Seamus Heaney

Beowulf

COD: e96ed478dab8 Categorie: , , Tag:

Collana:
Numero collana:
37
Pagine:
318
Codice ISBN:
9788881123179
Prezzo cartaceo:
€ 28,00
Data pubblicazione:
17-05-2002

A cura di Massimo Bacigalupo
Con un saggio di John R.R. Tolkien
Con testo inglese a fronte

Composto verso il VII-VIII secolo d.C., Beowulf è la narrazione in forma di poema delle avventure di Beowulf, l’eroe scandinavo che salva i Danesi prima da Grendel, il mostro che sembra invincibile e, in seguito, dalla madre di Grendel. Quindi fa ritorno al proprio paese dove muore, ormai vecchio, in un tremendo combattimento contro un drago. Il poema, scritto in lingua sassone, e tradotto in inglese da Heaney affronta il tema dell’incontro con ciò che è mostruoso, la sua sconfitta e la necessità di sopravvivere, ormai privi di forze, alla vittoria. Nei tratti di questa storia, remota e al tempo stesso, all’inizio del ventunesimo secolo, misteriosamente familiare, Seamus Heaney trova una risonanza che evoca il potere della poesia dalle profondità nascoste sotto la sua superficie. In Beowulf e nella sua immensa credibilità emotiva, Heaney regala a queste qualità epiche una realtà nuova e convincente agli occhi del lettore contemporaneo. Completa il volume un saggio di John R.R. Tolkien dal titolo “Beowulf. I mostri e i critici”.

BEOWULF – RECENSIONI

 

Marco Respinti, LA VOCE DI ROMAGNA
– 13/08/2008

 

La fonte di Tolkien? Senza dubbio Beowulf

 

 

 

Andrea Camaiora, IL DOMENICALE
– 15/12/2007

 

Era ora che si riscoprisse l’eroe dal “largo cuore”

 

 

 

David Fiesoli, IL TIRRENO
– 21/08/2002

 

Heaney riscopre “Beowulf”

 

Il grande poeta irlandese Seamus Heaney, Nobel per la letteratura nel 1995, ha compiuto uno sforzo encomiabile: ha fatto rinascere una delle opere-madri della letteratura europea, ritraducendo il poema Beowulf narra le gesta di un giovane nobile svedese che, accorrendo in soccorso degli amici danesi, li libera prima da Grendel, mostro tremendo che terrorizza la Danimarca, e poi dalla sua altrettanto terribile madre. Tornato in patria, il giovane svedese regnerà felice per cinquant’anni sul suo popolo, e infine morirà da eroe combattendo contro un drago. Una storia di coraggio e nobiltà, guerra e amicizia, valore e destino.

Fino ad ora Beowulf è stato un poema di difficie lettura per i più, penalizzato da una circoscritta ricezione in ambiti accademici. Ma adesso Seamus Heaney lo restituisce in una versione appassionante, poema epico e mitologico di agile lettura e grande forza, capace di incollare alla pagina anche il lettore più restio. Il che significa che Heaney ha saputo restituire al poema l’originaria immediatezza linguistica, soffiando via dalle pagine la polvere del tempo, ritrovando il vigore narrativo che aveva quando è stato composto. Lo dimostra il fatto che nei paesi anglosassoni il Beowulf di Seamus Heaney è stato di gran lunga il più letto tra i volumi di poesia dalla data della sua uscita, ovvero il Duemila, entrando nelle classifiche dei libri più venduti dell’anno.

Ora la saga di Beowulf approda in Italia grazie all’editore Fazi: il pubblico italiano, è vero, è digiuno di mitologia anglosassone, ma anche gli inglesi conoscono di più la mitologia greca e latina che quella di casa loro, eppure Beowulf li ha appassionati. Il Beowulf di Heaney è arricchito, nell’edizione italiana, dal celebre saggio che J.R.R.Tolkien scrisse sul poema, nel 1936.

 

Andrea Molesini, IL MANIFESTO/ALIAS
– 20/07/2002

 

Anglosassone canto funebre

 

