Dimitri Verhulst
Problemski Hotel
Traduzione di Claudia Di Palermo
Hotel Problemski è il primo romanzo ad affrontare il complesso tema dell’immigrazione, e difatti ha scatenato un putiferio alla sua uscita, per la brutale sincerità con la quale l’autore descrive l’infernale quotidianità della vita in un “centro di accoglienza”. Una lettura che difficilmente si dimentica. Negli ultimi anni i giornali e la televisione ci hanno abituato ai reportage dedicati agli sbarchi di clandestini e ai rifugiati. Ma cosa sappiamo di quello che succede all’interno di quelle galere eufemisticamente chiamati centri di accoglienza o – alla meglio – centri di permanenza temporanea (CPT)? Per scoprirlo, lo scrittore e giornalista belga Dimitri Verhulst ha deciso di passare alcuni giorni nel centro di Arendonk in Belgio. Questa è la storia, in forma di romanzo, della sua esperienza: i disperati che vivono nel ricordo degli orrori subiti nei paesi d’origine, che aspettano per mesi un permesso di soggiorno in condizioni umilianti, che mantengono contatti con i trafficanti di uomini e tentano disperatamente di raggiungere l’Inghilterra imbarcandosi nei container in cui spesso trovano la morte. Il risultato è un romanzo spudoratamente politically incorrect. La storia è narrata da un rifugiato, Bipul Masli, un fotoreporter originario della fittizia “Malutopia”, e l’azione si svolge in un centro di permanenza in Belgio, alla fine del fatidico anno 2001. I vari episodi raccontano le vicende e le aspettative (o meglio, la mancanza di aspettative) degli abitanti del centro, ma anche i loro fantasmi: Pius, il perseguitato politico che finge di essere in vacanza e scrive una guida turistica sulle bellezze del centro (da cui il titolo); Ifeanyi, l’africano eletto “stronzo del giorno” perché non sa andare in bicicletta, e tanti altri.
«Hotel Problemski è un libro estremamente appassionante in cui la vita quotidiana dei rifugiati viene raccontata in maniera inimitabile. Penna affilata, umorismo amaro e linguaggio a tratti scioccante, questo è un libro originale e sconcertante. Un ritratto acuto e intenso di un gruppo di persone senza futuro».
«De Standaard»
«In cento pagine Verhulst riesce a colpire il lettore più di tanti giornalisti o cameraman. Dimostra che anche con l’umorismo si può suscitare compassione, e forse il suo metodo è perfino più efficace. Un piatto più amaro e piccante di quello che ci propone Verhulst l’abbiamo mangiato raramente. Così impariamo».
«De Volkskrant»
«Ironico, triste, disturbante e doloroso, questo libro è un romanzo satirico di grande impatto ma soprattutto è un libro importante».
«The Bookseller»
– 23/07/2006
L’hotel della disperazione
– 02/06/2006
Vite sospese
– 16/05/2006
Passaggio clandestino al Problemsky Hotel
Se ti capita di nascere nel Luogo Sbagliato. In un lancio – maldestro e sinistro – di geografia e di caso. Un incantesimo già bacchettato dal dolore di un mondo ostetrico che “sta davanti” – ligio all’etimologia – ma non ti accoglie. E ti battezza in cronaca nero pece. Se ti capita una vita in attesa. Un resti-in-linea che divora i gettoni del futuro. Un punto e a capo che finisce per rimbalzare entro la parentesi beffarda di una reception senza ascensori verso i sogni. Allora è un vero problemsky, un “ Problemsky hotel”. Nome fittizio per un centro di permanenza temporanea per pellegrini dall’orrore – zaino zeppo di crudeltà, zuppo di sangue – alla ricerca di una scansione temporale longeva ed appagante in cui alloggiare. Un “Lovely planet” di illusoria accoglienza, meticolosamente descritto e edulcorato dal personaggio Pius – perseguitato politico in odore di follia – in una guida turistica in formato tascabile che, tra escursioni ai gabinetti o ai terminal container, segnalazioni da una a cinque stelle del firmamento di misere attrazioni, consigli utili per la clandestinità, numeri di telefono di mafiosi e sfruttatori contattabili con cellulari paradossalmente a portata di ogni tasca vuota, indicazioni per l’alloggio dell’impudica Anna per legittimate incursioni sessuali, restituisce al senso originale di “vuoto” l’invenzione – riveduta e corretta in triplice edizione – di una “vacanza” per rifugiati in attesa di permesso di soggiorno.
