L’anatema della normalità per la famiglia Aubrey

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Famiglia Aubrey 2

In occasione dell’uscita del secondo volume della saga della famiglia Aubrey, Giulia Pretta ha scritto per noi un articolo su Nel cuore della notte.

 

La famiglia Aubrey non è di certo comune. La loro visione del mondo filtrata attraverso la musica, la particolare sensibilità che sfocia talvolta nel sovrannaturale, i rapporti familiari così poco convenzionali per l’epoca li rendono un nucleo speciale nella società britannica. Con il precedente capitolo li avevamo lasciati a un punto di svolta: chi vedeva confermati i propri progetti, come Mary e Rose, chi li aveva infranti, come Cordelia, ma tutti pronti a continuare il loro cammino con nuove prospettive, se vogliamo, anche più positive visto che la situazione economica della famiglia è nettamente migliorata.

Il nuovo capitolo della saga, Nel cuore della notte, si apre con i tutti i personaggi in piena luce sul palcoscenico, posizionati sulla scacchiera e pronti a farsi strada nel mondo, ciascuno armato della propria unicità: Rose e Mary con la loro musica sempre onnipresente; Rosamund con la sua professione di infermiera che persegue con lo stesso entusiasmo con cui le gemelle si dedicano al pianoforte; Richard Quin con il suo desiderio di diventare scrittore e il fascino e l’irresistibile umorismo che lo rendono benvoluto e amato da tutti quelli che lo incontrano, uomini o donne che siano: Cordelia con la sua bellezza e il suo cercare una nuova strada dopo che il sogno di diventare violinista è stato brutalmente infranto. In virtù di questa crescita, l’autrice abbandona alcune delle tematiche che avevano permeato il libro precedente, come l’elemento sovrannaturale e preveggente, ma in questo modo il romanzo guadagna elementi più maturi: ancora e di più sono messi in luce i rapporti tra le sorelle che già nel precedente volume erano ben definiti. Ma se prima si trattava di relazioni tra bambine, ora il conflitto si sposta su un piano adulto e si conclama sempre di più e in modo quasi irreversibile la totale esclusione di Cordelia. Da una rivalità/incomprensione tra sorelle, si arriva a un livello più alto, un conflitto tra scelte di vita “normali” ed “eccezionali”.

Cordelia, la sorella maggiore, nel primo volume tentava di diventare violinista professionista, appoggiata dalla querula e invadente Miss Beevor. La madre e le sorelle non avevano mai fatto mistero del loro giudizio sferzante nei confronti delle sue scarse capacità musicali e soprattutto della motivazione dietro questo tentativo di carriera: prendersi cura e farsi carico della famiglia in ristrettezze economiche. Dopo la cocente delusione e la rottura del sogno della ragazza e visto che il denaro non è più un problema pressante, Cordelia deve riuscire a trovare una nuova strada che le permetta di prendere il suo posto nel mondo per allontanarsi da una famiglia che da sempre la rigetta: “Se non sono destinata a essere una famosa violinista come potrò mai andarmene da tutti voi?” bisbiglia disperata alla madre alla fine del primo romanzo. Senza il talento delle sorelle e munita solo della sua straordinaria bellezza di cui Rose, che resta la nostra voce narrante, non fa mistero né diventa motivo di gelosia, deve riuscire a organizzare il proprio futuro.

Il lettore non viene mai spinto ad amare Cordelia. Rose, come tutte le prime persone in narrativa, è estremamente fuorviante. Cordelia, ai suoi occhi, è convinta di essere l’unica di buon senso ed è terrorizzata che l’unicità della sua famiglia possa esserle in qualche modo d’ostacolo. Questo pensa e dice Rose. Eppure Cordelia, come Amy, la meno simpatica delle sorelle March nel sentire generale, accetta la sua mancanza di talento musicale e cerca nuovi percorsi personali, tirando fuori il meglio da situazioni anche incresciose. Durante il pranzo a casa del signor Morpurgo, dove la moglie di lui fa del suo meglio per essere una pessima e scortese padrona di casa, Cordelia è l’unica a tirare fuori il buono dalla situazione, interessandosi all’arte e decidendo di specializzarsi in quel settore. “Cara vecchia Cordy. Ve l’ho sempre detto che non dovevamo preoccuparci della vecchia Cordy” ride Richard Quin, usando un diminutivo che Cordelia detesta. La madre, pur nella sua felicità, paragona questa nuova direzione di vita al suono di un corno, strumento, a suo dire, molto grossolano. Con decisione, la famiglia spinge l’elemento estraneo fuori dal nido.

