Jerzy Pilch
Sotto l’ala dell’angelo forte
Traduzione di Lorenzo Pompeo e Grzegorz Kowalski
Sotto l’ala dell’Angelo Forte è la confessione-diario di Juru, scrittore affermato, e dei suoi frequenti soggiorni ospedalieri al reparto degli alcolisti cronici. La biografia del protagonista, la sua vita, la sua scrittura e quella degli altri personaggi si incrociano e si contaminano in un’atmosfera sospesa tra la realtà, il delirio (alcolico e non) e la creazione letteraria, tra la vita e la morte. I personaggi che popolano la clinica, il dottore-filosofo Grenada, il terapeuta Mosè alias “io, l’Alcol”, che conduce le sedute di autocoscienza, e gli altri ricoverati, tra cui il parrucchiere e musico Don Giovanni Ziobro, il professor “Colombo lo Scopritore” e l’Eroe del lavoro socialista, sono maschere grottesche, ma anche patetiche macchiette, con le loro manie, le ossessioni e i deliri, che dovrebbero accompagnare Juru verso l’ultima stazione del suo calvario alcolico, se non fosse per un’apparizione, quella di Alberta-Ala, colei la quale, al termine di un lungo e faticoso cammino (in un certo senso il romanzo potrebbe essere considerato una lunga seduta di psicoterapia) nei ricordi di una vita intera, riesce a deviare il corso degli eventi verso la salvezza.
«Jerzy Pilch è un autore di straordinario talento… è la speranza della giovane letteratura polacca».
Czeslaw Milosz
«Pilch è un grandissimo scrittore, eloquente e brillante».
«Publishers Weekly»
– 01/10/2005
Bere mi piace e mi spaventa
Bevo perché mi piace. Bevo perché .ho paura… Bevo perché sono .triste e voglio rallegrare 1’anima. Bevo quando sono felicemente inna-morato. Bevo perché cerco invano l’amore. Bevo quando scolo il primo bic-chierino e bevo quando scolo l’ultimo, allo-ra bevo ancora di più perché l’ultimo bic-chierino non l’ho mai bevuto”. Non beve più Jerzy Pilch, uno dei più grandi scrittori po-lacchi, ma rende piena confessione per il suo passato ad alto tasso etilico. Confessione vi-sionaria, ricca di immagini iperboliche e umori vitali. Sotto l’ala dell’angelo forte (Fazi) è uno dei più bei libri in circolazione.
Finzione letteraria o autobiografia?
Diciamo che c’è molto, ma non tutto di me. Ho scelto la dimensione del bere per-ché in Polonia tutti bevono, ma nessuno ne scrive. Fa parte del costume e della cultura locale, ma non ha dignità letteraria. Ed è in-vece un contesto che mi ha permesso di scrivere come più mi piace.
Nel libro ci sono continui riferimenti a un prima comunista, di proibizioni, e a un dopo capitalista, di libertà.
Pubblicavo all’ estero già prima della ca-duta del regime. Non ha influito sulla mia creatività. Ha invece rappresentato una svol-ta per la qualità della vita: fumo sigarette francesi, bevo caffè italiano, scrivo con penne tedesche. Sono ubriaco di esterofilia.
E gli autori italiani?
Quelli avevano grande circolazione an-che prima. Siamo mediterranei mancati. Adoro Dante e Tomasi di Lampedusa. E poi Fellini, i suoi non sono solo film, sono ro-manzi, bellissimi.
Che cosa sta scrivendo?
Un racconto per Il mio primo suicidio. Uscirà tra un anno. Come vede, mi piacciono le sto-rie impossibili.
– 19/07/2005
In libreria
Un romanzo felliniano, rocambolesco e accattivante di uno dei migliori scrittori contemporanei.
Racconta di uno dei vi-zi più anti-chi dell’uo-mo, il bere, in un paese, la Polonia, che cerca la sua identità tra un passato di oppressioni, e c h e p u r e aveva una sua ragione a essere, e un futuro libertario, ancora tutto da costruire. E di come la vita possa essere più sorpren-dente di ogni sogno.
