Vicini di casa, lontani dal cuore e cattivi

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Anna Luisa Pignatelli

Vogliamo presentarvi al meglio Anna Luisa Pignatelli, autrice italiana già affermata in Francia. Di lei e del protagonista di Noir Toscan, Buio, hanno scritto:

«Una voce insolita nella letteratura italiana di oggi, lirica, tagliente e desolata».
Antonio Tabucchi

«Una metafora di quello che dovrebbe essere, oggi, il dovere di ognuno di farsi contadino in quel modo».
Vincenzo Consolo

«Buio è un contadino che lotta contro gli uomini e sfoga sugli animali il suo bisogno insaziabile di comprensione. Troppo diverso, troppo solitario, la natura finisce con l’essere per lui lo specchio dei suoi tormenti. La fine di Buio è un bel momento di letteratura, discreto, nitido, forte».
René de Ceccatty, Le Monde

«Un testo insolito, in contrasto con tutto quello che si può leggere oggi».
Thierry Clermont, Le Figaro 

 

Pubblichiamo l’articolo di Ida Bozzi apparso sulla Lettura del Corriere della sera sul suo ultimo romanzo, Ruggine, da pochissimo in libreria.

 

Ecco un libro che, a leggerlo, fa ribollire dentro un senso di istintiva rivolta contro le ingiustizie piccole e grandi, e che lo fa limitandosi a raccontare una minuta, semplice storia. Severo e bello il nuovo romanzo diAnna Luisa Pignatelli, Ruggine, una vicenda dura – fin quasi al Verismo – dalla prima all’ultima pagina, senza un cedimento e senza incertezza. Dove i cattivi non diventano buoni e dove non c’e l’aura favolistica e magica alla moda.

La protagonista, Gina, è una donna anziana e sola che vive in un piccolo paese: quel che per lei è la vita normale, in cui occorre stringere i denti ogni giorno cercando di farcela, messo nero su bianco nella pagina è un inferno. Tanto che la vecchiaia piena di acciacchi e la solitudine estrema, quasi quasi appaiono come il lato buono della sua esistenza: a tal punto

aspre e feroci per lei sono state le altre cose della vita, la maternità, la mano degli uomini, la perfidia attiva dei vicini. Il lettore segue lo stillicidio di fatica che è la sua giornata – Pignatelli comincia piano, con il bordo del letto che stuzzica i dolori alle gambe, passando per il borbottio sfacciato e ironico delle vicine, fino ad arrivare in crescendo alle male parole che la donna raccoglie qualsiasi cosa faccia.

Proprio la livida società che l’autrice pennella in questo borgo spietato è tra i punti di forza del romanzo: un ritratto del mondo che da i brividi. Il paesello in disfacimento, le finestrine da cui gli abitanti occhieggiano come spie dell’infelicità altrui, la minuta rete di interessi laidi che lega i paesani fanno spiccare l’isolamento della protagonista. Vedova, Gina vive appena a galla grazie alla pensione del marito morto e al lavoretto in parrocchia: è stata vittima degli atroci soprusi del figlio, ora allontanato in una casa famiglia, e combatte contro la malignità della gente – specie delle donne, incapaci di riconoscere in Gina una vittima – che attribuisce a lei la responsabilità del morboso legame e adombra altri segreti altrettanto morbosi («che beveva e si fingeva smemorata. Solo il prete don Feliciano, perché era uno straniero e di colore, aveva avuto la dabbenaggine di darle un lavoro» ). Sono piccole le crudeltà che il mondo le tesse intorno ma sono insistite, pervicaci, sempre più pericolose, fino al litigarsi la casa in affitto e gli scarsi denari.

Pero una luce c’è. E sono i pochi altri esclusi, uno zingaro, il sacerdote di colore che i parrocchiani razzisti non amano. E addirittura un gatto. Gina è soprannominata «Ruggine» per scherno (tanto per cambiare), per il suo attaccamento a un gatto grigio che ha chiamato Ferro. L’amicizia felina non cambia il destino della donna. Né cambia il finale. Ma cambia invece qualcosa nelle quattro mura della casa e del cuore: perché se Gina non è morta dentro, se c’è un senso di appartenenza e di restituzione, è per lo scambio muto con il gatto, quest’estensione di lei giovane, coraggiosa e libera, come noi pensiamo la vita.

Ida Bozzi

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