, il 10 gennaio 2019, vi proponiamo la traduzione della recensione apparsa su Literary Hub.
Dopo il colpo di stato fallito del 2016 il presidente della Turchia ha fatto gli straordinari per mettere a tacere i suoi nemici e controllare ciò che i suoi sostenitori sentono, vedono e apprendono. Ha cacciato i ministri e l’esercito, mandato in prigione migliaia di giornalisti, intellettuali, scrittori e attivisti per la giustizia sociale, rimosso la teoria dell’evoluzione dai programmi scolastici, introdotto lezioni sulla jihad, inveito contro il secolarismo quasi quotidianamente, pontificato, altrettanto spesso, sugli obblighi sacri delle madri e delle mogli e soppresso ogni mezzo di informazione che osasse contrastarlo. Ha licenziato un numero imprecisato di dipendenti statali, insegnanti, docenti universitari e impiegati, a volte solo per aver aperto un conto nella banca sbagliata. Così facendo ha reso loro impossibile trovare un lavoro: nessuno si azzarda ad assumerli per timore di essere infangato. Soltanto coloro che considerano Erdoğan come modello possono parlare di politica apertamente. Agli altri è consigliato di prestare estrema cautela, soprattutto in ristoranti, bar e taxi.
Gli editori sono stati colpiti duramente. I più coraggiosi hanno continuato a promuovere le opere che ritengono di valore, nonostante la possibilità che queste vengano considerate criminali, oscene o (ancora peggio) pericolose per le menti dei giovani. Altri hanno scelto la sicurezza dell’autocensura. La Turchia è invasa da scrittori le cui parole non possono più essere lette o ascoltate. Ma, se capiti dentro qualsiasi libreria, c’è un volume sottile che troverai di sicuro.
Il suo titolo è Madonna col cappotto di pelliccia. Pubblicato per la prima volta nel 1942 e ambientato tra le due guerre mondiali, racconta la storia di Raif, mandato da suo padre a Berlino per imparare a fare il sapone. Ma la passione segreta di Raif è per l’arte e la letteratura. Passa le sue giornate con i libri e le sue serate nelle gallerie d’arte, fino a quando, una notte, non s’imbatte in un dipinto intitolato Madonna col cappotto di pelliccia. S’innamora prima del ritratto e poi dell’artista (è un autoritratto).
Quando i due diventano amici, e poi più intimi, i ruoli di genere si capovolgono. Il più delle volte, Maria veste i panni dell’uomo, stabilendo i termini del loro fidanzamento; mentre Raif resta rispettosamente passivo, fino a quando non arriva il momento in cui Maria ha bisogno che lui si prenda cura di lei. Fu proprio questo scambio di ruoli a lasciare perplessi i primi lettori del romanzo. Questa reazione non fu inaspettata, considerando che l’autore, Sabahattin Ali, scrisse quasi tutto ciò che scrisse andando controcorrente.
Nato in una famiglia di militari negli ultimi anni dell’Impero Ottomano, Ali crebbe tra le devastazioni di due conflitti nei Balcani – la Prima Guerra Mondiale e la Guerra di indipendenza turca. Dopo un tirocinio come insegnante durante i primi anni della Repubblica, trascorse due anni a studiare in Germania. Qui, cominciò la sua eterna storia d’amore con la letteratura tedesca e russa. Poco dopo ritornò in Turchia per insegnare in provincia, dove venne perseguitato e messo in prigione per aver scritto una poesia ritenuta critica nei confronti di Ataturk, il fondatore della Repubblica. Dopo il suo rilascio, spianò la strada di ritorno allo stato di grazia scrivendo una poesia patriottica che esprimeva la sua affezione per Ataturk.
Da allora, si fece un nome nel mondo letterario – il suo primo racconto aveva ricevuto elogi dal più grande poeta dei suoi giorni, Nazim Hikmet. Nonostante Ali avesse scritto di ciò che conosceva – povertà e carcere, sfruttamento e guerra – rifiutò di essere circoscritto entro i principi del realismo sociale. Nei suoi racconti e nei suoi tre romanzi si occupò principalmente dei misteri e degli insegnamenti dell’amore romantico. E, come nella sua poesia, sono i paesaggi, urbani e rurali, che persistono nella mente in maniera più duratura e malinconica.
