Prefazione di Maria Falcone a «Il cane di Falcone» di Dario Levantino

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Falcone

Il cane di Falcone di Dario Levantino è un libro sull’amicizia, sulla viltà, sul coraggio, sul Bene e sul Male, su Palermo, una città in cui l’amicizia, la viltà, il coraggio, il Bene e il Male non conoscono toni minori. E soltanto a Palermo Uccio – cane veggente, ultimo tra gli ultimi – può diventare confidente e amico di un eroe solo. In una città cupa, scossa dalle bombe e sporca del sangue di pochi valorosi, Uccio e Giovanni Falcone diventano inseparabili.
Il cane veggente, che ha vissuto sulla propria carne la crudeltà e l’umiliazione e trema davanti ai soprusi e alla violenza, e il giudice che, nel ribellarsi alla prepotenza mafiosa, ha conosciuto invidie, tradimenti e corvi. Un rapporto vero tra due solitudini che si riconoscono e si scelgono, un racconto tenero e disarmante che ci mostra miserie e virtù e ci parla dell’amicizia.
Dario Levantino non vive più a Palermo, ma Palermo la porta nel cuore e la racconta come solo un palermitano sa fare. Con l’amore e l’odio, con l’orgoglio e con la riprovazione del figlio che ha lasciato la sua casa senza mai andarsene davvero, e con la conoscenza profonda di chi ha provato a capire e perdonare le contraddizioni della sua terra.
La lingua è semplice e potente, la storia di Uccio, che eroe non è ma che da Giovanni impara il coraggio, è intensa e avvincente. E tra l’amore sfortunato del cane per Kelly e “la poetica e mostruosa Palermo” compaiono il Maxiprocesso, i morti ammazzati, Tommaso Buscetta, il palazzo dei veleni, la vita di mio fratello e della sua città.
La mafia, raccontata in modo originale e mai retorico, è sullo sfondo, presenza costante e dolorosa, mai, però, invincibile.
L’autore dà al lettore le chiavi per capire una realtà complessa senza mai essere didascalico. E ci insegna che affrontare i propri mostri e sconfiggerli è molto più facile di ciò che temiamo.

 

Maria Falcone

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