E proprio dall’ingenuità a tavolino del – sarcastico? – Pius prende il titolo il reportage in forma romanzata -dépliant per sommarie esecuzioni di destini- con cui il giornalista, poeta e narratore belga Dimitri Verhulst ha inchiodato al legno ruvido della realtà le illusioni tradotte in eufemismo del centro di permanenza temporanea della cittadina di Arendonk. Nel freddissimo dicembre del 2001, complice la committenza della rivista “Deus Ex Machina” per un articolo sui rifugiati, Verhulst ha soggiornato per un breve periodo tra i disperati corridori di una vita ai blocchi di partenza. Uomini e donne senza terra, morti a decine in mare. Nella prevedibile agonia dei container, gelidi o soffocanti traghettatori tra due sponde di un ostinato inferno. Rifugiati, ritornati, rimpatriati senza risposta. Colpevoli di nascita. In un Luogo Sbagliato dove si squartano congiunti davanti ad occhi ancora umani, gettandone le interiora ai cani; dove le mine collezionano nelle teche di terra esplosa sezioni di sorrisi e di corse di bambini; e le donne, dalle storie concluse in secolari rime di ottusa misogenia, fuggono insieme ai mariti per poterli abbandonare. Pane e pena quotidiani per cronache e servizi giornalistici che spesso confezionano parole sotto vuoto, senza intossicarci di Comprensione e Sdegno.
Verhulst ha, al contrario, intuito e imboccato il percorso contagioso di un “romanzo spudoratamente politically incorrect”. Suscitando un inevitabile rigurgito di verace solidarietà con efficaci dosi di smisurata realtà e l’insostenibile solletico di un’amarissima ironia.
Voce narrante e graffiante – nel suo “presente perfetto” che teme anche la svolta burocratica della morte: “Tremo al pensiero di ritrovarmi, con mia grande sorpresa, in un aldilà dove prima bisogna fare domanda d’asilo.(…) Quanti moduli dovrò riempire, quanti timbri dovrò ottenere e quante commissioni dovranno rovesciare il caffè sulla mia pratica, prima che mi assegnino una cameretta minuscola, che poi dovrò dividere con un angelo che parla esclusivamente in russo?” – è Bipul Masli, fotoreporter fuggito dall’immaginaria terra di “Malutopia”. Convinto che la gloria, nell’arte fotografica, sia una questione di fortuna. E che la fortuna sia “a lungo andare una questione di abilità”. Anche quando nemmeno una dannata mosca arriva a posarsi – prova volante della “fotogenicità” del mondo – sul volto di un bambino denutrito, colto nell’atto di morire con la richiesta “di essere spontaneo”.
Tra rissosi immigrati ceceni e neri che non sanno fare le curve in bicicletta, tra fanciulle minorenni che si infilano in un letto altrui con biancheria a stelle e lune e giganti russi che della lingua francese non hanno ancora – e profeticamente – imparato il futuro prossimo, la permanenza temporanea fa della masticazione lenta di frugali pasti e delle dispute sulla qualità dei rasoi – sinché morte suicida non decreti l’affilata soluzione – una questione di sopravvivenza. Scorretta e irregolare come la penna a inchiostro ferocemente simpatico di Verhulst che, già tradotto con successo e “putiferio” in Inghilterra, Francia, Germania, Danimarca e Israele, distilla al veleno i “sette salmi della Convenzione di Ginevra”. Uno per tutti: “Non commetterai il peccato di voler migliorare la tua esistenza”.