– 09/09/2005
Uomini, donne e bottiglie
– 30/06/2005
Sotto l’ala dell’angelo forte
– 16/08/2005
Nell’inferno bellico degli alcolisti
– 04/06/2005
Trasgressioni
– 30/05/2005
Sotto l’ala dell’angelo forte
Quasi sconosciuto in Italia, Jerzy Pilch è uno dei più apprezzati scrittori polacchi. Con “Sotto l’ala dell’angelo forte” ha vinto il premio Nike, massimo riconoscimento letterario del suo Paese. Nel libro racconta la storia di un filosofo che passa il suo tempo a bere e a chiedersi perché la maggior parte dell’umanità non beve.
Jurus entra ed esce dal reparto alcolisti dell’impietoso dottor Granada. I ricoverati sono diventati, ormai, la sua vera famiglia, ma soprattutto la sua principale fonte d’ispirazione letteraria. E, oltretutto, il centro di disintossicazione si rivela l’ambiente letterario ideale, che qualunque scrittore sogna di trovare nella sua vita.
– 30/05/2005
Sotto l’ala dell’angelo forte
Quasi sconosciuto in Italia, Jerzy Pilch è uno dei più apprezzati scrittori polacchi. Con “Sotto l’ala dell’angelo forte” ha vinto il premio Nike, massimo riconoscimento letterario del suo Paese. Nel libro racconta la storia di un filosofo che passa il suo tempo a bere e a chiedersi perché la maggior parte dell’umanità non beve.
Jurus entra ed esce dal reparto alcolisti dell’impietoso dottor Granada. I ricoverati sono diventati, ormai, la sua vera famiglia, ma soprattutto la sua principale fonte d’ispirazione letteraria. E, oltretutto, il centro di disintossicazione si rivela l’ambiente letterario ideale, che qualunque scrittore sogna di trovare nella sua vita.
– 29/06/2005
Jerzy Pilch, la Polonia spiegata dalla vodka
– 25/05/2005
Nell’inferno dell’alcolismo
Arriva in Italia il romanzo di uno dei maggiori scrittori contemporanei polacchi. La confessione-diario di Juru, scrittore affermato, e dei suoi frequenti soggiorni ospedalieri al reparto degli alcolisti cronici. La biografia del protagonista, la sua vita, la sua scrittura e quella degli altri personaggi si incrociano e si contaminano in un’atmosfera sospesa tra la realtà, il delirio (alcolico e non) e la creazione letteraria, tra la vita e la morte. I personaggi che popolano la clinica, il dottore-filosofo Grenada, il terapeuta Mosè alias “Io, l’alcool”, che conduce le sedute di autocoscienza, e gli altri ricoverati, tra cui il parrucchiere e musico Don Giovanni Ziobro, il professor “Colombo Lo Scopritore” e l’Eroe del lavoro socialista, sono maschere grottesche, ma anche patetiche macchiette, con le loro manie, le ossessioni e i deliri. Dovrebbero accompagnare Juru verso l’ultima stazione del suo calvario alcolico, se non fosse l’apparizione di Alberta Ala, che, al termine di un lungo e faticoso cammino (in un certo senso il romanzo potrebbe essere considerato una lunga seduta di psicoterapia) nei ricordi di una vita intera, riesce a deviare il corso degli eventi verso la salvezza. Una scrittura eloquente e brillante per raccontare in modo originale e libero da stereotipi il viaggio attraverso l’alcol, comune a milioni di esseri umani.
– 01/09/2005
Sotto l’ala dell’angelo forte
L’angelo forte è una taverna, un piccolo rifugio dove alcuni protagonisti di una clinica di disintossicazione dall’alcol trovano conforto ogni tanto. Il romanzo, vincitore del prestigioso premio Nike polacco, è una specie di biografia/confessione raccontata in prima persona, e in modo molto ironico, da Juru, uno scrittore di successo che combatte contro il demone dell’alcolismo, anche se in realtà lo trova più un amico insostituibile che un demonio. I suoi compagni di sventure, personaggi tragicomici che popolano le stanze della clinica del dottor Grenada, lo accompagnano in un viaggio etilico di assuefazione e di astinenza alla ricerca dei motivi che l’hanno spinto a diventare schiavo della bottiglia, in un percorso che grazie ad un’estranea, porterà alla salvezza.
