Per entrare «Nella stanza dell’imperatore»

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Per mesi, Nella stanza dell’imperatore si è intitolato semplicemente Zimisce, il soprannome con cui è conosciuto il protagonista del romanzo. È venuto tutto da lui: un uomo vissuto più di mille anni fa che ho incontrato per la prima volta nel 2017, durante un corso di storia bizantina a cui mi ero iscritta.

La scintilla da cui ha avuto inizio questa avventura risale ad allora, ed è un breve aneddoto che si è trasformato nel tempo nella scena che ora apre il romanzo: mentre una tormenta di neve infuria sul Bosforo, un uomo incappucciato e armato si dirige verso il palazzo imperiale di Costantinopoli.

Questo è stato il principio, il seme di questo innamoramento che è continuato ed è divenuto più profondo a mano a mano che studiavo i protagonisti di quella vicenda, Niceforo Foca e Giovanni Zimisce.

Nelle loro vite ho trovato tutto quello che potevo desiderare da una storia: dolori e passioni, alleanze e tradimenti, e soprattutto un uomo qualunque che riesce a fare la Storia.

Nella stanza dell’imperatore è nato in quel periodo, come racconto breve che rielaborava i fatti storici in veste narrativa. L’ho rimaneggiato più volte, finché non ho scelto di dedicarmi anima e corpo al mio romanzo d’esordio, Magnificat, e per un po’ il progetto è rimasto chiuso in un cassetto.

Quel cassetto si è riaperto di colpo nel marzo del 2022. Ho cominciato a lavorare alla prima bozza – ricordo ancora la prima frase che ho scritto: Quando lascia il convento è sera, e la Città è una bolla d’ambra – mentre lavoravo in un cinema, approfittando dei momenti di pausa tra uno spettacolo e l’altro, tra una pulizia e l’altra, e sentivo che stavo facendo la cosa giusta. Stavo scrivendo la storia giusta, e più ci lavoravo, più l’universo sembrava indicarmi e offrirmi ciò di cui avevo bisogno.

Così nel romanzo sono confluite suggestioni provenienti da mondi molto diversi tra loro: il Macbeth e il Giulio Cesare di William Shakespeare e la discografia dei Rammstein, le poesie di Yeats e Star Wars – L’attacco dei cloni (Jango Fett: «Sono solo un semplice uomo che cerca di costruirsi la sua strada nell’universo»), le colonne sonore di Ramin Djawadi e i mosaici di Ravenna. Forse i legami tra questi elementi non sono subito evidenti, ma esistono.

Questo libro racconta quindi la vita di Giovanni Zimisce dall’infanzia all’età adulta, ma non è una biografia – un po’ perché nella sua storia ci sono vaste zone d’ombra che ho riempito con ipotesi e fantasia, un po’ perché questo non era il mio obiettivo. Io non volevo raccontare Zimisce; io volevo immedesimarmi in lui, immaginare con i suoi occhi un mondo altrimenti irraggiungibile. Entrare, almeno per un po’, nella stanza dell’imperatore.

 

Sonia Aggio

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