Oltre alla capacità e al coraggio di scegliere una nuova strada quando la precedente per cui tanto aveva lavorato si è interrotta, Cordelia ha dalla sua un’innegabile bellezza. Come Mary e Rose sono nate con talento musicale, lei è nata bellissima e in grado di suscitare l’interesse di tutti gli uomini con cui viene a contatto. “Non sono solo i ragazzi a chiedermi di te, ma anche gli insegnanti” rivela sempre Richard Quin che, pur non avendo mai momenti di vera intimità con la sorella maggiore e restando sempre sul piano del commento scanzonato, è quello che la inquadra meglio. Le sorelle sperano che questa bellezza porti Cordelia lontana da loro con un’istituzione che Rose aborre e paragona alla morte: il matrimonio.

Certo, le sorelle Aubrey non hanno avuto un piacevole esempio di questa istituzione, visto come si è esaurita la relazione tra i loro genitori che pure si amavano. Ma un altro dei fattori che gioca a sfavore è la convenzionalità del matrimonio. Cordelia non sa suonare quindi è fuori dal loro circolo di elette, si preoccupa sempre di cosa pensano gli altri, trova lavoro come segretaria presso una galleria d’arte in attesa di convolare a nozze e si incasella perfettamente in quello che la società si aspetta da una donna. Il matrimonio così banale e piatto è l’unica cosa che quindi si addice alla sorella. Ma Cordelia è calata nella realtà del suo tempo. Il matrimonio non è un “bel giocattolo” come lo definisce Rose, ma un impegno e un radicamento in quella vita normale e decorosa che Cordelia sogna sin da quando era bambina e che la scombinata famiglia Aubrey (dal suo punto di vista) non è mai riuscita a darle. Le sorelle guardano a ciò come si potrebbe guardare a qualcosa di totalmente irreale e irraggiungibile e nella loro crudeltà fraterna, perché di questo si tratta, si domandano come sia possibile che qualcuno possa davvero amarla. Per come è fatta, ovvero per una non in grado di capire la musica perché è attraverso il pentagramma che interpretano la vita, Cordelia non si merita di essere amata. Lo spettatore non ha quasi spiragli per entrare nel mondo di Cordelia e fa fatica ad apprezzarla perché il mondo in cui lei è costretta a muoversi è per lei un vestito troppo stravagante. Eppure, una volta inquadrata nel ruolo di moglie innamorata, Cordelia risulta essere quasi piacevole anche agli occhi delle sue sorelle. Non sembra più l’insensibile e incapace giudice, ma appare come una gradevole signora, per quanto estranea alla sua stessa famiglia. Viene lasciata ai margini e ci si dimentica di coinvolgerla, se non all’ultimo, anche in eventi importanti e sconvolgenti preferendole, ancora e di nuovo, Rosamund, più sorella della loro stessa sorella e con un evidente e ricambiato amore per Richard Quin.

Nel cuore della notte porta gli Aubrey negli anni della Prima Guerra Mondiale, in una disgregazione e ricostruzione dell’Europa. Forse Mary e Rose questo conflitto lo hanno percepito arrivare nel cambiamento degli accordi intorno a loro: sintonizzate sulla musica che non perde il suo spirito profetico, non sono sorprese dell’arrivo della guerra. Ma Cordelia che mostra coraggio e un certo pragmatismo potrebbe essere quella più preparata agli anni che aspettano la famiglia e la Gran Bretagna. Perché essere “spregevolmente” normali può conferire armi e capacità a cui Rose e Mary potrebbero dover fare affidamento in futuro.

 

Giulia Pretta

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