– 21/08/2005
Per Jerzy Pilch la letteratura è solo un circolo di ubriaconi
Un viaggio d’amore e di disperazione, quello di Jerzy Pilch, “Sotto l’ala dell’angelo forte” (Fazi, pp. 212, 13,50 euro). Il protagonista Jurùs, internato diciotto volte nel reparto alcolisti della clinica dello spietato ma non crudele, rigoroso ma non cinico dottor Granada, considera il mondo “una grande malattia”. Percorsi onirici compiuti da sveglio o quasi, l’angoscia placata dalla vodka, rimedio unico al “male di vivere”, la consapevolezza di sentirsi vittima di se stesso e le speranze di salvezza deluse dall’irreversibile convinzione di una debole capacità, inducono Jurùs a scardinare ciò a cui più tiene, l’amore per le donne. Ma sarà propria una di queste che provocherà una vera folgorazione nella mente del nostro personaggio, la poetessa Alberta, che con una semplice domanda sovvertirà un’esistenza votata a sicura distruzione.
Pilch, questa donna è esistita?
“No. Puro frutto della fantasia. Reale è Asia Catastrofe e nella realtà avrei voluto amarla”.
Chi è?
“Era bella, saggia e alta. Il suo ordine era esemplare rispetto al mio”.
Perché?
“Un alcolista è meticoloso e ordinato quando è sobrio, disordinato quando è alcolizzato”.
Succede sempre così?
“Sì. Nel periodo in cui non bevi diventi metodico nel condurre una vita sana, esageri anche nel rispetto della dieta e del proprio fisico in generale. Poi dopo due mesi, quando ricominci a bere, ti distruggi”.
Il nostro Autore ascolterebbe senza fine Schubert, individua in Andreij Platonov l’autore fondamentale per la propria formazione umana e culturale, ricorda con profonda stima un “maestro” del cinema: Fellini. È stato importante anche questo per la Sua formazione?
“Sicuramente. È senza pari la sua arte di narrare, soprattutto in “Roma” e “Amarcord”. Straordinaria la sua visione e interpretazione del mondo cattolico”.
C’è un altro autore che vuole ricordare?
“Il primo Milos Forman e un suo indimenticabile film, “Qualcuno volò sul nido del cùculo””.
Uno dei capitoli che compongono questo intelligente e bel lavoro di Pilch contiene splendide citazioni di illustri etilisti come Steinbeck, Dostoevskij, Cioran, Bellow e altre tra cui quella di Bukowski: “Credo di avere voglia di bere”. “Quasi tutti hanno questa voglia, solo che non lo sanno”. Un’affermazione che fa molto riflettere, come la domanda della poetessa Alberta al protagonista Jurùs: “Perché bevi?”
Pilch, Le piace bere?
“Se ricordo bene, è un’attività gradevole”.
Tutti gli altri personaggi che fanno da sfondo, rappresentano simboli di contrastanti emozioni e angosciose realtà che la penna del nostro Autore è riuscito a trasformare in figure memorabili per la loro dolente umanità e intensa voglia di trovare un rifugio dove raggiungere la salvezza: l’amore. Lei è capace d’amare?
“Sempre di meno. Non prometto mai miracoli”.
– 22/06/2005
Jerzy Pilch. La Polonia in un fondo di bottiglia
“In questo libro ci sono anche degli elementi autobiografici, ma ciò che mi interessava davvero era cogliere il significato che il “bere” ha in Polonia, un elemento profondamente legato alle nostre tradizioni e alla nostra cultura. Si tratta di un tema importante, che attraversa la società polacca e di cui però si scrive poco, soprattutto non si affronta la questione in modo frontale”.
Jerzy Pilch sorride un po’ annoiato all’idea che tutti gli chiedano quanto c’è della sua storia personale in Sotto l’ala dell’angelo forte, il romanzo che dopo essere diventato un bestseller in Polonia è stato tradotto in molte lingue e è oggi proposto al pubblico italiano da Fazi nella collana “Le strade” (pp. 212, euro 13.50).
“Sembra che a tutti interessi quasi più sapere se io ho smesso di bere, piuttosto che parlare di ciò che scrivo”, ci tiene a spiegare lo scrittore polacco. Il suo fastidio è comprensibile, anche se di fronte alla lunga avventura etilica che riempie le pagine di questo romanzo che Pilch ha scritto dopo aver già pubblicato altri romanzi e più di una serie di racconti, qualche quesito in materia sorge spontaneamente.