Se il traduttore fallisce nello scivere una poesia non ha fatto niente. Ma se ha soltanto scritto una poesia, non ha fatto abbastanza. Una traduzione che sia una poesia deve continuamente sfidare il suo originale, perché ogni poesia è un esperimento che disturba i significati della lingua di tutti i giorni riportandone in superficie la forza originaria, logorata dall’ignoranza e dal lusso.
Il poema sassone Beowulf esce ora nella traduzione inglese di Seamus Heaney, felicemente resa in italiano da Massimo Bacigalupo (Fazi, pp. 320, euro 28). Un libro che ai saggi di commento del curatore irlandese e di quello italiano affianca I mostri e i critici di J. R. R. Tolkien, una riflessione affascinante sull’antica letteratura del nord. Il Poema è stato scritto tra l’ottavo e il decimo secolo nella lingua che oggi chiamiamo anglosassone. E’ una narrazione eroica dal tono elegiaco. Racconta le gesta di un principe scandinavo Beowulf, che nella prima parte della vita, e del poema, lascia la terra natale dei Geati (Svezia meridionale) per liberare i danesi da Grendel, un mostro assassino. Poi uccide anche la madre di grendel e ritorna in patria trionfante. Dopo cinquant’anni di regno è costretto ad affrontare un drago che terrorizza il suo popolo. Nello scontro decisivo l’eroe trafigge la mostruosa creatura ma perisce nel combattimento, e il poema si conclude con il canto funebre dei geati, che si eleva davanti alla pira con parole di struggente intensità: “Una donna geata cantò anch’essa il suo dolore; / coi capelli legati in alto, dette sfogo / alle sue peggiori paure, una litania selvaggia / di incubo e lamento: la sua terra invasa, / nemici soverchiati, mucchi di corpi, / schiavitù e soggezione. Il cielo ingoiò il fumo”.
L’anonimo autore di Beowulf canta innanzitutto il coraggio, e la fede nella volontà inflessibile di resistere alla corruzione del mondo. Si tratta del coraggio che affratella gli uomini nella sconfitta che si ripete, generazione dopo generazione, nel recinto del tempo e della storia, perché tutte le cose sono della polvere e la morte spazzerà via perfino la fama del combattimento glorioso. La sconfitta della mortalità non può essere accettata; ed è la fiera tristezza pagana, propria di un universo che non conosce l’attesa di una vita dopo la morte, a essere messa in scena, sia pure da un poeta che dal cristianesimo accetta il senso della tenerezza. “Beowulf non è precisamente l’eroe di una ballata eroica – sostiene Tolkien – non ha viluppi di fedeltà contrastanti, né amore senza speranza. E’ un uomo,e questo, per lui come per molti, è una tragedia sufficiente. Non è un caso irritante che il tono del poema sia così elevato e il suo tema così inutile. Il tema nella sua mortale serietà genera la dignità di tono. (…) Il poeta di Beoulf vide chiaramente: il soldo dell’eroismo è la morte”.
La traduzione di Bacigalupo , grazie al lessico felice e al ritmo franco, riesce a rendere l’asprezza consonantica di quella di Heaney , un’opera di singolare vigore poetico.

 

Marilia Piccone, LIBRI
– 20/06/2002

 

Il mitico eroe del Nord in un’edizione imperdibile

 


UN NOME, BEOWFUL, È IL TITOLO DEL GRANDIOSO POEMA EPICO DEI PAESI SCANDINAVI COMPOSTO IN ANGLOSASSONE TRA IL VII E IL X SECOLO.
La storia è quella della lotta dell’eroe contro le forze del male. Beowulf, “il lupo delle api”, ovvero “l’orso”, parte dalla Svezia meridionale per portare aiuto al re di Danimarca, i cui uomini vengono regolarmente uccisi dal mostro Grendel, disceso dal “clan di Caino”. Beowulf uccide non solo Grendel, ma anche la madre di Grendel che cercava vendetta per il figlio.
C’ è un terzo combattimento in serbo per Beowulf nella sua vita, questa volta in patria, dove ormai regna da mezzo secolo. E questa volta è con un drago che emette fuoco e che fa la guardia ad un tesoro nelle viscere della montagna. E’ l’ ultima vittoria di Beowulf, che paga con la vita. Prima di morire, Beowulf lascia al suo popolo il tesoro del drago.
Siamo ben lontani dai poemi epici a noi più noti, quelli dell’area mediterranea, l’Iliade e l’ Odissea. Altri paesaggi, altri eroi, altre motivazioni. In “Beowulf” non c’è il mare scintillante, niente alba dalle rosee dita. Questo è il cupo mare del nord, spazzato dai venti. Nubi cupe di tempesta sulle colline infestate dai lupi, dirupi traditori, boschi scuri “rigidi di gelo”, acquitrini e terre paludose. Non si combatte per una donna, non si cerca di inseguire conoscenza. Si lotta per difendersi, per risparmiare delle vite. O per salvare il proprio popolo.
E questi mostri incarnano le paure più recondite degli uomini, quelle di un pericolo oscuro che può balzare fuori dalle acque o dal ventre di una montagna. Uccidendo o incenerendo tutto quello che si frappone alla sua avanzata. E Beowulf è l’eroe che non ha bisogno di vantarsi perché è sicuro del suo valore e conosce non solo i diritti ma anche la responsabilità e i doveri che la sovranità coimporta.
Un eroe umano che, prima di morire, esprime il suo unico rimpianto: “ora è il tempo che avrei voluto/ donare questa armatura a un figlio mio, / fosse stata mia fortuna generare un erede / e rivivere nella sua carne.” Un eroe che sarà ricordato per sempre, perché verrà eretto èer lui un tumulo sul promontorio sul mare, perché venga visto dai marinai, “mentre conducono le navi attraverso le ampie acque velate.”
Non è la prima volta che “Beowulf” viene tradotto in italiano, ma questa della casa editrice Fazi è un’edizione straordinaria: la traduzione in inglese dall’originale anglosassone è di uno dei più grandi poeti moderni, l’irlandese Seamus Heaney, vincitore del premio Nobel 1995, quella in italiano è a cura di Massimo Bacigalupo e, per gli studiosi, c’ è anche il testo in originale in appendice. Illuminanti anche il saggio di Tolkien,
l’introduzione di Heaney e la postfazione di Bacigalupo. Un libro che si legge trascinati dal fascino di una narrazione che possiamo immaginare cantata da un bardo con il ricco ritmo sonoro di una prosa che si avvicina al verso.
Un libro che non può assolutamente mancare nella nostra biblioteca.