Sono poche le opere di Ali a lieto fine e i suoi eroi tendono alla disperazione, ma l’uomo in sé è coraggioso e convincente. Nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando il monopartito di ispirazione fascista della Turchia si stava sbarazzando dei dissidenti così duramente come oggi il Presidente Erdoğan, un dipendente statale come Ali avrebbe dovuto essere più accorto e tenere la testa bassa. Invece, lavorò con una serie di altri grandi dissidenti per pubblicare Marko Pasha, un giornale satirico così oltraggioso che il suo umorismo e la sua audacia, ancora oggi, scandalizza (e diletta). La sua prima pubblicazione superò nelle vendite il principale quotidiano del Paese. Ben più della metà delle sue successive pubblicazioni furono tolte dalla circolazione dal momento che Ali finì nuovamente in tribunale. Per anticipare le autorità, il giornale cambiava spesso nome e slogan: “In vendita, a meno che non sia tolto dalla circolazione” o “In vendita, ogni qual volta che i suoi giornalisti non sono in carcere”. Alla fine, Ali, come il direttore del giornale, fu mandato in prigione. Dopo la sua liberazione, non fu in grado di trovare lavoro come insegnante.
Fece richiesta per il passaporto per cercare lavoro all’estero. Dopo che questa fu respinta, ingaggiò una guida per essere condotto oltre le montagne verso la Bulgaria. Sei mesi dopo, la guida – pagata, a quanto pare, dai servizi segreti – confessò di aver commesso l’omicidio. Quando si sparse la notizia, un quotidiano nazionale pubblicò una foto degli effetti personali di Ali: la sua ventiquattrore, i suoi occhiali e il binocolo, una fotografia di sua moglie e una copia di Eugenio Onegin. Questi oggetti non furono mai restituiti alla famiglia. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
Nei successivi cinquant’anni, i romanzi di Ali non si vendettero in Turchia ed il suo nome fu nominato raramente. A Filiz, la sua adorata sorella, fu vietato di dire alle persone dove fosse suo fratello. Ma, dall’altra parte della cortina di ferro, guadagnò un nuovo pubblico di lettori. Madonna col cappotto di pelliccia fu particolarmente apprezzato in Bulgaria, dove diventò lettura obbligatoria per gli studenti della scuola media. Nella sua città natale, Ardino (in passato Eğridere), gli fu anche dedicata una statua.
Poi, nel 1998, un importante editore turco tentò di pubblicare le opere complete di alcuni tra i più importanti scrittori del secolo, molti dei quali furono del tutto banditi o accantonati come antipatriottici. Madonna apparse in una bella edizione con lo stesso design degli altri nella serie, ma, rapidamente, li superò tutti nelle vendite.
I giovani lettori cresciuti all’ombra del golpe del 1980 e dell’era della spietata dittatura militare che ne seguì furono i primi ad accogliere il libro. Loro avevano raggiunto la maturità in un’epoca in cui il Paese si stava nuovamente aprendo a se stesso e all’Europa. Grazie a questa apertura, sorse l’idea che i giovani potessero scegliere il proprio stile di vita, incluse le faccende d’amore. Ma, allo stesso tempo, c’era l’influenza della famiglia e delle tradizioni. Di certo, lo sforzo di Raif di creare un equilibrio tra la nuova identità e la vecchia sembra riecheggiare.
Quasi vent’anni dopo, il romanzo è più famoso che mai. In questo potrebbe aver giocato un ruolo la nuovissima generazione di lettori. Quattro anni fa, durante le proteste di Gezi Park, i giovani di Istanbul insorsero contro il sempre più crescente autoritarismo di Erdoğan. Per più di un mese, resistettero alla polizia e agli idranti con grande spirito e coraggio. Ma, alla fine, le autorità ebbero la meglio.
Nelle ultime pagine del romanzo, Raif ritorna in una Turchia fortemente autoritaria. Come i contestatori del 2013, trova un regime in cui si può essere puniti per qualsiasi deviazione dalle regole stabilite, siano esse politiche, sessuali o sociali. Non bisogna quindi stupirsi se così tanti ragazzi, oggi, trovano conforto in Madonna col cappotto di pelliccia. C’è qualcosa di rassicurante in una storia ambientata tanto tempo fa. E ciononostante, in ogni pagina possono osservare il loro stesso mondo e veder riecheggiare i loro stessi desideri e dilemmi. Al contempo, attraverso la sua sopravvivenza, il libro testimonia che la verità e la bellezza possono sopravvivere a ciò che vorrebbe distruggerle.
Traduzione di Francesca Giovanna Proietti