Del resto è lo stesso autore, nato a Wisla nel 1952 e per molti anni giornalista, prima al Tygodnik Powszechny e poi a Polityka, a sottolineare come, anche al di là delle proprie esperienze personali, la dimensione “alcolica” gli interessi dal punto di vista creativo. “Mi piace il modo con il quale posso costruire le frasi ispirandomi alla dimensione del “bere”: la possibilità di creare delle frasi molto lunghe, ma anche di interrompere un discorso e poi di riprenderlo, di lasciare delle parole un po’ sospese – precisa lo scrittore – Mettere in relazione il mio stile di scrittura con l’alcol mi consente una libertà quasi totale, è un modo per tirare fuori dalle pagine che scrivo tutto ciò che voglio”. “C’è però un unico problema – sottolinea sorridendo Pilch – che riguarda le traduzioni dei libri all’estero. Nel senso che in polacco c’è un vocabolario molto vasto per parlare del “bere”, cosa che non trova eguali in quasi tutte le altre lingue del mondo”.
Abbiamo incontrato lo scrittore presso l’Istituto Polacco di Roma, dove ieri sera si è svolta una presentazione del suo romanzo a cui ha preso parte anche Wlodek Goldkorn, mentre domani la scena si ripeterà ma questa volta in una nota birreria della capitale, tanto per restare in tema. “Le sembra strano che vada a parlare del mio libro in mezzo a dei boccali di birra? Perché esistono al mondo dei posti migliori?”, scherza lo scrittore. Gioca con il suo personaggio, Jerzy Pilch, un po’ come gioca con le parole, costruendo con Sotto l’ala dell’angelo forte un viaggio che però solo in apparenza sposa il piano del delirio etilico. Jurus, il protagonista del libro, insegue l’amore sul fondo di una bottiglia, ma il suo ricovero in un reparto ospedaliero riservato agli alcolisti, serve soprattutto a Pilch per passare in rassegna una galleria di personaggi sospesi tra l’evocazione onirica e la rappresentazione dei diversi caratteri e debolezze umane.
Per questo autore poco più che cinquantenne, spesso paragonato dai critici a Charles Bukowski, l’alcol non è solo la via verso la distruzione, ma anche una sorta di filtro attraverso il quale guardare al mondo. Con la consapevolezza che la strada verso la liberazione, e qui non si parla più soltanto della bottiglia; non può che passare per l’amore. “E il mio vizio mi abbandonò come la pelle viene abbandonata dal serpente; le ultime ombre delle visioni tangibili cadevano sul muro, lei era accanto a me, mi teneva per mano, mi sentivo dentro un’esplosione primaverile di energia”, si può leggere nel capitolo conclusivo del romanzo, quando è ormai chiaro che sarà una bella poetessa a distrarre definitivamente il protagonista dalle sue sbornie colossali.
Sommessamente, si direbbe con gentilezza e misura, jerzy Pilch racconta delle storie sguaiate, bagnate allo stesso tempo di alcol e di poesia, trovando nel bere il senso stesso del trascorrere dell’esistenza. Quando gli chiediamo quale sia il rapporto che uno scrittore che decide di affrontare un simile argomento in un paese come la Polonia, abbia con i suoi concittadini, ci risponde schernendosi, senza prendersi troppo sul serio. “Ciò che mi interessa in ogni caso – ci spiega – è la libertà, la mia e quella che riesco a esprimere con le mie storie. Poi penso che chi legge faccia il resto da solo”.
– 23/06/2005
Vita sconsiderata di un bevitore polacco non troppo santo
Premessa: questo libro è particolarmente interessante e consigliabile per tutti gli ubriaconi del mondo, è dedicato ai santi e ai non santi bevitori e a tutte le tribù degli alcolisti cronici planetari. “Bere è terribile, scrivere del bere è terribile; bere, scrivere e sconfiggere la bestia della retorica alcolica è tre volte terribile”. Questa è una delle tante considerazioni etiliche di Jerzy Pilch, uno dei maggiori scrittori polacchi viventi che approda in Italia con il suo magnifico trattatello alcolico Sotto l’ala dell’angelo forte (Fazi Editore, pagg. 212, euro 13,50. Traduzione di Lorenzo Pompeoe Grzegorz Kowalski). Debuttante nel 1969 come poeta, Pilch (classe 1952) ha raggiunto in seguito una grande popolarità con gli interventi sul settimanale cattolico Tygodnik Powszechny. Nel 2001 il suo Sotto l’ala dell’angelo forte ha ottenuto il premio Nike, il più prestigioso riconoscimento letterario polacco.