 

 

Giuseppe Iannozzi, WWW.CORRIERE.FANTASCIENZA.COM
– 09/06/2002

 

Beowulf

 

E’ da un po’ di tempo che in libreria non si trovava più una bella edizione del poema Beowulf, un poema che è un classico della letteratura inglese fantastica e non, e che in Inghilterra gode fama di essere un testo ostico ma comunque apprezzatissimo e dagli uomini di lettere e dal pubblico maturo, un po’ meno da chi è costretto a studiarlo sui banchi delle rigide università inglesi.
Finalmente, i tipi Fazi Editore nella collana Le Terre/Poesia ripropongo Beowulf al pubblico italiano nella splendida e rigorosa traduzione dalla lingua sassone all’inglese moderno di Seamus Heaney (la traduzione dall’inglese moderno all’italiano è di Massimo Bacigalupo). Il prezioso volume include una intelligente introduzione del grande poeta Seamus Heaney e una altrettanto illuminante postfazione di Massimo Bacigalupo; l’opera è arricchita inoltre dal testo originale in lingua sassone (se qualche erudito si vuol provare a leggerlo nella sua stesura originale) e da uno stupendo saggio del grande maestro della fantasy John RR Tolkien, “Beowulf. I mostri e i critici”.
Seamus Heaney è nato nell’Irlanda del Nord e ha studiato all’Università di Belfast; è autore di alcune importantissime raccolte di poesie fra le più belle del dopoguerra, North, Field Work, Station Island, Seeing Things e di grandiosi saggi critici fra cui è dovere menzionare almeno Attenzioni/Preoccupations, l’edizione Il governo della lingua e La riparazione della presa (i saggi sono tutti disponibili nel catalogo Fazi). Seamus Heaney chiamato a insegnare alle Università di Harvard e Oxford, egualmente apprezzato nei paesi di lingua inglese e in Europa, nel 1995 ha giustamente ottenuto il Premio Nobel per la letteratura. Attualmente il grande poeta vive a Dublino.
La versione in inglese moderno del poema Beowulf curata da Heaney è superlativa e nulla toglie (o aggiunge) all’originale, è una traduzione perfetta, incredibile: solo qualche concessione sulle allitterazioni e sulle cesure, ma la traduzione di Heaney è comunque quanto di meglio un poeta potesse operare sul difficilissimo testo originale del poema. La traduzione dall’inglese all’italiano è di Massimo Bacigalupo, bella, ma comunque non all’altezza di quella operata da Heaney. Un consiglio: se conoscete l’inglese, leggete Beowulf nella versione di S. Heaney, ne trarrete un grande piacere emotivo, poetico e non vi perderete assolutamente il sapore dell’avventura e di quanto di arcano il poema custodisce nel suo cuore.
Beowulf, composto verso il VII-VIII secolo d.C., è la narrazione in forma di poema delle avventure di Beowulf, eroe scandinavo che salva i Danesi prima da Grendel, il mostro che sembra invincibile e, in seguito, dalla madre di Grendel, quindi fa ritorno al proprio paese dove muore, ormai vecchio, affrontando in un tremendo combattimento un drago. Il poema affronta il tema dell’incontro con ciò che è mostruoso, la sua sconfitta e la necessità di sopravvivere, ormai privi di forze, alla vittoria.
La letteratura fantasy deve moltissimo a Beowulf, praticamente deve la sua nascita (o quasi!): se non credete a me, bene, allora forse è il caso che vi leggiate il bellissimo saggio di J. R..R. Tolkien, lui saprà convincervi certamente meglio di me.
E’ il caso di dirlo, a costo di far retorica, questa traduzione di Seamus Heaney di Beowulf è la migliore che sia apparsa da qui a mezzo secolo, un testo fondamentale, indispensabile per chi ama la poesia e il mondo fantastico.

