Pietro Neglie
Ma la divisa di un altro colore
In occasione del Centenario della Prima Guerra Mondiale, una rilettura degli eventi lontana dalla storiografia tradizionale. Un’opera lontana dai cliché, che rilegge quegli anni drammatici dal punto di vista del popolo, per cercare di capire chi sono stati i veri vincitori e chi i veri vinti.
Dopo numerosi saggi, lo storico Pietro Neglie, allievo e collaboratore di Renzo De Felice, esordisce con un romanzo.
Carlo e Antonio sono due uomini molto diversi: elettricista romano sicuro di sé e dotato della saggezza di chi sa muoversi nel mondo il primo, contadino friulano ombroso e riservato il secondo. È il 1915, anno in cui l’Italia entra in quella guerra che già da dieci mesi infuria in Europa, ed è al fronte, tra il filo spinato e i camminamenti delle trincee, che i due si conoscono. Lì avviene il battesimo del fuoco di Antonio, appena diciassettenne, ed è proprio Carlo a prendere a cuore le sorti di quel giovanotto schivo e a insegnargli ciò che c’è da sapere sulla vita in prima linea. Così, a poco a poco, tra i due nasce un legame sincero, rafforzato dall’ideale comune di una patria da difendere e, nelle gelide notti di guardia, da racconti sulle donne, l’amore e tutte le altre cose da cui la chiamata di leva li ha strappati. Alla fine della guerra le loro strade si dividono: a Roma, Carlo riconosce negli ideali del fascismo le sue stesse idee di onore e lealtà, mentre Antonio, tornato in Friuli temprato dall’esperienza al fronte, abbraccia l’ideale del socialismo contro le prepotenze dei proprietari terrieri. Cominciano così due storie parallele destinate a intrecciarsi con le vicende di un’Europa inquieta, divisa tra opposte visioni del mondo e lacerata dai conflitti, mentre già all’orizzonte si addensano le nubi del grande carnaio della seconda guerra mondiale.
Forte di una scrittura ricca e potente e di una ricostruzione storica lontana dai cliché dei buoni e dei cattivi, Pietro Neglie accompagna il lettore in un’epopea che attraversa gli anni cruciali del Novecento rileggendoli dal punto di vista del popolo, in un affresco di rara intensità sul secolo che, nel bene e nel male, ha forgiato il nostro tempo. Un secolo che – dirà Antonio – «voglio che resti, perché quando l’uomo dimentica commette gli stessi errori».
Sentiva che per liberarsi di quel fardello c’era solo un modo: tirare tutto fuori. In primo luogo disfarsi dell’ingombrante memoria di Rosina, prenderla dalla cantina dei ricordi, grattarle via la crosta di “puttana di guerra”, guardarla con pietà umana e gettarla via dandole un bacetto, come si fa con il pane duro che non si riesce più a mandare giù. Poi fare altrettanto con tutto il resto, la trincea, l’odore del sangue, il terrore della morte.
Pietro Neglie è uno storico italiano. Laureatosi in Scienze Politiche presso la Sapienza di Roma con il professor Renzo De Felice, ne diventa collaboratore fino alla sua morte. È tra i fondatori dell’Istituto per lo studio della storia contemporanea “Renzo De Felice”. Attualmente insegna Storia Contemporanea presso il corso di Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste.
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