La rete amicale di «Perdersi» di Elizabeth Jane Howard

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Perdersi

In occasione dell’uscita di Perdersi di Elizabeth Jane Howard, vi proponiamo le riflessioni sul romanzo di Giulia Pretta.

 

Quando si incomincia una relazione sentimentale è normale entrare in un piccolo isolamento. Ogni momento libero è dedicato al nuovo partner, si stabiliscono routine, un linguaggio comune. In questa bolla si è restii a fare entrare gli altri, ma, una volta esaurita la prima spinta di desiderio di intimità e solitudine a due, si allarga il campo. Vengono presentati gli amici, si aspetta con una certa trepidazione il loro giudizio perché se il partner non sa adattarsi alla frequentazione con altri, è probabile che la relazione non abbia un lungo futuro davanti a sé.

Gli amici sono una prova del fuoco e una buona sentina: il loro imprimatur definisce un nuovo livello nella relazione, i loro eventuali ammonimenti e obiezioni possono essere preziosi campanelli d’allarme.

In un romanzo come Perdersi che, oltre alla forte impronta biografica, è un lucidissimo ritratto psicologico e di relazioni, non può mancare il fondamentale elemento contorno e corollario di ogni relazione: la rete amicale.

Elizabeth Jane Howard amava avere gente intorno e il terrore di rimanere sola la spingeva a diventare, talvolta, anche invadente e indiscreta nel tentativo di prolungare le visite degli amici. Nessuna meraviglia quindi che anche in questo romanzo, tra i più intimi e i più aderenti alla biografia dell’autrice, ci sia la presenza di alcune figure, discrete, senza dubbio, con meno spazio in termini di pagine rispetto alle voci di Daisy ed Henry, ma fondamentali nella cura e nell’aiuto della protagonista che, per quanto sia una brillante sceneggiatrice, pecca di pragmatismo e organizzazione.

La figura predominante, in questo senso, è Anna Blackstone. Agente, amica e critica di Daisy viene definita “immutabile”. Fisicamente poco rilevante se non fosse per la voce roca e seducente che evoca “donne voluttuose con corsetti attillatissimi in un saloon del vecchio West”, sempre vestita in nero, sempre con lo stesso taglio di capelli e dotata del buon senso e della concretezza che a Daisy mancano completamente. Mentore archetipale per la protagonista non esita a darle brutte notizie come la conferma del tradimento del secondo marito di Daisy, Jason. Ambasciatrice che mette solo in luce quanto già sospettato dalla protagonista, dichiarando che:

Siamo abituati a pensare che lo shock coincida con la scoperta di qualcosa che non ci aspettavamo, mentre spesso coincide con il venire a galla di certe nostre paure profonde.

Questa frase esprime con grande chiarezza quello che potremmo definire il nucleo fondante di tutto il romanzo.

Nel momento in cui Daisy acquista la casa in campagna e deve andare in America per lavoro, è Anna che si occupa del controllo e di una prima sistemazione in vista del ritorno della cliente e amica. Ed è in questa occasione che incontra Henry per la prima volta.

Henry è un personaggio consapevole del suo fascino e del suo potere nei confronti delle donne. Benché Anna non sia un suo obiettivo in quanto invaghito già di Daisy, si rende conto di aver di fronte una persona da incantare e della quale conquistare la fiducia, pena la perdita di qualunque possibilità con Daisy. Riesce parzialmente nel suo intento, riconosce in lei un’avversaria formidabile e tutt’altro che sciocca, ma non essendo riuscita a stregarla come avrebbe voluto la incasella con antropologica, a suo avviso, chiarezza:

Era una di quelle donne – ho scoperto che ne esiste uno sparuto drappello – immuni al fascino maschile, per le quali il sesso ha da sempre un ruolo minore o addirittura nullo, forse perché sono omosessuali

riconducendo così Anna nel campo in cui sa di eccellere – la sessualità – come se ristabilisse una distanza, un nuovo equilibrio di potere: non giocano nello stesso campo, lei non è interessata al sommo piacere della vita di Henry.

La seconda figura è quella di Katya, figlia che Daisy ha avuto dal suo primo matrimonio sfortunato con Stach. Katya, che non ha mai del tutto perdonato alla madre l’abbandono del padre, è sposata con un uomo che pare essere la quintessenza dell’affidabilità: un dottore, rispettato, con ottimi introiti e perfetto padre per i suoi figli. Katya e Daisy hanno un rapporto piuttosto sfilacciato, fatto di lunghi periodi in cui mancano le comunicazioni. Quando la madre ha un incidente durante il suo viaggio in America, Katya risulta completamente incapace di mettersi in contatto con lei dovendo persino ricorrere al servizio abbonati per avere il numero della sua stessa madre. Per lenire il senso di colpa, si precipita al nuovo cottage per rifornire di tutte le provviste e adeguamenti strutturali necessari per quando lei sarà tornata. Sicuramente più malleabile di Anna, fornisce a Henry l’indirizzo losangelino di Daisy permettendo così l’avvio della funesta corrispondenza.

Infine Anthony. Per sua stessa definizione un “gay coloniale” scenografo e fotografo sempre in giro per il mondo a seguire questo o quell’altro amore; si occupa dell’appartamento londinese di Daisy, è simpaticamente snob e vagamente accondiscendente quando si tratta di parlare con Henry che non nutre di certo simpatia per “il finocchio” amico di Daisy.

Queste tre figure sono la rete di sicurezza della protagonista e il tribunale attraverso cui Henry deve passare. La questione non è per niente semplice. Per quanto sembrino tutti e tre intelligenti (Anna, in particolar modo), alla mano (Anthony) o persi dietro alla propria vita (Katya), sono tutti e tre e in modi diversi sospettosi nei confronti di Henry.

Daisy desidera disperatamente l’imprimatur su Henry dei suoi amici: soprattutto quello di Anna per la quale nutre molta stima e, per quanto cerchi di convincersi del contrario e che qualunque obiezione sarebbe arrivata solo dal non ritenere Henry alla sua altezza, il non avere il loro appoggio sarebbe un grosso punto a sfavore della relazione.

Ed Henry è consapevole dei rischi. Gli “invertiti” a suo dire, sono troppo perspicaci e c’è il rischio che Anthony capisca dove le sue mire vogliano andare a parare. Anna la liquida come troppo gelosa, una “lesbica repressa” come la definisce in un momento della storia in cui il suo linguaggio diventa sempre più esplicito, volgare e trasparente nel rivelare la sua vera natura. Questi ragionamenti che a un uomo come Henry – definiti come quelli che tra la testa e i genitali non hanno niente – sembrano inappellabili, non tengono conto della verità molto più semplice e immediata: queste tre persone sono amiche di Daisy e come tali sempre e comunque preoccupati per il suo bene.

I dettagli della relazione tra Daisy ed Henry e la capacità dell’autrice di entrare nella testa di lui che parla sempre in prima persona sono dolorosamente riconoscibili; non si farebbe fatica ad associarli a un qualunque fatto di cronaca contemporanea. Per ognuna di queste storie, oltre ai lei e lui della situazione, c’è sempre una corona di amici: attenti, sul chi vive, preoccupati, pronti a ricondurre alla ragione. E che, in alcuni casi, possono essere l’unico appiglio per garantire la salvezza.

 

Giulia Pretta

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