Aveva ragione Czeslaw Milosz a vedere in lui “la speranza” della letteratura polacca. Attraverso una serie di metafore alcoliche, eloqui ego/narcisistici, confessioni pubbliche e visioni mistiche, lo scrittore affronta in chiave romanzesca l’etilica questione e s’immerge in una delle tante realtà urbane popolate da individui dediti allo sbevazzamento come filosofia di vita. Jurus, il protagonista, è (ovviamente) uno scrittore con (ovviamente) un paio di matrimoni falliti alle spalle, un’eccessiva propensione verso l’ordine (sintomo diun cattivo stato nervoso) e (ovviamente) ossessionato dalla scrittura, dalla letteratura, dalle donne e dal vizio del bere. Dotato di una sublime voracità verbale e un’istrionica dialettica, quando non si fodera il cervello di letture superficiali, in piena sbornia da vodka Absolut ghiacciata, è capace di leggersi con liquoroso fervore Moby Dick o La Montagna incantata percependone ogni impalpabile sfumatura. Per lui la vera questione da porsi è la seguente: perché la maggior parte dell’umanità non beve? E su questo più che legittimo quesito, si snoda la vicenda paradigmatica di un’umanità debosciata che gronda (non proprio sempre) buoni sentimenti e (più spesso) ettolitri di Pilsner, Gambrinus o Budweiser. Jurus entra ed esce dal reparto alcolisti diretto dal severissimo primario Granada, luogo ideale per intellettuali allo sbando e casa-famiglia per estrose anime in pena. Qui, nel regno tutto genio e sregolatezza dei cultori di Luppolo e Bacco, la vita scorre spericolata in direzione del nulla e della futilità cosmica, tra incubi notturni, dialoghi tragicomici, scappatelle alla “Locanda dell’Angelo Forte” e colte citazioni consolatorie di eminenti sbevazzoni (da Tynjanov a Cioran, Dostoewskij, Bukowski, Bellow). Vite sconsiderate per farla breve,come quella che il buon Jurus conduce finché un giorno irrompe in casa sua la bella poetessa Alberta, animata da un femmineo spirito amorevole assistenzial altruistico.
La Bella pone alla Bestia la fatidicadomanda che cambierà una volta per tutte la sua sgangherata esistenza: “Maperché bevimonchèr?”. Domandina che colpisce dritto al sub-subconscio che non aspettava altro per manifestarsi in tutta la sua banale essenza e il suo bisogno di santanormalità: pace, salute, ogni bene und so weiter.
Meravigliosi i ritratti dei protagonisti e ancora di più i dialoghi fra pazienti sciroccati, infermiere semi-bonarie e medici che ne hanno fin sopra i capelli di alcolisti e aspiranti suicidi che con tranquilla furia perseverano nella loro compiaciuta esistenza. Nella prosa di Pilch sono evidenti le influenze dalla letteratura ceca (Kundera e forse ancor di più Hrabal) e spesso viene rievocata l’infanzia e la piccola città di Wisla (sui monti Carpazi), dove Jerzy Pilch è nato in seno a una comunità protestante nell’arcicattolica Polonia. Tutta la sua opera, da quella pubblicistica a quella più propriamente letteraria, è pervasa dal gusto per la novella ironico-filosofica. Pilch è una figura emblematica di quella generazione di scrittori che dopo aver passato una gioventù di forte impegno politico, si trova oggi delusa dai forti costi sociali che la tanto agognata democrazia ha portato con sé. Altri rappresentanti di questa generazione di scrittori polacchi “post” sono già presenti sul mercato editoriale italiano: Pawel Huelle pubblicato da Feltrinelli e Andrzej Stasiuk da Bompiani.