– 29/03/2006
Hotel Prblemskij
L’autore, un giornalista e scrittore belga, nel 2001 ha trascorso qualche giorno in un centro di permanenza per immigrati nel suo Paese. Ne ha ricavato una serie di racconti politicamente molto scorretti, raccolti in questo libro, narrati con sincerità brutale da un immaginario fotoreporter rifugiato.
– 13/03/2006
L’inferno dei clandestini
– 03/03/2006
Una vita a metà
– 11/03/2006
Cortesie per gli ospiti
Non è difficile trovare una stanza al Problemski Hotel. Gli ospiti arrivano senza prenotazione. Viaggiano in nave e in macchina, a piedi o con il treno: sono “richiedenti asilo” e scappano da guerra, povertà, torture per chiedere ospitalità in Europa. All’arrivo, fanno la loro domanda e aspettano settimane, mesi, a volte nani, che sia accolta.
Dimitri Verhulst è giornalista e scrittore belga. Nel 2001 ha trascorso un periodo in un centro di transito per rifugiati; il suo obiettivo iniziale era scrivere un articolo, ma ne è nato un romanzo. Spiega: “Al Centro non succede mai nulla, p una pausa immobile di attesa tra la fuga e l’accoglienza, e questo per il giornalista è inutile, ma è una situazione che fa la fortuna dello scrittore”. Nel libro, il nulla dell’Hotel Problemski è raccontato da un alter ego letterario di Dimitri, il fotografo esule Bipul Masli. Ascoltandolo descrivere gli ospiti e le loro storie si ride i gusto un momento, per rimanere gelati da descrizioni atroci quello dopo.
Come sono entrate le risate, negli stanzoni dell’Hotel?
L’umorismo fa riflettere. Per anni ho pensato di mostrare fotografie di bambini morenti con risate in sottofondo: so che è una cosa scorretta, ma forse restituirebbe la loro tragicità a immagini alle quali ormai rischiamo di essere quasi assuefatti.
Il libro non offre giudizi e opinioni sulle migrazioni. Si limita a descrivere.
Non ho alcuna intenzione di dire alla gente cosa deve pensare. Ma di sicuro desidero che la gente rifletta, così cerco di fornire elementi da cui può nascere un’opinione. C’erano persone che non riuscivano ad addormentarsi per paura degli incubi, al Centro, donne e uomini torturati,con case bombardate e familiari assassinati. Ma anche loro si innamoravano e ridevano, ovviamene. Alcuni rimangono per anni, è naturale che bellezza e amore spuntino a un certo punto. E forse è proprio questa la fregatura dell’amore: nasce ovunque, ed è un sentimento così forte da risultare indistruttibile.
– 14/03/2006
Si ride molto al Problemski Hotel
L’unica cosa veramente difficile, entrando in libreria, sarà ricordare il nome dell’autore. Dimitri Verhulst è il titolo del suo secondo romanzo tradotto in Italia. Problemski Hotel: quattro parole praticamente impronunciabili. Ma con il libro tra le mani, ci si trasferirà, in tutta leggerezza, al Problemski Hotel: hotel belga attrezzato da una lobby: di accoglienza, un servizio guardaroba, un parrucchiere, possibilità di pasti caldi e soprattutto stanze. Stanze dalle quali entrano ed escono le vite degli ospiti, intrecciandosi nei corridoi, nei destini e nei letti. Il protagonisti guarda e vive, ama Lidia. Lolita disincantata del nuovo millennio, aspetta qualcuno che gli suoni musica classica, spulcia insieme agli amici improbabili, annunci di “donne sole”, ascolta le telefonate degli altri, si arrotola sigarette. Fuori piove, e oltre la pioggia c’è un recinto di filo spinato che li separa dal resto dell’Europa, perché il Problemski Hotel è un centro di accoglienza per rifugiati in attesa di permesso. Eppure si ride dall’inizio alla fine, forti di una consapevolezza: nessuna delle storie raccontate è vera, ma nessuna contiene bugie (ottima la traduzione Claudia Di Palermo).