 

Piero Boitani, IL SOLE 24 ORE
– 19/05/2002

 

Il Signore dei Mostri

 

Perché l’epopea conosce oggi un’immensa popolarità? Cosa spinge il pubblico ad affollare le sale dove si proiettano Braveheart, Il Signore degli Anelli, Guerre Stellari? C’è, sembra chiaro, il desiderio di un passato e di un futuro eroici, di una rappresentazione grandiosa e semplice dell’eterno conflitto tra Bene e male: proiettati in un mondo Altro, nel quale regnano i paesaggi estremi, le mitologie sincretistiche e incrociate, una Storia ricostruita e volgarizzata. Gli schermi epici fanno uso del magico, di enigmi oscuri: di durlindane dalla Forza misteriosa, di astronavi agili come i destrieri di un tempo, di mostri orripilanti. Dietro tutto questo traspare il bisogno di sfuggire, tramite la fantasia, al troppo normale, opulento, poco eccitante, persino eccessivamente pacifico, Oggi. Del resto lo stesso Tolkien scriveva che con Il Signore degli Anelli aveva inteso soprattutto dare ai lettori una storia che li divertisse, dilettasse e commuovesse, senza alcun significato o messaggio. Dunque, letteratura d’evasione.

Naturalmente, non era così, e i messaggi nel Signore degli Anelli ci sono e toccano in maniera profonda, talvolta persino inquietante. Tuttavia, il senso di tali opere non viene, come nell’epica tradizionale, da un ritorno alle radici (con il letto radicato nell’ulivo si concludono le avventure dell’Odissea), ma piuttosto dalla reinvenzione apocrifa, dal medievalismo, dalla fantascienza: insomma, dal “falso”. Invece, è proprio nelle origini ancestrali che affondano le maggiori epopee della letteratura “alta” dei nostri giorni, i Cento anni di solitudine di Garcia Marquez o i Figli della mezzanotte di Rushdie: storie fantastiche, certo, ma che non fuggono dai laceranti conflitti che le zone di mondo dalle quali provengono hanno sofferto e soffrono nella loro storia. E il più grande poema epico del presente, l’Omeros di Derek Walcott, canta di un semplice pescatore, “il quieto Achille, figlio di Apholabe”, che “commise un’unica strage di pesci”, e la cui “fine, quando verrà, sarà una morte per acqua”; e canta del Mar dei Caraibi, sul quale l’autore è nato.

È proprio al recupero delle radici che Seamus Heaney dedica il suo Beowulf. Paradossalmente: perché Heaney è irlandese, mentre Beowulf è la pietra di fondazione dell’inglese. Di grandissimo successo in tutti i paesi dove quella lingua si parla, il Beowulf di Heaney ha mostrato così quale sottile vendetta la letteratura sa compiere sulla storia e sulla politica. Paradosso però solo apparente: perché nell’anglosassone Heaney ritrova anche le proprie radici linguistiche, nelle quali “whiskey” è lo stesso del gaelico “uisce” (acqua), e “tholian”, l’antico inglese per “soffrire”, viene ancora usato nell’Irlanda del Nord (“thole”). Il lungo lavoro su Beowulf ha costituito dunque per lui un’affascinante scoperta (narrata nella sua splendida Introduzione) di un linguaggio primevo epperò tuttora vivo. Ma anche di un intreccio complesso, che combina “due materie psichiche” assai diverse (cristiana e pagano-germanica), rispondendo perfettamente al modello modernista “dell’opera d’immaginazione creativa come conciliazione di realtà conflittuali entro un nuovo ordine”.

