Edward Frederic Benson
Lucia a Londra
Introduzione di Riccardo Reim
Traduzione di Alessandra Osti
Con uno scritto di Nancy Mitford
Divertente, lucido, impietoso, Lucia a Londra ci rivela la grandezza di un grande scrittore e segna l’apoteosi della più irresistibile eroina comica del suo secolo. Con Lucia a Londra si inaugura la ripubblicazione del celebre ciclo di commedie di Edward Frederic Benson, andato letteralmente a ruba negli anni Venti del Novecento e amatissimo dai suoi lettori.
La tranquilla cittadina di Riseholme, nell’annoiata provincia inglese degli anni Venti ha una sua regina carismatica e indiscussa, l’impareggiabile Lucia. Lucia divide le sue giornate tra tè con la sua fedele corte di amiche, pettegolezzi, concertini domestici, fin quando un evento giunge inaspettato a sconvolgere la sua esistenza: una grossa eredità. Lucia abbandona allora Riseholm per trasferirsi nel quartiere più esclusivo di Londra, iniziando la sua scalata all’alta società: tra contesse, principi e artisti sbruffoni, Lucia, dopo una serie di esilaranti avventure, diventa la beniamina dell’aristocrazia londinese, o almeno così crede lei… Divertente, lucido, impietoso: Lucia a Londra ci rivela un grande scrittore e segna l’apoteosi della più irresistibile eroina comica del secolo.
Scrittore originale e prolifico, l’inglese Edward Frederic Benson nacque nel 1867 e morì nel 1940, a Cambridge. Lavorò come archeologo, ma si occupò anche di politica, sport e bird-watching; tra i suoi romanzi ricordiamo Dodo, Mrs Ames e, naturalmente, il ciclo dedicato a Lucia. Benson, al pari di Wodehouse, è ormai considerato un maestro del romanzo umoristico del Novecento.
«Il libro di Benson mi è capitato tra le mani per caso ed era il terzo uscito da noi di una serie che mi era sfuggita… Sono subito corsa a procurarmi gli altri perché il suo autore sa raccontare come un Evelyn Waugh meno crudele e un P. G. Wodehouse più leggiadro».
Natalia Aspesi, Elle
«Siamo nelle regioni dell’umorismo più rarefatto, dove l’ironia tocca vette ancora più esclusive di quelle frequentate dal celeberrimo Wodehouse».
Alessandro Zaccuri, l’Avvenire
«Piacevole in un modo addirittura sorprendente per il contesto di oggi, apparentemente ad anni luce di distanza».
Masolino d’Amico, TuttoLibri
«Romanzo comico come, ahimè, sanno farne solo gli inglesi».
Giuseppe Scaraffia, Dove
«L’ironia di Benson ricorda quella di Wodehouse e Waugh».
Laura lepri, Il Sole 24 Ore
«Di Wodehouse, Benson possiede il gusto dell’ironia, con quella predilezione tutta britannica per l’idillio campestre».
Mia Peluso, TTL