Yann Queffélec
Le nozze barbare
Traduzione di Catherine McGilvray
Nato da uno stupro collettivo, Ludovic, odiato dalla sua troppo giovane madre Nicole e dai nonni, trascorre i primi anni di vita segregato in un granaio. La situazione non migliora dopo il matrimonio di Nicole con Micho, un ricco meccanico che ha pietà del bambino e cerca di proteggerlo. Infine, rinchiuso in un istituto per ritardati mentali, Ludovic scapperà nascondendosi su una nave abbandonata, da dove scriverà alla madre lettere di fuoco destinate a rimanere senza risposta. Solo al termine del romanzo, in una scena magnifica e straziante, Nicole e Ludovic si riconosceranno. Ma sarà troppo tardi.
«…un libro crudele e ambizioso».
Cristina De Stefano, «Elle»
«…una materia traboccante di passione e di dolore che viene maneggiata da Queffélec senza sentimentalismo morboso. Il realismo dei particolari si unisce a un’immaginazione che sa avventurarsi nel sottoscala dell’io, ma è anche capace di ironia. Queffeléc lascia agire i personaggi senza giudicarli, li sottrae al rischio della piattezza o dell’eccesso di lirismo, mantenendoli ambigui e contraddittori come la vita».
Giuseppe Montesano, «Il Diario della settimana»
Ludovic, vittima di mammina
Il dolore di vivere raccontato da Queffélec
Da qualche tempo; o forse da sempre, critici e lettori si chiedono se per capire la realtà non sia meglio abbandonare la letteratura e tuffarsi nelle autobiografie, nei reportages, negli epistolari. Perché leggere romanzi quando si può avere la verità in diretta? Immaginiamo che a uno di questi lettori capiti fra le mani “Le nozze barbare” di Yann Queffélec. Racconta l’amore infelice di Ludovic per sua madre Nicole, violentata adolescente dal fidanzato e dai suoi amici. I primi anni di Ludovic passano nel mutismo: respinto da Nicole, odiato dai nonni, il bambino cresce come un animale, considerato un deficiente. Ma Ludovic é solo ferito da una mancanza d’amore a cui reagisce rifiutando il mondo. Quando Nicole sposa un ricco meccanico, il ragazzino trova una famiglia, ma é sempre respinto dalla madre, che in lui vede la violenza subita. Rinchiuso in un manicomio su istigazione di lei, Ludovic dà fuoco all’istituto e fugge. Braccato, si rifugia su una nave abbandonata scrivendo lettere d’amore a sua madre. Finché, suadente e fintamente materna, la donna lo cerca, ma solo per riconsegnarlo all’istituto, scatenando col tradimento la furia del figlio: chiamandola per la prima volta “mamma”, Ludovic la uccide e si getta in mare abbracciato a lei. Un racconto da cartella clinica penserà il lettore. Ma il libro di Queffélec é altro: una storia dove, come avrebbe detto Aristotele, tutto accade “secondo verosimiglianza e necessità”: un romanzo. Una eterna provincia francese, ora moralistica e feroce, ora materna e un po’ addormentata, fa da sfondo a personaggi vivi e complessi. La sfuggente Nicole chiusa in una spirale senza uscita; il debole e comprensivo meccanico Micho, asservito sessualmente dalla moglie e poi abbandonato; il fratellastro di Ludovic, Tatav, che fa scherzi atroci, colleziona escrementi di animali e conserva i chewin – gum usati in un acquario di cui ha ucciso i pesci. La direttrice del centro per ritardati, devastata da concupiscenza senile e rimpianti, pronta a rifarsi sui “dementi” perseguitati. E poi Ludovic, che cerca di ottenere l’amore della madre: e mescola il suo sangue al caffè che le porta al mattino, per stabilire un’impossibile comunione. Questa materia traboccante di passione e di dolore viene maneggiata da Queffélec senza sentimentalismo morboso. Il realismo dei particolari si unisce a un’immaginazione che sa avventurarsi nei sottoscala dell’io, ma è anche capace di ironia. Queffélec lascia agire i personaggi senza giudicarlo. I buoni non sono mai solo buoni e i cattivi non sono mai solo cattivi: con uno sguardo equanime Queffélec li sottrae al rischio della piattezza, o dell’eccesso di lirismo, mantenendoli ambigui e contraddittori come la vita. La letteratura non deve fornire referti, né ripetere goffamente la realtà: si raccontano storie per dire la verità che non si può dire.
– 01/04/1999
Yann Queffélec
Il figlio della violenza
Lo stupro non é solo una violenza fisica e morale, é rubare la libertà di un’altra persona, é spingere l’odio oltre ogni sentimento. Le prime pagine de “Le nozze barbare”, raccontano e descrivono la ferocia di una violenza carnale di gruppo ai danni di una giovane ragazza. Dalla violenza e l’abbrutimento sadico di tre giovani, poi, nasce un bambino, Ludovic. Odiato dalla madre, troppo giovane per capire, accettare e crescere un bimbo che le ricorda solamente quegli attimi orribili. Odiato anche dai nonni materni che vedono nel piccolo l’unico in cui scaricare tutti i sensi di colpa e le frustrazioni. Ludovic trascorre i primi anni di vita, segregato in un granaio, chiuso al mondo, bambino bastardo, nato solo per ricordare la violenza.La situazione sembra migliorare quando la giovane madre Nicol sposa Micho, un ricco meccanico, l’unico che sembra avere pietà per il bimbo. Ma non basta, sempre più distrrutta dall’alcol, Nicol lo fa rinchiudere in un istituto per ritardati mentali. Ludovic comunque é riuscito da solo a costruirsi una sua personalità, non é lo scemo che tutti credono, in più capisce e adora una madre che lo rifiuta. E neppure la sua prima esperienza amorosa riesce a distorglielo dal desiderio per Nicol. Solo alla fine del romanzo in una scena straordinaria i due si riconosceranno, in un abbraccio pieno di perdono e di disperazione, ma sarà troppo tardi.Una storia straziante, ben costruita, che segue un suo percorso e dà respiro ai personaggi e le situazioni che altrimenti rischierebbero di esssere soffocati dal proprio dramma. Le parole in cui é descritto lo stupro sono al limite della realtà, tanto da sembrare vere e toccanti che viene da domandarsi come lo scrittore bretone Yann Queffèlec sia riuscito ad immedesimarsi a tal punto. Non ci sono momenti pausa nel libro, si legge tutto d’un fiato, forse perché gli eventi si reggono sul dramma psicologico che ognuno vive. Una storia piena di sofferenza e poesia, paura e desiderio. E in fondo anche di ironia…
– 01/01/1999
Le nozze barbare
Le nozze del titolo sono uno stupro collettivo nella Francia del dopoguerra. Lei é poco più che una bambina, e il figlio che nasce nonostante il suo odio, i suoi scongiuri e i suoi tentativi di aborto é condannato all’infelicità. Ignorato, maltrattato, sequestrato in soffitta come una vergogna da nascondere, cresce come un piccolo selvaggio e finisce per far la fine dei ritardati per forza e dei matti, in attesa di una madre che arriverà solo all’ultima pagina. Un libro crudele e ambizioso.