Infine, Beowulf, rappresenta per il traduttore, e per tutti noi, la riscoperta dei mostri: perché, seguendo un celebre saggio uscito proprio dalla penna di Tolkien, “Beowulf: i mostri e i critici” (qui riprodotto), Heaney vede la struttura fondamentale del poema articolarsi in “tre agoni – tre lotte in cui la forza-per-il-male soprannaturale dei nemici dell’eroe gli piomba sopra in forme demoniache… – in tre luoghi archetipici della paura: la casa notturna barricata, la corrente subacquea infestata e le rocce su cui strisciano rettili in un luogo selvaggio”. La vicenda di Beowulf è infatti (per un verso) semplicissima: la reggia di Hrothgar a Heorot, in Danimarca, è sconvolta dall’apparizione di un mostro, Grendel, che ne divora gli uomini. Beowulf, eroe geata (della Svezia meridionale) sbarca per aiutare il re e, grazie alla sua forza, uccide Grendel. A vendicarlo giunge però dalle profondità marine la madre, altrettanto affamata di esseri umani. Beowulf la insegue, gettandosi in mare, e dopo un terribile combattimento negli abissi emerge vittorioso. Cinquanta anni dopo, quando l’eroe ha ormai regnato a lungo sulla propria patria, un drago che custodisce un tesoro viene risvegliato dal suo lungo sonno. Beowulf, ora vecchio, lo affronta e lo uccide, ma rimane mortalmente ferito: con la sua pira funebre, come con quella di Ettore nell’Iliade, il poema termina.

I primi due mostri sono “creature del mondo fisico” eppure incarnazioni del male: “clan di Caino”, dice il poema; il terzo, il drago, è la “linea d’ombra”: male e morte, ma anche fondo buio della coscienza umana. Tutti e tre danno al lettore, per la loro “potenza mitica” e per il fatto di non essere descritti in dettaglio, dei brividi che vanno al di là del terrore fisico: c’è in essi “l’ansimare canino”, la “ferinità”, la “vischiosità” e la solidità della Negazione e del suo perenne attacco alla vita: sono i casi maligni o il fato ineluttabile che avvolgono l’uomo nelle loro spire. Ma sono anche i nemici della specie, e in particolare dei popoli che vengono da essi toccati. Il poeta di Beowulf proietta l’azione in un tempo per lui già remoto, verso l’anno 500 d. C., e per mezzo delle cosiddette “digressioni” coinvolge nel cupo destino dell’eroe la storia di quella koinè germanico-scandinava che era ancora in parte la sua nel secolo VIII o IX: danesi, geati, svedesi, franchi e frisoni. Una generale Daemmerung domina l’opera. Contrastata però dall’ideale germanico dell’eroismo e della gloria, della gioia nella sala del banchetto, negli anelli d’oro distribuiti dal signore (il signore degli anelli). E dalla coscienza cristiana che emerge costante: il paesaggio di Beowulf – le lande desolate, le brughiere oscure, il mare selvaggio – è l’opposto della terra che il cantore della Creazione, alla corte di Heorot, immagina quale “gleaming plain gridled with waters”, una “pianura luccicante cinta di acque”.

Tolkien scrive che il funerale di Beowulf è per noi “come un ricordo portato oltre le colline, l’eco di un’eco”. Heaney mostra che durante quel funerale le alte grida di una donna geata mentre il corpo del suo signore arde potrebbero uscire “direttamente da un telegiornale di fine XX secolo, dal Ruanda o dal Kosovo”: “Una donna geata cantò anch’essa il suo dolore; / coi capelli legati in alto, dette sfogo / alle sue peggiori paure, una litania selvaggia / di incubo e di lamento: la sua terra invasa, / nemici soverchianti, mucchi di corpi, / schiavitù e soggezione”. L’autore del Signore degli Anelli scrive ancora che Beowulf è stato composto in Inghilterra, “e si muove nel nostro mondo nordico; e su coloro che sono nati in questa lingua e terra eserciterà sempre un richiamo di profonda suggestione. Prima che arrivi il drago”. La potente “trans-creazione” di Heaney ne è la riprova. Ma che il richiamo venga esercitato anche su di noi, poveri mediterranei nutriti solo di Iliade, Odissea ed Eneide, risulta evidente dall’apparizione di questo volume e della sua coinvolgente polifonia: versi di uno dei maggiori poeti viventi, nobile traduzione (e intervento) di Massimo Bacigalupo, testo originale anglosassone; introduzione di Heaney, conclusione di Tolkien. È addirittura (e dopo quella memorabile di Ludovica Koch per Einaudi) la quarta “versione” italiana di Beowulf! Sospinta dai venti e dalla marea, navighi ancora a lungo la barca che porta il corpo di Shield, primo dei danesi. “Nessuno sa per certo chi recuperò quel carico”. Nessuno, tranne forse l’autore di Beowulf, che augura “Benedetto chi / dopo la morte avvicinerà il Signore”. A tale bivio metafisico riportano le epiche antiche.

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